GUIDONIA - Parà morto dopo il lancio, il Tribunale accusa l’Aeronautica

Secondo il perito del giudice, il militare fu soccorso da un ortopedico che non sapeva intubare

Il medico di turno era un ortopedico non abilitato alla intubazione oro-tracheale.

La conclusione del perito del Tribunale di Tivoli potrebbe rappresentare una svolta nel processo per la morte del Sergente maggiore dell’Aeronautica Mirko Rossi, avvenuta il 28 novembre 2017 nel corso di una esercitazione nell’aeroporto militare “Alfredo Barbieri” di Guidonia.

La Procura di Tivoli ha trascinato sul banco degli imputati il medico Luigi Mossa, ortopedico di guardia il giorno della tragica esercitazione paracadutistica costata la vita al 41enne sottufficiale istruttore in forza al 17esimo Stormo Incursori, reparto d’eccellenza per l’Arma Azzurra.

Il medico è accusato di omicidio colposo “in quanto nella violazione della consegna ricevuta, omettendo di prestare tempestiva assistenza al sergente maggiore Mirko Rossi cagionava il suo decesso, omettendo in considerazione della sua assenza nei primi minuti dopo la caduta di praticare le manovre di primo soccorso e rianimazione con supporto ossigenativo, ventilatorio e cardiocircolatorio, omissioni che determinavano il peggioramento dei parametri vitali di Rossi e il suo decesso per edema cerebrale”.

La seconda accusa per il dottor Luigi Mossa è di abbandono del posto di lavoro, in quanto per 18 minuti è stato irreperibile perché “impegnato in una telefonata privata per gravi motivi non meglio precisati”.

Secondo quanto riporta oggi, lunedì 22 luglio, il quotidiano “La Repubblica”, una perizia depositata il 21 maggio scorso dal consulente del Tribunale scagionerebbe l’unico indagato per puntare il dito contro l’Aeronautica.

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“Ritengo si debba osservare che – scrive il perito Roberto Testise è possibile ipotizzare che una rianimazione qualificata nei primi minuti dopo il trauma avrebbe potuto aumentare le chance di sopravvivenza del sergente Rossi, non ritengo possibile affermare che se il dottor Mossa, specialista in ortopedia, odierno imputato, fosse giunto sul luogo dell’incidente a bordo dell’ambulanza avrebbe avuto alcuna possibilità di operare sul traumatizzato assicurandogli una efficace rianimazione respiratoria, non possedendo alcuna delle qualifiche che abilitano alla intubazione oro-tracheale”.

“E’ doveroso sottolineare – replicano dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica interpellato da “Repubblica” – che tutti gli Ufficiali medici dell’Aeronautica Militare sono formati ed abilitati al BLS (Basic Life Support) e all’ACLS (Advanced Cardiovascular Life Support), manovre di base che non richiedono specializzazioni”.

La prossima udienza del processo è fissata a dicembre.

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La tragedia all’aeroporto militare di Guidonia avvenne verso le 15,40 del 28 novembre 2017.

Era in corso il quinto volo e lancio col paracadute della giornata.

Mirko Rossi, in qualità di direttore della squadra, si lanciò per ultimo dopo 4 parà. Ma durante l’atterraggio a una velocità di circa 100 chilometri orari il sergente maggiore finì contro una palazzina, poi precipitò a terra.

Due minuti dopo arrivò un’ambulanza militare con due infermieri e un autista soccorritore.

Rossi era ancora vivo.

Gli infermieri effettuarono le manovre previste dal protocollo, cercarono ovunque il medico di turno, che sopraggiunse soltanto circa 20 minuti dopo l’accaduto in contemporanea all’eliambulanza del 118.

Mirko Rossi morì dopo 140 minuti presso il Policlinico Universitario Gemelli di Roma.

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