Soffriva e non si lamentava, così si è spenta la stella della danza classica
Qualcuno ricorda Carla Fracci per il suo acceso antifascismo, altri per la sua umana semplicità ma in tutti regna la sensazione di avere perso un angelo senza ali, capace di volare con la leggerezza di una piuma.
Fra i ricordi, quello di Roberto Bolle e il ballerino non ha dubbi. In un’intervista al Corriere della Sera, ricorda come fosse terrorizzato al suo debutto. Un timore reverenziale nei confronti di un’icona della danza. “Avevo paura di sbagliare qualcosa, di non essere capace di sostenerla, ma fu il suo sorriso a sostenere me”.
I cultori della danza ricordano la “sua” Giselle, i fiori che piovevano dai palchi e quella figura così elegante ed aggraziata. Rammentano anche le scarpette bianche con cui volava con Nureyev e Vassiliev, i suoi grandi contemporanei.
Il bel “faccin” con cui la direttrice della scuola scaligera definì Carla Fracci al suo ingresso nel tempio meneghino, fece felice il padre tranviere Luigi.
Negli ultimi anni però ci è stato anche chi si è dimostrato crudele ed ingeneroso quando, per ragioni soprattutto politiche, le negò la creazione di una compagnia nazionale di danza.
Sono tanti i ballerini che non dimenticano lo scippo della direzione del balletto della Scala per frizioni con la sovrintendenza del teatro.
Ma la Fracci per tutti è leggenda, una delle poche donne capaci di infrangere il mito della genialità, perché lei è stata al di sopra della mitologia della danza, leggiadra, intensa e magnetica.