Un problema da risolvere, un’iniziativa sociale da organizzare, un consiglio da dispensare: c’era sempre lui. Ad Albuccione di Guidonia, Giuliano Schedrama era un punto di riferimento: non solo presidente del circolo Arci Caccia “Primo Maggio” fondato nel 1976, ma anche un capopopolo, promotore di tante battaglie sociali per il riscatto del quartiere e i diritti dei cittadini.
Giuliano Schedrama si è spento stanotte, mercoledì 17 giugno, all’età di 80 anni presso l’Hospice della clinica Italian Hospital Group dove era ricoverato da ottobre 2019 a seguito dell’aggravarsi dell’Alzheimer, un Morbo che lo affliggeva da due anni. Lascia la figlia Simona, il genero Gianni Libertini e i nipoti Michela e Gianluca, di 26 e 21 anni. I suoi funerali saranno celebrati venerdì 19 giugno alle ore 10 nella chiesa di Nostra Signora di Lourdes all’Albuccione dal vice parroco don Daniele Masciadri e dall’ex parroco del quartiere, don Marco Savaresi.
Con Giuliano se ne va un uomo con la quinta elementare, professione garagista, nato il 13 agosto 1939 e cresciuto nelle baracche di Tiburtino Terzo e Pietralata, arrivato nel 1972 insieme ad altri tremila romani nel complesso popolare di piazza Aldo Moro di proprietà del Campidoglio. Giuliano Schedrama non è stato uno qualunque, ma un personaggio che per oltre 40 anni ha fatto della solidarietà e del sociale uno stile di vita e non a caso il Circolo l’Arci I Maggio è rimasta l’unica istituzione in cui gli abitanti non hanno mai perso fiducia.
Per 4 decenni si è speso per il riscatto di una borgata feudo di tradizione “rossa” che nel 1972 era senza autobus, negozi, parco, né palestra, gli alunni andavano a scuola in un container e i fedeli pregavano in una chiesa “sgarrupata”. Schedrama era sempre in prima fila per manifestare, occupare e conquistare. Il primo maggio ’79 in 300 – Giuliano sempre in testa – occuparono un terreno dell’ex Istituto Santo Spirito dove oggi sorge il parco pubblico. Un garage umido fu trasformato in palestra dove allenare i ragazzini allo judo. Fino a due anni fa, quando era ancora in salute, gli abitanti dell’Albuccione si rivolgevano a Giuliano se aumentavano le pigioni, se lo scuolabus non passava o il maledetto semaforo di Martellona sulla Tiburtina era guasto. Era sempre Schedrama a organizzare tornei di calcetto, feste del bambino e mostre di cani all’interno di quel parco che Giuliano riuscì a far realizzare, sempre lui e i soci dell’associazione a pulire sopperendo alla latitanza del Comune, a denunciare disservizi e abusi. Con lui finisce un’era che forse non tornerà più.
La Redazione di Tiburno lo ricorda con un un’intervista pubblicata il 15 ottobre 2003:
“Le battaglie di una volta non si fanno più – diceva – c’è la fossilizzazione dell’individuo. Si torna a casa dal lavoro, stanchi, appagati delle quattro mura del Comune, si chiude la porta e si guarda la tv”.
Quando è diventato punto di riferimento?
Da sempre. Purtroppo le carenze della borgata erano e sono troppe. Nel ‘76 i cittadini bussavano e spiegavano il loro problema alla sezione del Pci, ma se ne fregava.
Ricorda la prima battaglia?
Fu quella per l’autobus. In pochi anni ci furono sette morti mentre attraversavano la Tiburtina per prendere l’autobus per Roma. L’ultimo fu mio suocero. Il giorno dopo scattò l’occupazione dei pullman.
Occupazione?
Sì, le donne della borgata al capolinea di Setteville sequestrarono diciassette pullman. Dopo sei giorni intervenne la Polizia, ma dopo una settimana arrivò il capolinea all’Albuccione.
Eravate “vivaci”…
All’epoca i giornali definivano Albuccione “il ghetto”, “il buco nero”, “il Bronx”. In realtà organizzavamo iniziative contro la droga e la delinquenza, passate sempre inosservate. Nell’84 ci gemellammo col comune di San Donato Val Comino (Fr), vittima del terremoto. L’amministrazione di Sinistra della Cavallo boicottò l’iniziativa. Andai da Amedeo Sassano, all’epoca consigliere comunale, e mi appoggiò. Il Comune mise a disposizione un pullman e Sassano mi accompagnò insieme a 70 bambini e genitori a spese dell’Arci.
Poi?
Nell’84 comprammo ottanta piante per l’ex scuola-container. Ricordo che negli anni ‘80 la vecchia chiesa era pericolante, i pompieri non rinnovarono il nulla osta. Il prete non sapeva dove dir messa e lo ospitammo nel circolo per sette mesi. La domenica coprivamo le damigiane con teli e lenzuoli bianchi. E sempre quì i bambini facevano catechismo. Erano anni in cui il quartiere era molto presente. C’era un rapporto diverso coi cittadini.
E ora?
Oggi si basa tutto sul gruppo politico, una volta no. Venivamo tutti dalla borgata, lottavamo per una stessa causa, eravamo abituati a stare insieme senza guardare al credo politico. Quando si decideva, si partiva tutti insieme.
E ora?
Albuccione si è imborghesito. Purtroppo il consumismo ha cambiato tutto.
Cos’è cambiato da Tiburtino ad oggi?
Forse è rimasta l’ignoranza. Oggi nessuno ha più peli sulla lingua: quando si trova a tu per tu coi politici in passerella per il quartiere si grida la propria rabbia. Una volta la gente era timorosa. Oggi è incazzata…
Ma pure prima…
Sì ma prima c’era un timore reverenziale, c’era più bisogno. Se non avevi la tessera, nelle sezioni dei partiti non ti pensava nessuno. Oggi se non hai la tessera non importa. Anzi, i gruppi politici le fanno a spese proprie.
E Giuliano Schedrama?
Sono un po’ disorientato. Non mi ritengo comunista, né ex comunista. Sono solo un cittadino che ha bisogno ancora di tanta cultura, fatta di lettura e di confronto con la gente.
Cosa manca ad Albuccione?
La cultura, che si fa con le attività. Quì non c’è una palestra, non c’è una biblioteca, non c’è un campo di pallone.
Che pensa di fare?
Scenderei ancora in piazza, al fianco dei giovani. Da loro prendo fiducia e con loro organizzo manifestazioni a spese dell’Arci. La festa del bambino in primavera, e domenica prossima la mostra canina. Ogni tanto mi ringalluzzisco, quando gli anziani vengono a chiedere chiarimenti sulla pigione: “A Giulià, ma io prendo trecento euro al mese, come faccio a paganne duecento?”. Facciamo riunioni, invitiamo politici, è un modo nuovo per concepire l’Arci.
Che fa, rimpiange la lotta in strada?
Oggi non paga più, le leggi non te lo permettono e te carcerano subito.
Basta questo a fermarla?
No. Quello che conta è arrivare all’obiettivo. Se si può lottare senza andare in galera, tanto meglio. Certo, se un cittadino in difficoltà viene sfrattato, stai tranquillo che Albuccione fa di tutto per evitarlo.
Schedrama si è imborghesito?
Io credo sempre in quella forma di lotta, con cui si è ottenuto tanto. Faccio un esempio, durante un consiglio comunale – il sindaco era Lombardozzi – ci presentammo in più di cento. Saltai sui banchi e feci un atto un po’ sconclusionato. Mi portarono via, ma è stata fatta la scuola all’Albuccione. Non dico altro.
Ha mai fatto politica?
Il Consigliere circoscrizionale. Io e altri due eravamo contrari a un certo sistema di assegnazione dei contributi ai soliti noti. Col tempo è stata smantellata quest’abitudine.
E poi?
Poi ho lasciato, per fare politica devi intrecciare legami con gruppi coi quali non condividi nulla.
Cos’è la politica?
Uno scambio d’idee.
E il sociale?
Vivere da vicino la sofferenza della gente.
Vanno d’accordo?
No. Il sociale finisce sempre per essere strumentalizzato dalla politica.
Se avesse la bacchetta magica cosa cambierebbe di Albuccione?
Completerei il parco, farei una palestra e un campo di pallone. Intorno ci sono solo discariche e fabbriche.
Come si definisce?
Una persona troppo mite, tanto sensibile che si fa carico dei problemi degli altri, trascurando la propria famiglia.
Ha mai pensato: ‘ma chi me lo fa fare?’
No, sarebbe una debolezza.