Due persone sono state iscritte nel registro degli indagati nel procedimento penale aperto dalla Procura di Roma sulla morte del giornalista Andrea Purgatori deceduto mercoledì 19 luglio all’età di 70 anni a causa di un tumore ai polmoni (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).
L’indagine è stata avviata dopo una denuncia presentata dai familiari su presunti errori medici.
Nei confronti dei due sanitari, che operano in una struttura di diagnostica della Capitale, l’accusa è di omicidio colposo.
Intanto i pm dovrebbero affidare la prossima settimana l’incarico per effettuare l’autopsia.
Parallelamente gli inquirenti stanno acquisendo attraverso i carabinieri del Nas tutto il materiale, comprese le cartelle cliniche, dove Purgatori è stato in cura: si tratta sia di strutture private che pubbliche.
Il quotidiano Il Domani ha ricostruito gli ultimi tre mesi di vita del giornalista.
Il 24 aprile Purgatori, descritto come molto attento al suo stato di salute, si ricovera in una clinica privata e si sottopone ad alcuni controlli. Una tac e una biopsia rilevano valori fuori norma, per cui i risultati vengono inviati ad un’altra famosa clinica romana per un consulto specialistico.
L’8 maggio, la prima pesantissima diagnosi di tumore al polmone con metastasi diffuse agli organi vicini e al cervello.
A quel punto Purgatori viene dirottato in una terza clinica dove sulla base della diagnosi decidono di iniziare immediatamente cicli di radioterapia ad altissimo dosaggio. Il quadro clinico corrisponde a quello di un malato terminale con un’aspettativa di vita non superiore ai sei mesi, eppure – secondo la ricostruzione del quotidiano Il Domani – il giornalista dice di sentirsi bene, tant’è che continua a lavorare e registra anche una puntata della sua trasmissione “Atlantide” il 17 maggio.
Ma nel giro di pochi giorni le sue condizioni peggiorano: Purgatori è affaticato dai farmaci, ma nella prima clinica dove era stato diagnosticato il cancro in fase avanzata spiegano che la terapia sta funzionando.
Secondo l’equipe medica che le metastasi si sarebbero ridotte. Invece le condizioni precipitano e il giornalista viene di nuovo ricoverato a giugno.
Da una nuova tac emerge che non ci sarebbero metastasi al cervello, ma soltanto alcune ischemie cerebrali.
Insomma, una diagnosi completamente diversa da quella che lo aveva portato a sottoporsi alla radioterapia. Anche una risonanza magnetica esclude la presenza di metastasi, diversamente dalla diagnosi iniziale. L’esame ripetuto conferma l’assenza delle metastasi e la presenza di una ischemia cerebrale, una patologia forse curabile.
A quel punto il giornalista torna a casa, ma le sue condizioni peggiorano: l’8 luglio viene portato in ambulanza all’Umberto I in condizioni gravissime.
Ma stavolta il radiologo del policlinico universitario conferma alla famiglia la presenza delle metastasi al cervello. Si tratta di un medico che collaborava con la clinica in cui Andrea Purgatori si ricoverò per la prima volta e l’8 maggio diagnosticò il tumore.