Senza arbitri non si gioca più la domenica: un problema culturale e non solo numerico

Nel Lazio Promozione e Prima categoria costrette a giocare infrasettimanalmente per la carenza di arbitri. Il pensiero delle società del Nord-Est

Di Valerio De Benedetti

Non ci sono più gli arbitri di una volta, o forse sarebbe meglio dire non ci sono più arbitri. La questione non è tanto tecnica, quanto numerica. Il Cr Lazio ha provato a porvi rimedio cercando di riformulare il planning del campionato dal 31 ottobre fino a Natale. Non tutti gironi giocano infatti la domenica, bensì a turno si sfruttano anche i giorni infrasettimanali, oltre alle festività come accaduto il 1° novembre e come accadrà l’8 dicembre. Il dato imbarazzante è che annualmente si contano 500 arbitri in meno, a causa di una carriera arbitrale difficile da intraprendere. Ma le cause di questo calo impressionante sono tante. A incidere non è stata soltanto la pandemia, che ha bloccato i campionati non permettendo il dovuto ricambio generazionale anche nelle varie sezioni AIA e il regolare svolgimento dei corsi. Oltre ai costi e alle spese di cui ogni aspirante arbitro si fa carico, c’è anche da mettere in ballo i rischi a cui questi ragazzi vanno incontro ogni domenica. Insulti, aggressioni verbali e fisiche che ogni weekend riempiono le colonne dei giornali. Un problema non solo numerico quindi, bensì anche culturale, che ha portato le sezioni a svuotarsi e i ragazzi ad allontanarsi da un mondo troppo spesso giudicato malamente. L’AIA ha cercato di correre ai ripari modificando i limiti di età per diventare arbitri: l’età minima per partecipare ai corsi di formazione è scesa da 15 a 14 anni ed il limite per continuare l’attività è stato elevato da 45 a 50 anni. Ma vi è stata anche un’altra iniziativa, ben più radicale nella sua novità: quella dell’apertura al doppio tesseramento, ossia alla possibilità che il ragazzo o la ragazza, una volta superato il corso di avviamento all’arbitraggio, possa comunque essere tesserato come arbitro e come calciatore. Per altro verso si sta lavorando anche sugli incentivi economici. Per anni infatti, un giovane arbitro si confronta con campionati giovanili e locali ricevendo solo rimborsi sommari. Soluzioni che, almeno per il momento, non bastano, ma che si spera possano portare qualche beneficio in futuro. 

Le società del Nord-Est: “Un disagio giocare durante la settimana. Tutti dobbiamo aiutare gli arbitri”

La carenza di arbitri e le partite infrasettimanali stanno creando non pochi disagi alle società di Promozione e Prima Categoria, costrette spesso a fare a meno della propria rosa al completo. Giocare durante la settimana significa infatti perdere i propri giocatori-lavoratori, oltre alla difficile organizzazione della gara. Un pensiero comune questo a tutte le società intervistate, che però dal canto loro, riconoscono le difficoltà dei ragazzi che scendono in campo la domenica per arbitrare e garantiscono d’ora in poi il massimo impegno per cambiare una mentalità che troppo spesso identifica l’arbitro come il “nemico” di tutti. 

Marco Toselli, direttore sportivo del Villa Adriana

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“Per tutti è un disagio enorme giocare in mezzo alla settimana, specialmente per noi che non abbiamo una struttura e troviamo difficoltà a cambiare i nostri giorni di allenamento. Credo che la pandemia abbia inciso non permettendo alle sezioni di far svolgere regolarmente i corsi arbitrali, ma sappiamo che fare l’arbitro è difficilissimo in tutte le categorie e bisogna avere massimo rispetto di questi ragazzi che con tanta passione si avvicinano a questa professione. Dobbiamo essere comprensivi nei loro confronti”. 

Nello Moccia, dirigente del Guidonia ed ex arbitro

“Le problematiche maggiori sono quelle dei giocatori. Questi ragazzi sono costretti spesso a prendersi dei giorni di ferie dal lavoro, quando possibile. Farlo per più occasioni diventa difficile”. Poi prosegue: “Partiamo dal punto principale: chi arbitra deve avere passione. Non si arbitrano queste partite contro ragazzi esperti e in campi difficili senza il piacere di farlo e senza inseguire l’obiettivo principale che è quello di rendere un servizio positivo. A quasi 70 anni continuo ad arbitrare quando possibile perché mi sento utile alle società e ai giocatori. Senza arbitri non si può giocare, è vero. Ma è vero anche il contrario: senza le società neanche l’arbitro potrebbe scendere in campo. Tutti noi dobbiamo imparare a rispettare le regole. Episodi sulle tribune a parte, sono le società che dovrebbero avere più rispetto nei confronti degli arbitri quando arrivano al campo, quando si gioca e dopo il match. Tuttavia anche gli arbitri dovrebbero avere più rispetto nei confronti dei club. Solo con un’azione reciproca potrebbe cambiare la situazione generale”.

Piercarlo Antoniutti, allenatore del Fiano Romano 

“Non possiamo non dire che sia un grande disagio per le società e per i calciatori per i loro impegni lavorativi e di studio. Crediamo che sia difficile arbitrare sui campi di provincia, soprattutto per i ragazzi più giovani che si approcciano a questa professione. Sensibilizzare le persone può aiutare gli arbitri a crescere con la serenità che meritano e rendere ancora più bello questo sport”. 

Stefano Caleca, presidente del Castrum Monterotondo

“Giocare partite di campionato infrasettimanali è sicuramente un disagio enorme soprattutto a livello organizzativo. C’è grossa difficoltà per i ragazzi ad organizzarsi con il lavoro e per forza di cose cambiando le date del calendario viene falsato il campionato stesso. Sicuramente serve come in ogni cosa il rispetto delle parti ma non credo che sia solo questa la causa che ha scaturito questa carenza arbitrale. Lo stop forzato dovuto alla pandemia ha causato grossi problemi al movimento stesso. Centinaia di arbitri hanno abbandonato la professione, per limiti d’età o per altri motivi ritenuti fisiologici. A differenza degli anni passati, però, non si è verificato un vero ricambio, sia per il maggior numero di arbitri da sostituire sia per i pochi nuovi arbitri formati in questo periodo.

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Gianluca Lillo, allenatore del Vicovaro

“I turni infrasettimanali creano grandi problemi alle società, soprattutto quando c’è da organizzare una trasferta. Tante squadre stanno giocando senza la rosa effettiva per questo motivo. Noi possiamo avere delle colpe perchè spesso siamo critici nei confronti degli arbitri, però sono poche rispetto al problema vero. Per la pandemia hanno smesso sia tanti arbitri che calciatori. Non è facile fare l’arbitro, però ho percepito una cosa in tanti anni sia da giocatore che da allenatore e cioè che alcuni di loro alle volte si approcciano male. Sarebbe bello se si potesse fare una riunione fra tutti i capitani delle varie squadre e gli arbitri. Sarebbe una cosa molto costruttiva che accorcerebbe il distacco fra arbitri e giocatori. Credo che noi potremmo aiutarli senza dubbio, anche quando sbagliano. Ho invitato i miei ragazzi a non protestare mai con gli arbitri e a parlare in maniera decente con loro. E questo ha portato benefici a tutti. Dovrebbero farlo tutte le squadre”. 

Luigi Trombetta, direttore sportivo della Vis Subiaco

“I problemi che crea il giocare in turni infrasettimanali sono enormi. È normale che sia così, visto che la maggior parte di noi e dei calciatori lavora. Se la colpa è nostra? Relativamente. Negli ultimi anni abbiamo vinto due premi disciplina, abbiamo sempre avuto rispetto per gli arbitri. Siamo sempre stati leali nei loro confronti”. 

Presidente AIA Tivoli: “Gli arbitri non devono essere visti come nemici”

Per analizzare il problema della carenza arbitri, tiburno.tv ha intervistato Francesco Gubinelli, presidente della sezione AIA Tivoli, che si è così è espresso sulla tematica: “Stiamo pagando il fermo dei due anni di Covid. Prima categoria e Promozione subiscono un calo di organico sezionale. Come sezione di Tivoli abbiamo 20 giovani ragazzi che hanno fatto il corso ma che ancora non hanno arbitrato. Gli arbitri sono dei ragazzi che hanno le stesse emozioni e ambizioni di un calciatore e si allenano come lui per dare il meglio. L’arbitro non è un nemico. Spesso viene

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