TIVOLI - Denunciati dal parroco sorpreso in auto con una donna, assolti

Di sera i 4 notano la vettura di un’amica in una piazzola, si avvicinano e trovano la “sorpresa”

Quando hanno visto chi c’era all’interno dell’auto ferma di sera in una piazzola di sosta, gliene avrebbero dette di tutti i colori.

“Bugiarda, schifosa, zozza, zoc…a”, alla donna.

Appellando il prete col termine “porco”.

Per questo quattro amici di Castel Madama, due uomini di 63 e 64 anni e due donne di 60 e 62, si erano ritrovati imputati per violenza privata in concorso con l’aggravante di aver ostacolato la privata difesa e di aver commesso il reato ai danni di un ministro del culto cattolico.

In realtà, il reato non c’è.

Tant’è che ieri, martedì 2 luglio, il Tribunale di Tivoli ha assolto i 4 italiani perché il fatto non sussiste, mettendo fine ad una vicenda dal sapore boccaccesco.

Il giudice Giovanni Petroni ha infatti condiviso la tesi difensiva degli avvocati Mirko Mariani ed Eleonora Malizia, accogliendo la richiesta di assoluzione formulata dalla stessa Procura di Tivoli.

Si è concluso così, dopo 5 anni, un processo in cui si erano costituiti parte civile un parroco della Diocesi di Tivoli e una sua parrocchiana.

Il prete e la donna avevano denunciato alla Polizia di essere stati aggrediti dai 4 amici di Castel Madama mentre erano a bordo dell’auto di lei in sosta in una piazzola lungo la strada che collega Tivoli a Capranica Prenestina.

Secondo l’accusa, nella serata del 9 aprile 2017 il sacerdote e la donna era in macchina, quando sarebbero stati letteralmente accerchiati da tre vetture posizionate in modo tale da impedire ai due di uscire dall’abitacolo.

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Il parroco e la donna avevano giurato che erano stati costretti a chiudersi all’interno del veicolo e a subire le offese rivolte dalla comitiva. “Bugiarda, schifosa, zozza, zoc…a”, a lei. “Porco” a lui.

Durante il processo è emersa un’altra verità.

I 4 imputati di Castel Madama hanno raccontato che quella sera stavano andando a mangiare una pizza a Capranica Prenestina a bordo di due auto e non tre, come riferito dalle presunte vittime.

Sulla Bmw del 64enne viaggiavano l’amico 63enne, il compagno della figlia e il nipotino, figlio della figlia.

Sulla Ford Fiesta della 60enne, moglie del 63enne castellano, viaggiavano la sorella 62enne della conducente, la moglie e la figlia del 64enne proprietario della Bmw.

Oltrepassato il bivio per Pisoniano, la 60enne notò ferma nella piazzola l’auto di una sua carissima amica e rallentò. La 60enne, infatti, aveva saputo dalla stessa amica che quella sera sarebbe andata a cena a Tivoli con un’altra amica, per cui vedendo la sua auto in un luogo appartato si preoccupò che la vettura fosse stata rubata o che la donna fosse stata colta da malore.

Secondo il racconto dell’intera comitiva, l’unica ad avvicinarsi all’auto della donna fu la 60enne che si sarebbe limitata ad apostrofarla come “bugiarda”, esclamando “Porco Giuda, c’è anche il prete”.

Nel frattempo i passeggeri della Ford Fiesta e quelli della Bmw sarebbero rimasti accanto alle rispettive vetture, ad una distanza sufficiente per notare le sagome di un uomo e una donna che brindavano con dei calici di vino.

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Stando sempre alle testimonianze della comitiva, alla vista della 60enne il parroco si sarebbe portato le mani al volto, scivolando nella parte bassa del sedile lato passeggero come per nascondersi, mentre la parrocchiana giurava: “Non stiamo facendo nulla di male”.

Fatto sta che dopo la sfuriata tra le due oramai ex amiche, la comitiva rinunciò alla pizza a Capranica Prenestina e se ne tornò a Castel Madama.

Durante la discussione l’avvocata Eleonora Malizia, dopo aver vagliato alcune questioni di profilo giuridico e citato la giurisprudenza sostanziale e di legittimità in materia, ha dimostrato scientificamente che in realtà l’auto sulla quale viaggiava il parroco aveva 6 o 7 metri a disposizione per effettuare una manovra e andar via e che il fatto si era consumato in 2, 3 minuti.

“Il Giudice Petroni – commenta l’avvocato Mirko Mariani di Tivoliha ritenuto di assolvere gli imputati, ritenendo non raggiunta la prova che sia stata violata la libertà di autodeterminarsi del sacerdote e della donna, con riferimento al presunto accerchiamento ed al tempo invero assai esiguo in cui i fatti si sarebbero verificati rendendo possibile ai due di accendere il motore dell’auto ed allontanarsi dal posto”.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 60 giorni.

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