18 Settembre, 1970, Ospedale San Giovanni di Roma, sala parto: Elvira partorisce Leondina al settimo mese di gravidanza.
Il referto medico dirà che la neonata è deceduta due ore dopo la nascita.
Ma non è vero.
La bambina verrà registrata col nome di Monica nata il 22 dicembre 1970 e affidata in adozione ad una famiglia benestante della Capitale.
Soltanto a distanza di 50 anni la donna ritroverà la sua famiglia biologica grazie alla caparbietà della nipote cresciuta col mito della zia “rubata” nei racconti della nonna.
La locandina del docu-film “Ridatemi le mie ossa” che sarà proiettato sabato al Teatro Imperiale di Guidonia
Sembra la trama di un romanzo giallo, purtroppo è una storia vera narrata in “Ridatemi le mie ossa”, un film uscito al cinema a maggio 2024 diretto da Patrizio La Bella, vincitore del Festival del Cinema di Spello e il 31 marzo prossimo protagonista al Festival del cinema di Lugano (CLICCA E GUARDA IL TRAILER).
Sabato 29 marzo “Ridatemi le mie ossa” verrà proiettato presso il Teatro Imperiale di Guidonia nell’ambito della Prima Edizione del Guidonia Montecelio Film Festival “Professione Cinema” promosso dall’assessorato alla Cultura.
Ilaria Giacca, 33 anni di Colle Fiorito di Guidonia, è la protagonista del ritrovamento della zia dichiarata morta alla nascita
In sala ci sarà anche Ilaria Giacca, 33 anni, un diploma da ragioniera all’Istituto tecnico “Leonardo Pisano”, professione impiegata, da sempre a Colle Fiorito di Guidonia.
Elvira Marchetti, la donna che partorì all’ospedale San Giovanni la bimba dichiarata falsamente morta
E’ lei la protagonista di una storia folle che per mezzo secolo ha fatto soffrire la nonna Elvira Marchetti, scomparsa a luglio 2023 all’età di 79 anni, dopo aver finalmente riabbracciato Leondina, la figlia rubatale dalle braccia appena nata al San Giovanni, uno degli ospedali più importanti della Capitale.
Il 18 Settembre 1970 Elvira aveva 27 anni, una ragazza semplice originaria di Sezze, sposata con Mario Giacca, genitori di Aristide Giacca, il papà di Ilaria, nato nel 1967, e di Roberto Giacca nato nel 1969.
Il desiderio della figlia femmina era forte nella coppia.
In un parto gemellare i feti erano nati morti. Per due volte le gravidanze erano state interrotte.
Ma quel 18 settembre 1970 era andato tutto per il verso giusto.
“Aveva una montagna di capelli neri e strillava come un’aquila”, ha raccontato per mezzo secolo Elvira.
Quel pianto mai più sentito le ha condizionato l’intera esistenza.
Dimessa con tanto di bara, tomba e lapide a terra, Elvira non ha mai creduto fino in fondo alla morte della sua Leondina, l’unica figlia femmina alla quale aveva dato il nome della mamma.
Sono stati proprio i suoi racconti alla prima nipote femmina, Ilaria, a suscitare nella ragazza di Colle Fiorito il desiderio di ritrovare la zia dichiarata morta.
C’è riuscita dopo anni di ricerche sui Gruppi Facebook dedicati ai figli adottivi: proprio lì ha incontrato Monica, la donna che l’esame del Dna ha accertato essere la zia rubata.
Ilaria Giacca insieme a Elvira Marchetti: la nipote ha sempre creduto alle sensazioni della nonna
Ilaria, come è nata l’idea di iniziare la ricerca?
“Io sono cresciuta a casa di nonna e mi ha sempre detto di essere convinta che la figlia le fosse stata tolta illegalmente.
Nonna ne parlava sempre. Ricordo una sua espressione nel dialetto della provincia di Latina: “Speriamo che l’hanno portata all’America”, diceva memore dello scandalo di John Campitelli, uno dei bambini «rubati» alle madri dal Vaticano dagli anni ’50 ai ’70 e venduti illegalmente a famiglie americane. Mia nonna era una persona semplice, una casalinga che lavorava come donna di servizio.
Sul referto scrissero che la bambina era morta 2 ore dopo il parto, ma non le consegnarono il cadavere. In ospedale le dissero: “Signora pensiamo a tutto noi” e le fu sufficiente per crederci e per anni portare roselline sulla tomba a Prima Porta tutte le domeniche insieme a mio padre e a mio zio”.
Il primo post su Facebook con cui Ilaria Giacca ha iniziato le ricerche
Quando hai deciso di iniziare la ricerca di tua zia?
“Ho una cugina che vive a Miami, siamo entrambe appassionate di trasmissioni come Quarto Grado e Chi l’ha visto?
Un giorno mi gira lo screenshot di un post in cui un movimento di donne sarde raccontava la stessa storia di mia nonna: scrivevano che secondo loro in ospedale venivano effettuate pratiche illegali e i figli dichiarati morti in realtà non erano morti.
Leggo il post e rifletto: “A mia nonna hanno sempre detto che era impossibile”.
A quel punto, a giugno 2017 ho deciso di mettere anche io un post su Facebook su un gruppo dedicato denominato “Figli adottivi e genitori naturali”.
Ilaria Giacca e Monica, la zia ritrovata dopo mezzo secolo
Hai fatto tutto da sola?
“Sì. Quando ho iniziato le ricerche a casa tutti mi dicevano: “Ilaria, ma cosa stai cercando?”.
Mio padre mi assicurava che lui era abbastanza grande per ricordare quando portava i fiori sulla tomba della sorella, mettendomi in guardia da una eventuale delusione”.
Come hai proseguito le ricerche?
“Ogni tanto entravo sul gruppo e controllavo.
A volte cercavo con le parole chiave: Roma, 1970, 18 settembre.
Fino a quando nel 2021 ho iniziato ad imbattermi sempre nello stesso post di una signora di nome Monica che sul profilo aveva la foto di Wonder Woman e scriveva di aver scoperto a 17 anni di aver avuto una adozione speciale.
Monica diceva di essere nata il 22 dicembre 1970, ma i genitori non avevano mai voluto approfondire l’argomento. Si limitavano a dirle: “Cosa cambia anche se non abbiamo lo stesso sangue?”.
Tant’è che quando i genitori sono morti Monica non ha mai trovato un documento relativo all’adozione”.
Monica in realtà era tua zia Leondina?
“Esattamente”.
Come sei arrivata alla verità?
“Vedo un altro post di Monica in cui aveva inserito delle foto e lei si riconosce in una bambina che guarda la suora.
All’una di notte entro nel suo profilo, ma non c’era nessuna foto.
Tra le sue amicizie noto altri 4 profili con nomi e cognomi uguali, quindi inizio ad aprire tutti e 4 i profili, spulcio e trovo una foto sua.
Mi ha preso un colpo”.
Ilaria Giacca col padre Aristide
Perché?
“Perché era identica a mio padre e a mio nonno”.
E a quel punto?
“Le scrivo su Instagram in messaggistica Direct, ma non risponde. Così inizio a commentare le sue foto e le scrivo che avrei voluto contattarla.
Lei molto garbatamente mi risponde e mi dà il numero di telefono.
La chiamo e registro tutta la telefonata che è la parte iniziale del film “Ridatemi le mie ossa”.
Mi presento, le dico che sono Ilaria Giacca e che stiamo facendo entrambe una ricerca: lei cercava la sua famiglia biologica e io cercavo una zia dichiarata morta alla nascita.
Le dico che la bambina è nata settimina e lei mi risponde: “Io sono settimina”.
Mi ha preso un colpo. Io ero già convinta fosse lei mia zia, nel suo profilo ho visto che era una persona molto creativa come mio padre.
Le dico di aver notato che lei segue Chi l’ha visto? e mi risponde: “Spero sempre che qualcuno mi cerchi. Mi fa piacere che qualcuno mi stia cercando perché non mi sono mai sentita appartenuta ad alcun nucleo, è bello che siamo due donne e ci interfacciamo.
Se vuoi ci vediamo”.
Da sinistra: Aristide Giacca, Roberto Giacca e la sorella Leondina-Monica
Vi siete incontrate?
“La sera incontro mio padre e mio zio, gli faccio sentire la telefonata e dopo due giorni l’abbiamo incontrata: eravamo io, mio padre Aristide, zio Roberto e lei, zia Leondina.
Era febbraio 2021, ci siamo organizzati, papà e Monica si sono sottoposti al test del Dna.
Il 18 giugno 2021 è arrivato l’esito: figli della stessa madre”.
Come avete reagito?
“Mio zio Roberto scoppia in un pianto isterico.
Mio padre choccato”.
E tu?
“Io ho detto ad entrambi: ve lo avevo detto che non sono matta”.
E Monica?
“Qualche giorno prima ci eravamo sentite telefonicamente.
Le ho detto che per me il test era solo un pro forma, che era lei la persona che cercavo, che non era vero che era stata abbandonata e che nessuno l’aveva voluta.
Le ho ribadito che a casa nostra c’era sempre stata e che nonna da 50 anni diceva questa cosa, che insieme alla madre Leondina mi avevano cresciuta col fantasma della zia rubata.
Quando le ho comunicato l’esito del test è stata felicissima.
Abbiamo scoperto l’esito del Dna venerdì 18 giugno 2021, due giorni dopo – domenica – nonna Elvira, già cardiopatica, è stata colta da ischemia e abbiamo atteso un po’ per comunicarglielo”.
L’abbraccio tra Elvira e la figlia ritrovata dopo 50 anni
Ci racconti l’incontro tra la madre derubata e la figlia dichiarata morta e ritrovata?
“Si sono incontrate a casa di nonna a via dei Girasoli, a Colle Fiorito. Monica si è avvicinata timidamente, nonna l’ha tirata a sé e l’ha abbracciata forte forte.
E’ stato molto emozionante.
Da allora zia ha iniziato a festeggiare i compleanni a settembre e non più a dicembre come è registrata all’Anagrafe.
Abbiamo trascorso tante feste insieme e all’inizio si trovava un po’ in difficoltà.
Ha perso il padre adottivo quando aveva 22 anni, non ha avuto fratelli né rapporti con famiglia del padre, praticamente è cresciuta da sola con la madre.
La mia famiglia invece è come quella de “I Cesaroni”.
Quando è morta nonna, Monica è venuta al funerale e oggi abbiamo un bel rapporto”.
Elvira Marchetti insieme ai tre figli Roberto, Aristide e Leondina
Quale è il senso del docufilm “Ridatemi le mie ossa”?
“Per come l’ho vissuto io è mettere nero su bianco quello che è successo, come faccio anche nel privato e sui Social: diffondere la notizia a più non posso, perché io ho vinto al Supernalotto senza neppure giocare la schedina, ma tanta gente non sa, tanta gente non sa nemmeno di essere stata adottata.
Monica per esempio l’ha saputo quando una compagna di classe le disse: “Bastarda, tu sei stata adottata” perché a scuola girava questa voce.
Io voglio dare la possibilità a tanti adottati che non trovano dati e informazioni di sapere che su Roma, perché io ho la certezza su Roma, ma sicuramente anche nel resto d’Italia, c’è questa opzione: ovvero di non essere stati abbandonati, di non essere stati lasciati, di non essere stati schifati da nessuno.
Magari ancora oggi una madre piange su una tomba, ma dubita se il figlio sia davvero morto oppure è vivo.
Perché so che tante donne non ci credono. Io non sono mamma, ma sono tanto incazzata perché fare del male a mia nonna è stato come sparare sulla Croce Rossa: mia nonna era una persona tanto buona che è stata la mamma di tante persone e non se lo meritava.
Da donna sono contenta di aver comunque dato una risposta a due donne che se lo meritavano”.