Il dramma del popolo palestinese raccontato in versi.
Così ieri, lunedì 11 agosto, Luciano Censi, il 47enne poeta, originario di Tivoli e residente a Guidonia, con il componimento “Gaza” ha vinto la terza edizione del Premio Simonetta Lamberti, la kermesse culturale organizzata dal Comune di Cautano in provincia di Benevento.
Come racconta il quotidiano “Le Cronache del Sannio”, l’assegnazione del Premio Simonetta Lamberti a “Gaza” ha rappresentato una scelta forte e simbolica: una poesia che si fa testimonianza, un atto di presenza e consapevolezza di fronte al dramma del popolo palestinese.
È stato un momento che ha sottolineato la capacità della poesia di trasformarsi in gesto politico, non per forza di protesta, ma come impegno profondo, una forma di cura e riconoscimento.
Per Luciano Censi, da oltre 22 anni tecnico presso la “Elt Elettronica Group” di Settecamini, si tratta del secondo concorso vinto dopo il Premio Letterario Nazionale “Moby Dick”, promosso da “ACAB/Bibliopop Aps” e sponsorizzato dal “Gruppo H24” con il contributo del Comune di Marino, conseguito a gennaio scorso (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).
Appassionato di poesia da circa 30 anni, Censi è autore di numerosi brani, ha partecipato a molti concorsi ed è membro della Nazionale Italiana Poeti (NIP), associazione promotrice di manifestazioni calcistiche a scopo benefico come quelle nelle carceri di Velletri e Bollate.
La poesia “Gaza” sarà presente nella prossima raccolta poetica in uscita dopo l’estate intitolata “Dinamiche Sospese” a cura di “EditLazio” con prefazione di Marco Onofrio.
GAZA
“Di queste case non è rimasto
che qualche brandello di muro
Di tanti che mi corrispondevano
non è rimasto neppure tanto.
Ma nel cuore nessuna croce manca
È il mio cuore il paese più straziato.”
Giuseppe Ungaretti
“Camminano in fila,
ombre stanche
sulla terra solcata,
tra fango e ferro,
tra sangue e cielo.
Il fumo mescolato al vento,
poi polvere che ingoia le voci,
non c’è spazio per paura e dolore,
solo per l’attesa.
Un bambino stringe
un pezzo di pane,
gli occhi troppo grandi
per un volto così piccolo.
Non chiede nulla,
non piange più.
Forse ha già capito
che il domani non ha nome.
C’è una casa senza porte,
un campo senza spighe,
una madre senza figlio,
un’anima senza pace.
C’è un vecchio ulivo
sulla collina,
ha radici nelle attese,
le sue foglie sussurrano al sole,
ma il sole risponde
solo all’ombra,
e l’ombra non sa più
cosa dire.
La guerra non ha
mai fine in realtà,
rimane annidata tra i muri
che non crollano,
nei nomi scolpiti sulla pietra,
nel silenzio di chi torna
senza più proferire
alcuna parola”.