Guidonia – Rubano la moto giocattolo del bambino, gli harleysti la recuperano al campo rom

La storia di Marco è di quelle che non finirà in un’aula di tribunale per il semplice fatto che né il genitore tanto meno i protagonisti hanno denunciato i balordi che se l’erano svignata con la “Ducati Desmosedici” replica, una minimoto elettrica del valore di circa mille euro sottratta nel bel mezzo di una festa di centauri. Si tratta di tre rom che vivono in un accampamento a ridosso della via Tiburtina, a poca distanza dal “Tmr Village”, la struttura al Bivio di Guidonia dove ha sede “Mpm Roma Club”, il gruppo di centauri che fa capo a Massimo Morelli.
Per trattare la riconsegna della Ducati con gli zingari sono bastate poche parole, uno sguardo negli occhi e una stretta di mano che soltanto chi solca la strada sa interpretare a livello universale.

 

LA REUNION
La storia di Marco risale allo scorso 2 marzo, quando i bikers si erano ritrovati tutti insieme per uno dei periodici raduni a scopi umanitari organizzata nel piazzale antistante il locale “H24” con decine di stand e centinaia di motociclette. Quel giorno il piccolo transitava sulla Tiburtina sull’auto del papà Bruno, 45 anni, muratore romano dal 2003 trapiantato a Guidonia. Al bimbo devono essere brillati gli occhi alla vista delle Harley in sosta e di quegli omoni con occhiali da sole, giubbotti di pelle, jeans e stivali, per questo ha chiesto al genitore prima di fermarsi e poi di tornare a casa per partecipare all’evento in sella alla sua “Ducati Desmosedici”.
Erano quasi le tredici, i soci di “Mpm” lo hanno accolto calorosamente e invitato a pranzo e Bruno non se l’è fatto ripetere due volte. Parcheggiata la motoretta all’ingresso dell’H24, il muratore e il bimbo si sono seduti tra i bykers mangiando, bevendo e conversando.

 

L’ARRIVO DEI ROM
Il papà racconta di non aver mai distolto lo sguardo dalla Ducati soprattutto quando nel locale sono entrati tre uomini, uno sui trenta, l’altro sui quaranta e l’ultimo sulla cinquantina con dei baffetti fini.
“Erano dei rom – racconta Bruno – si sono seduti a un tavolo a mangiare, nessuno aveva qualcosa in contrario e la festa è proseguita. Ci conoscevamo tutti, io stavo tranquillo e ogni tanto buttavo un’occhiata alla moto, non immaginavo che sarebbero arrivati a rubare un giocattolo a un bambino”.

 

IL FURTO
Fatto sta dopo un quarto d’ora i tre uomini al tavolo non c’erano più e anche la Ducati era sparita. “Ero incredulo – prosegue Bruno – Ho chiesto a Massimo e agli altri bikers se avessero fatto uno scherzo a Marco e loro hanno chiarito subito che non fanno questi scherzi ai bambini. Sono uscito nel piazzale e una ragazza degli stand mi ha detto di aver visto un uomo che portava in braccio la moto caricandola nel cofano di una Renault Laguna nera”.

 

IL PIANTO
Appresa la notizia, Marco è scoppiato in lacrime toccando il cuore dei bikers ed è scattata la caccia all’uomo. Bruno ha affidato il bimbo alle ragazze dell’Mpm Roma Club, lui si è messo al volante della sua auto accompagnato da due soci dell’associazione, il presidente è saltato sul suo pick up, mentre una decina di harleysti hanno inforcato le rispettive choppers. “Ricordavo bene il viso dell’uomo coi baffi – spiega ancora il papà di Marco – e ho perlustrato la Tiburtina alla ricerca della Laguna. A un certo punto abbiamo notato uscire da uno sterrato una Saab con due uomini a bordo: il passeggero era la persona che cercavamo”.

 

LA CACCIA
Il tam tam di telefonate tra i centauri è stato rapidissimo, giusto il tempo per le due persone sulla Saab di capire che erano stati scoperti e che era il caso di battere in ritirata all’interno del campo rom. Ma era troppo tardi, il pick up di Morelli ha affiancato la berlina invitando i due uomini a bordo ad accostare, nel frattempo il gruppo di bikers si è precipitatato sul posto.

 

LA TRATTATIVA
“All’inizio – racconta Bruno – negavano ogni addebito, ma Massimo è stato grande e ha saputo convincerli che dei testimoni li avevano visti portar via la moto e che tutto si poteva risolvere in maniera pacifica. Loro insistevano a negare e Massimo gli ha chiarito che se avessero restituito il giocattolo non sarebbe accaduto nulla, anche se avevano commesso un’azione spregevole come far piangere un bambino”.
La scena dei due zingari accerchiati dagli omoni con occhiali da sole, giubbotti di pelle e jeans ha spinto una donna a uscire dall’accampamento: la nomade deve aver capito l’antifona, se è vero che è rientrata nella baraccopoli ed è tornata con la Ducati in braccio. “L’ho subito caricata in auto e ho raggiunto Marco – conclude Bruno – quando mi ha visto alzarla come un trofeo e restituirgliela ha smesso di piangere e gli è tornato il sorriso. Ringrazio pubblicamente i soci dell’Mpm Roma Club: senza di loro non ce l’avrei mai fatta”.

Marcello Santarelli

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