TIVOLI – Calci in pancia alla compagna incinta, scatta il braccialetto elettronico

Il 25enne di origine cubana era anche dipendente dall’alcol

Ogni volta che alzava il gomito, la malmenava. Ma anche quando era sobrio si dimostrava aggressivo e violento. Soltanto grazie ai familiari, alle amiche e al medico di base lei ha trovato il coraggio di denunciare.

Così gli agenti del Commissariato di Tivoli hanno messo fine alla spirale di vessazioni messe in atto nei confronti della compagna da parte di A. P. R. S., un 25enne di origine cubana residente a Tivoli.

All’uomo è stato imposto il divieto di avvicinamento a non meno di 500 metri dalla ex compagna e dai luoghi da lei abitualmente frequentati, con applicazione del braccialetto elettronico e divieto di comunicazione con qualsiasi mezzo, telefonico, telematico, informatico.

Si tratta dell’ennesima misura a tutela di donne vittime di violenza emesse quai quotidianamente grazie a una ‘rete’ che funziona ogni giorno 24 ore si 24: Procura della Repubblica (sostituti e so sostitute, personale interforze della sezione di polizia giudiziaria della procura), forze di polizia (carabinieri e polizia di Stato), centri antiviolenza, Asl, talvolta anche i servizi sociali. In questo caso è stato fondamentale l’azione di supporto e denuncia dei familiari e delle amiche che hanno sostenuto la donna nel rivolgersi ad un centro antiviolenza e alle forze dell’ordine.

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Secondo un comunicato stampa della Procura di Tivoli diffuso ieri, venerdì 26 luglio, A. P. R. S., anche alterato dall’abuso di alcool, dovrà rispondere del reato di maltrattamenti in famiglia, aggravato dall’avanzato stato di gravidanza della compangna.

La donna si era rivolta al pool antiviolenza del Commissariato tiburtino, per denunciare le gravissime condotte del compagno, che sin dalle prime settimane di gestazione aveva commesso su di lei brutali violenze fisiche e psicologiche.

Le indagini disposte dalla Procura, svolte in gran parte dal Commissariato di Tivoli e anche dal personale di polizia giudiziaria interforze della Procura specializzato nel contrasto alla violenza ai danni delle donne) hanno consentito di accertare che l’uomo in più occasioni l’avrebbe strattonata, schiaffeggiata, afferrata per la gola, presa a spintoni fino a farle sbattere violentemente la pancia contro la maniglia della lavastoviglie, per poi sferrarle calci e pugni all’addome.

Nei suoi frequenti scatti d’ira, insultava violentemente la compagna, anche distruggendo mobili e suppellettili dell’abitazione. La colpevolizzava ogniqualvolta lei tentava disperatamente di chiedere aiuto al numero di emergenza, dicendole: “ chiami le guardie per il padre di suo figlio”.

Le violenze fisiche erano accompagnate da condotte controllanti e fortemente manipolatorie, si legge nell’ordinanza del GIP: “…dicendole che l’avrebbe fatta diventare pazza, le avrebbe tolto il bambino, che se si fosse messa con un altro avrebbe ammazzato sia lei che l’altro, che il figlio non avrebbe mai dovuto vedere un altro uomo vicino a lei…”.

L’intervento della Procura, (sostituto assegnatario, coadiuvato dalla sezione di polizia giudiziaria della stessa procura) e del Commissariato di Tivoli è stato sostenuto provvidenzialmente da un “cordone di solidarietà”, composto dai familiari della vittima, dalle sue amiche, dai vicini di casa e dal suo medico di base, che avevano capito il suo grande disagio e l’avevano spinta, con grande senso di responsabilità a rivolgersi al più presto ad un Centro Antiviolenza, ed alle Forze dell’ordine per sottrarsi da quella grave spirale di violenza domestica.

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In questo senso, l’appello per tutti è “di non voltarsi mai dall’altra parte” e di rivolgersi con fiducia e senza esitazioni alle Istituzioni, per prestare assistenza e sostegno a tutte quelle donne che da sole non hanno la forza di denunciare, anche limitandosi a rivolgersi subito al 15 22, numero anonimo gestito da un’associazione antiviolenza) e nel caso di emergenza inviare una segnalazione al 112.

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