Dove è stato assalito? I soccorsi si sono attivati immediatamente? E soprattutto, poteva essere salvato?
Gianluca Di Gioia, il turista di Monterotondo ucciso da uno squalo in Egitto
Sono le domande da chiarire sulla tragica fine di Gianluca Di Gioia, il 48enne originario di Monterotondo morto dissanguato per le lacerazioni inferte da uno squalo tigre sabato scorso 28 dicembre nelle acque del Mar Rosso durante una vacanza in Egitto (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).
A quattro giorni dalla tragedia spuntano due testimoni che denunciano disorganizzazione e ritardi, smentendo così la versione fornita dal ministero dell’Ambiente egiziano su Facebook secondo la quale Gianluca Di Gioia sarebbe rimasto vittima dello squalo tigre “in acque profonde al di fuori della zona di balneazione”.
Gianluca Di Gioia amava i viaggi e il mare
Si tratta di un turista tedesco e di una turista polacca, entrambi intervistati dal quotidiano “Il Messaggero”, che dalla spiaggia di Marsa Alam hanno realizzato un video in cui viene documentato come la tragedia sia avvenuta all’interno delle boe che delimitano le acque sicure.
“Mi fa arrabbiare – commenta il turista tedesco, René – quello che ho letto sui giornali internazionali, quando dicono che Di Gioia stava oltre le boe, che era in una zona vietata.
Non è vero.
Vorrei fare giustizia per lui e per i suoi cari.
Tutto questo è accaduto davanti alla famiglia di quell’uomo, la moglie urlava disperata”.
A denunciare il ritardo dei soccorsi è la signora Fryzjer, una turista polacca che si trovava sul pontile mentre lo squalo assaliva Gianluca Di Gioia.
“Non c’era nessuno che agiva – ha detto la donna al quotidiano “Il Messaggero” – Il personale dell’hotel è rimasto a guardare sulla banchina come tutti noi.
Mi sono stupita ancora di più quando ho capito che il bagnino sul pontile non aveva le chiavi delle barche a motore o dei gommoni.
In più chi possedeva quelle chiavi è arrivato in estremo ritardo”.