GUIDONIA - Minacce ai concorrenti romeni, barista condannato

I fatti avvennero nel 2014 a Colleverde. Nel parco pubblico fu ritrovata pure una testa mozzata di maiale con la citazione biblica “Non desiderare la roba d’altri”: ma in questo caso l’uomo è stato assolto

Per evitare di perdere clienti non esitò ad usare le maniere forti coi concorrenti. Una prima minaccia durante i lavori di ristrutturazione del locale. Una seconda in prossimità dell’inaugurazione. “Vengo col Bob-Cat e ve lo distruggo”.

Per questo giovedì 12 novembre il Tribunale di Tivoli ha condannato in primo grado per tentata estorsione a un anno e 8 mesi di reclusione Mauro M. C., 41enne di Setteville Nord, ex gestore di un bar via Monte Bianco, a Colleverde di Guidonia. Il commerciante era imputato per le minacce esercitate tra ottobre e dicembre 2014 nei confronti di un cittadino romeno che gestiva un bar, pasticceria e pizzeria nel quartiere. Mauro M. C. era sotto processo per aver adottato la stessa strategia anche nei confronti dell’ex presidente della Pro Loco di Colleverde assegnataria del parco pubblico “Gran Paradiso” attraverso un contratto di concessione stipulato col Comune da maggio 2013 a maggio 2019.

Secondo l’ipotesi della Procura il commerciante e imprenditore di Setteville Nord minacciò il presidente perché aveva affidato la gestione del parco alla “Asd Polisportiva Gran Paradiso” e questa, a sua volta, concesse a un ventenne del quartiere la gestione del chiosco bar interno al giardino pubblico. Un chiosco “scomodo” che avrebbe fatto perdere clienti e volume d’affari all’attività dell’imputato, a parere della Procura che aveva chiesto una condanna a 4 anni e sei mesi di reclusione oltre ad una multa di 3 mila euro.

Tuttavia la stessa Procura ha chiesto l’assoluzione del 41enne perché il fatto non sussiste per un terzo episodio avvenuto a ottobre 2014 ai danni dell’ex titolare del bar gestito dall’imputato, non avendo la presunta vittima sporto denuncia. Il Tribunale ha accolto parzialmente la tesi dell’accusa e ha condannato l’imputato soltanto per le minacce al commerciante romeno. Viceversa il Tribunale ha assolto Mauro M. C. per le minacce all’ex presidente della Pro Loco, condividendo la ricostruzione dell’avvocato Elena Del Trono, legale del 41enne di Setteville Nord.

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“Il mio assistito – ha detto l’avvocato – si sentì defraudato dalla decisione del Comune di far aprire il chiosco bar nel parco pubblico. La sua fu una reazione impropria, incivile, maleducata, ma alle parole urlate di “Ammazzo, spacco e brucio” non sono seguiti atti. Il mio cliente sapeva benissimo di non poter far chiudere il chiosco bar, se non andando a minacciare il sindaco con una pistola”.

Le motivazioni della sentenza saranno pubblicate tra 90 giorni.

Il killer di Pasolini lasciò la coca nel locale nemico. Una testa di maiale mozzata nel parco come nel film “Il Padrino”

Tra ottobre e dicembre 2014 un colpo di scena dopo l’altro

Una testa di maiale ancora sanguinante con un messaggio farcito di citazioni bibliche. “Secondo la Sacra Bibbia, la Parola di Dio – c’era scritto – Esodo 20: 2-17: 9) Non desiderare la donna d’altri. 10) Non desiderare la roba d’altri. (Lettera di San Paolo ai Romani 8, 6). Come tutti i Comandamenti, anche questo è un insegnamento d’amore”.

E’ l’episodio più eclatante nel processo a Mauro M. C. Un episodio per il quale giovedì scorso l’imprenditore è stato assolto dal Tribunale smontando la tesi accusatoria che dipingeva il 41enne come un emulo della memorabile scena della testa di cavallo mozzata nel letto del film “Il Padrino”.

Secondo la Procura si trattava di una delle varie intimidazioni ai danni dell’ex presidente della Pro Loco ma soprattutto del 19enne gestore del chiosco bar interno al parco. La testa di maiale mozzata fu ritrovata dal ragazzo all’alba del 15 ottobre 2014 a pochi metri dai tavolini e dal bar prefabbricato: il maiale appoggiato sul muretto con lo sguardo rivolto verso l’area gonfiabili, il messaggio “biblico” protetto in una custodia di plastica. A sporgere denuncia fu il presidente della Pro Loco che anche in aula ha confermato di aver subito gravi minacce.

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I guai per l’imprenditore erano iniziati il 9 febbraio 2015 quando fu arrestato dalla Polizia per illecita concorrenza con minaccia e violenza oltre che di tentata estorsione. L’indagine era iniziata l’11 aprile 2014 e culminata a luglio con la denuncia per calunnia e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti di Giuseppe Pelosi detto “Pino la Rana”, il pregiudicato di Setteville deceduto nel 2017 che ammazzò Pierpaolo Pasolini. L’11 aprile di sei anni fa Pelosi fu incastrato dalle telecamere di video sorveglianza di un bar di Colleverde mentre con la scusa di prendere un caffè occultò otto “pezzi” di cocaina e poi avvertì la Polizia. Attraverso i tabulati telefonici i poliziotti scoprirono che dall’utenza in uso a “La Rana” era partita la “soffiata” anonima al 113 che indicava il locale come base dello spaccio e lo stesso numero aveva avuto contatti – sia prima che dopo l’occultamento della droga – col cellulare usato da Mauro M. C. Così l’imprenditore si ritrovò indagato con le stesse accuse, sospettato di aver incaricato Pelosi per danneggiare l’attività concorrente.

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