Quella è la porta!
Duro scontro tra Ungheria e resto d’Europa sulla legge varata da Budapest e considerata omofoba.
Il primo ministro Orbán è ritenuto colpevole di calpestare i valori fondamentali europei con provvedimenti legislativi che proibiscono l’informazione sull’omosessualità, l’identità di genere e la negazione della didattica sessuale nelle scuole e tra i minori.
Senza ambiguità e con una terminologia con pochi precedenti, i capi di Stato riuniti a Bruxelles per un vertice politico, hanno invitato il premier magiaro ad uscire dall’Unione: “quella è la porta”.
Per avere un’idea del clima bastano le parole dell’olandese Mark Rutte “Secondo me, non c’è più posto nell’Ue per l’Ungheria”. E durante la discussione avrebbe invitato Orbán ad usare l’articolo 50, quello per andare fuori dall’Europa.
Diciassette leader, tra questi anche Mario Draghi, hanno sottoscritto una dichiarazione di condanna di qualunque forma di discriminazione a sfondo sessuale. Ma Orbán non intende arretrare di un metro e ribadisce la validità del suo provvedimento: non si tratterebbe di una legge contro gli omosessuali, ma in difesa di genitori e bambini.
Il premier italiano è intervenuto con parole molto chiare, nonostante abbia come alleati di maggioranza Salvini e Meloni schierati saldamente con Orbán. Ha ribadito non solo che l’articolo 2 del Trattato della Ue è stato scritto per un motivo preciso (“perché l’Europa ha una storia antica di oppressione dei diritti umani”) ma anche voluto rinfrescare la memoria dell’omologo ungherese: anche voi avete firmato gli impegni europei.
Orbán ora rischia grosso in termini politici ed economici: i fondi per la ripresa sono bloccati, si tratta di milioni di euro indispensabili per lo sviluppo dell’Ungheria.