È successo a Como. Ne ha scritto il quotidiano IL Giorno. Una donna di quarantanove anni insegnava inglese e tedesco senza averne le qualifiche. O meglio, non averle tutte. Il gioco è durato per venti anni e ci si chiede come possa esser accaduto. La donna ritualmente presentava documenti falsi con false attestazioni.
Le scuole dove prestava insegnamento andavano dalle elementari ai licei. Scoperto l’inganno, evidenziati gli artifici, il contenzioso è finito in Corte dei Conti della Lombardia ed è stata comminata l’ingiunzione di restituire 247mila euro. Si tratta degli stipendi percepiti pur non avendo i requisiti per ottenerli dal 2003 ad oggi.
Tutto nasce tre anni fa. Un dirigente scolastico particolarmente zelante o puntiglioso ha preso la briga di verificare i requisiti dell’insegnante rilevandone l’infondatezza. Era in un istituto tecnico in provincia di Como. Di lì la richiesta di ulteriori attestazioni comprovanti, quindi la presa d’atto dei sostanziali documenti in grado di dare soddisfazione alle certificazioni richieste. Lavorava nell’istituto da appena un mese.
Quindi la donna non era laureata in lingue e letterature straniere alla Lulm di Milano dove false documentazioni volevano attestarne la frequentazione e gli esami conseguiti. Nessuna traccia del documento di laurea. Neanche quello dell’istituto magistrale che avrebbe dichiarato di aver conseguito presso l’istituto magistrale Matilde di Canossa a Como.
È partita quindi la denuncia nel gennaio 2022. Rinvio a giudizio e poi in finale la sentenza in Corte dei Conti. Gli insegnamenti impartiti mancavano dei fondamentali requisiti richiesti per abilitare all’insegnamento. Né è risultata come prova riabilitante il fatto che lei abbia effettivamente insegnato. Non avere la documentazione in grado di asseverare l’idoneità è per lo Stato condizione che annulla l’attività fin qui intrapresa, per tanto la richiesta di indennizzare la cosa pubblica.