GUIDONIA – Il Comune non paga la ditta, condannato per lite temeraria

Il fornitore ottiene un decreto ingiuntivo, ma l’amministrazione Barbet “ci prova” dicendo che non c’è l’impegno di spesa. L’imprenditore la sbugiarda e il giudice “mazzola”: anziché 11 mila ne paga 22 mila. Una sentenza storica, un caso da Corte dei Conti

Per incassare i soldi della fornitura si era dovuto rivolgere al Tribunale, ma nonostante tutto il Comune ha continuato a negargli l’importo dovuto sostenendo che non esisteva un impegno di spesa, ossia che non furono stanziati i fondi prima dell’affidamento.

Come a dire, se hai svolto il lavoro e non vieni retribuito peggio per te. Il ragionamento dell’amministrazione 5 Stelle costerà caro alle casse pubbliche, perché il Tribunale civile di Tivoli ha condannato l’Ente per lite temeraria e ora deve versare il doppio dell’importo originario.

E’ in sintesi il contenuto della sentenza 1257 pubblicata giovedì 22 ottobre dal giudice Marco Piovano che ha risolto così la causa civile tra il Comune di Guidonia Montecelio e la “Office Center di D’Eramo L. & C. Sas”, una ditta di Guidonia Centro specializzata nella fornitura di materiale di cancelleria e macchine fotocopiatrici.

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Il 16 novembre 2016 l’impresa, rappresentata dall’avvocato Augusta Luciani, aveva ottenuto il decreto ingiuntivo per riscuotere la somma di 11.449,25. Ma l’amministrazione comunale ha impugnato il provvedimento davanti al giudice Piovano sostenendo che mancava la prova delle forniture e che in ogni caso mancava il necessario impegno di spesa. Circostanza smentita dall’avvocato Luciani che ha prodotto al magistrato le singole determinazioni dirigenziali con attestazione dell’impegno di spesa e l’indicazione dello specifico capitolo di bilancio dal quale attingere per pagare la fornitura della “Office Center”.

Per cui il giudice Piovano ha ritenuto che l’amministrazione Barbet non poteva non sapere che i fondi erano stati stanziati attraverso atti pubblici. Per averci “provato” il Comune è stato condannato a risarcire un danno di 5 mila euro oltre alle spese di giudizio pari a 4.835 euro per onorari, più il 15% di spese forfettarie, il 4% di cassa forense e il 22% d’Iva. Soldi che si sommano agli iniziali 11.449,25.

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Per ora pagano i contribuenti, ma ad occhio e croce il caso è destinato a finire al vaglio della Corte dei Conti.

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