Un’occasione straordinaria, per fare il punto sull’azione di valorizzazione delle lingue locali, quella costituita dal convegno di studi su “I 121 dialetti salvati dei Comuni della provincia di Roma”, organizzato dall’associazione “Periferie” e dalla Provincia di Roma mercoledì 13 giugno nella sala “Di Liegro”, a Palazzo Valentini in Roma.
L’importante ricerca sul campo condotta dall’associazione “Periferie”, con il contributo provinciale, ha permesso dal 2005 al 2012 la pubblicazione di sette volumi sui dialetti e sulla poesia dialettale nei 121 Centri della provincia, oltre alla pubblicazione delle schede sulle tipologie dialettali (vocabolari, proverbi, toponimi e soprannomi, canti, giochi, gastronomia, testi teatrali e poetici) di ogni comune in internet (sul sito www.poetidelparco.it ).
Nel suo saluto d’apertura il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, ha dichiarato: ”La ricerca effettuata assume, soprattutto in questa fase storica, un’importanza che non è soltanto tecnica o accademica. Attraverso la riscoperta del patrimonio culturale dei nostri Comuni, valorizzando la ricchezza e la varietà delle sue radici, non compiamo solo un lavoro di studio, ma favoriamo una ricostruzione di identità fondamentale per il futuro di tante realtà locali aggredite in questi anni da profonde trasformazioni economiche, sociali e urbanistiche. Contribuiamo cioè alla costruzione di una comunità più coesa perché più consapevole di se stessa, della propria eredità, delle risorse su cui costruire un nuovo, possibile modello di sviluppo”.
L’intera opera fa emergere l’intreccio con i saperi popolari (proverbi, toponimi, filastrocche, canti e persino ricette gastronomiche) con la valorizzazione di testi teatrali e poetici che hanno spesso contribuito alla salvaguardia dei dialetti e che in questi due generi hanno trovato spazio di espressione e rinnovata vita.
Il convegno di studi è entrato nel vivo con l’esposizione delle relazioni degli esperti in materia. Primo fra tutti il professor Ugo Vignuzzi, intervenuto sul tema dell’inquadramento generale dei dialetti in uso nella provincia di Roma. Vignuzzi, professore ordinario di Linguistica italiana all’Università Roma “La Sapienza”, ha affermato che «la provincia di Roma, la cui configurazione attuale risale agli anni Venti del 1900, dal punto di vista dialettologico rappresenta un vero e proprio patchwork, se non addirittura in qualche modo un puzzle».
I volumi sono frutto di un lavoro unico in Italia: non esiste una raccolta così vasta in nessun’altra provincia ed è fondamentale la sua pubblicazione integrale su internet.
Molto partecipato, inoltre, l’intervento del poeta e scrittore Alessandro Moreschini di Castel Madama che ha permesso al pubblico in sala di fare un tuffo nel passato attraverso un excursus nei passatempi e giocattoli più usati di un tempo, rinnovando la memoria e l’amore per le tradizioni popolari e i giochi di una volta, soppiantati al giorno d’oggi da videogiochi, televisione e computer.
All’interno del convegno ha trovato spazio anche un momento dedicato ad un aspetto particolare della cucina tipica della provincia di Roma.
Frizzanti e divertenti poi le interpretazioni teatrali di Benedetto Lupi, Natalia Mercuri e Patrizia Sbraca del gruppo teatrale “Alter Ego” di Subiaco nello “Scherzo in chja-chjo-chju” e di Aurora Fratini, della compagnia teatrale “III Millennio”, di Sambuci in ’A pantasima ’egliu casteglio’, in cui ha interpretato ben sette personaggi.
In materia di suoni, musiche e canti popolari, infine, Marco Giardini ha intrattenuto i partecipanti sulle “reganelle e ttricche e ttracche” di Sant’Angelo Romano, mostrando il loro funzionamento.
Bisogna, dunque, far crollare il pregiudizio che ci fa pensare al dialetto come a una “lingua di serie B” rispetto all’italiano. Il dialetto, da un punto di vista glottologico, è un idioma a se stante. Non è una derivazione dell’italiano, come molti ancora credono, ma una lingua di pari dignità all’italiano, che si è evoluta parallelamente a questo, direttamente dal latino. Con il dialetto si può far ridere, ma anche commuovere.
Occorrerebbe procedere ad una tutela incisiva di quanto è esistente, parallelamente ad un rilancio. Non quindi un lavoro proteso esclusivamente verso il passato, ma con lo sguardo avanti, per le generazioni future. Si tratta, cioè, di non trasformare il dialetto in un bene da riporre in un museo, ma in un patrimonio da tramandare e da far apprezzare in tutta la sua ricchezza e valenza culturale.
Innanzi tutto, parlare in dialetto senza vergogna, senza timore di sembrare poco colti. Si padroneggia uno strumento linguistico autonomo ed occorre divulgarlo ai giovani. Poi lasciare che i ragazzi stessi provino a parlarlo, senza correggerli, ma incoraggiandoli.
(Gi. Fe.)
Chi è Alessandro Moreschini
Poeta in lingua e nel dialetto di Castel Madama, Alessandro Moreschini, nato a Castel Madama nel 1938, vive a Tivoli da molti anni.
Ha svolto attività lavorativa a Roma. Ex assessore all’Istruzione al comune di Tivoli.
Ha pubblicato le raccolte poetiche in italiano “Camminare” (1971) e “Sazio d’erbe amare” (1976). In dialetto “Cuturuni cuturuni pe lla pallatana” (1983), “Casteju bbeju tuttu vantu” (1986), “E come chi non pare” (1993), preceduta nel 1988 da “E tu m’accordi” (antologia poetica) in lingua e in dialetto, seguita da “Taratabassuca” (1995) e nello stesso anno da “A chi sgòbba la gòbba a chi arobba la robba…” (proverbi, modi di dire, frasi idiomatiche, termini di paragone e soprannomi).
Autore del romanzo “L’ultimo degli Equi” (2000) e dell’opera in tre volumi “Avviamento allo studio del dialetto nel comune di Castel Madama” (2005).
“Nònnemo”
Spissu
a ll’appummissu,
a la piazza d j-ulimu,
stea l’ore mutu a vardà
le cose e la ggènte che jea
e venea
co ju sicaru ’m-mocca.
Ca’ unu, passènno,
ju chiamea pe nnòme…
Issu ’i responnea co j-occhi
e sbattea ju pède pe ttèra
come pe’ ddine:
So’ vivu,
ancora ce stòne.
“Mio nonno”
Spesso, /dove la piazza dell’olmo è più al riparo, /stava per ore muto a guardare /le cose e la gente che andava e veniva /col sigaro in bocca. /Quando uno, passando, /lo chiamava per nome… /Lui gli rispondeva con gli occhi /e sbatteva il piede per terra /come per dire: /Sono vivo, /ci sto ancora, io.
(trad. V. Luciani)