Quando le dissero che era stata assunta in Comune, le crollò il mondo addosso e scoppiò a piangere. Era il 14 dicembre del 1971, aveva diciannove anni e la Maturità da sostenere. Il papà Vittorino, operaio del Ministero della Difesa, era scomparso neanche un mese prima e Patrizia Carusi, col suo posto in Municipio, si ritrovò a fare da genitore anche ai due fratelli maschi di 5 e 10 anni.
Da allora sono passati 41 anni e la Carusi ne ha viste di cotte e di crude con una quindicina di sindaci avvicendatisi, lavorando in quasi tutti i settori del Palazzo: dall’Urbanistica alla segreteria del sindaco, dai Lavori pubblici al Commercio, passando per la Segreteria generale, il Personale e gli ultimi dieci alla direzione di Anagrafe, Stato civile, Leva, Statistica, Toponomastica, Elettorale e delegazioni.Il 31 dicembre andrà in pensione e mercoledì scorso ha salutato tutti, colleghi e amministratori, inaugurando i restaurati Uffici Anagrafe, a lungo tempo assediati dai topi, e facendo un bilancio della sua attività di dipendente e di sindacalista.
Nata a Celano il 17 marzo del ‘52, a quattro anni era già a Villanova. Due anni al Ginnasio dell’Amedeo di Savoia di Tivoli, poi il cambio di rotta e l’iscrizione alle magistrali all’Isabella d’Este, fino all’assunzione. Una ragazza ribelle, single per scelta, attivista politica con le prime esperienze nel Pci, poi nel Psi e ora nel Pd, simpatizzante di Renzi, una sindacalista per tre volte prima degli eletti nelle Rsu con più di 100 voti: un risultato mai ottenuto da alcuno.Di sicuro in Municipio mai nessuna Posizione organizzativa s’è ritrovata a coordinare 40 impiegati la metà dei quali costretti a lavorare tra i topi.“Avevo il terrore – ammette – me li sognavo anche di notte, è stata una lotta senza quartiere: disinfettavano e dopo una settimana rispuntavano fuori. E’ stato deleterio lavorare in un ambiente così, l’ultimo anno preferirei cancellarlo: è stato un disagio per i dipendenti ma soprattutto per gli utenti.
Meglio quando si stava “peggio”?
“Quarant’anni fa, ai tempi in cui il Comune era letteralmente in costruzione, c’era più un clima di famiglia, si lavorava e non c’erano mica gli straordinari. Ricordo quando Giancarlo Di Michele, all’epoca responsabile dell’Ufficio idrico, usciva di notte insieme agli operai per riparare un guasto senza percepire una lira in più a fine mese in busta paga. Oggi questo non potrebbe accadere”.
Perché?
“Perché si sono persi certi valori, c’è poco senso delle istituzioni e del dovere. E’ tutto più rallentato”.
Non c’è dubbio che, visto da fuori, il Palazzo sembri disorganizzato
“Diciamo che non brilla per organizzazione”.
Da che dipende?
“Dall’ingerenza politica che non sempre è finalizzata all’efficienza. Non vorrei entrare nel merito, ma è sempre stato così, salvo alcune eccezioni”.
L’amministrazione più organizzata?
“A me è sembrata quella di Ezio Cerqua”.
Perché?
“Forse era la sua figura di ex ferroviere e sindacalista, comunque positivo nei rapporti coi dipendenti e col sindacato. Anche se nell’ultimo periodo ci fu un muro contro muro a tal punto che gli occupammo la stanza e non facemmo il bene di quell’amministrazione, tant’è vero che non fu riconfermato sindaco”.
Il sindaco più simpatico.
“Giampiero Ricci”.
Il più intelligente.
“Bruno Cirillo”.
Il più malandrino.
(sorride) “Nessuno”.
Il più bello.
“Anna Rosa Cavallo e Filippo Lippiello”.
Il più elegante?
“Stefano Sassano”.
Il più bravo?
“Ezio Cerqua”.
Il più autorevole?
“Antonio Muratore”.
Il più popolare?
“Giovambattista Lombardozzi”.
Gli anni di Tangentopoli.
“Che brutto periodo, una pagina nera che ha colpito pure chi non c’entrava. Non spetta a me dire chi era innocente e chi colpevole, ma io so che è andata così. Poi la gente è abituata a fare di tutta l’erba un fascio”.
E’ la stessa gente che si lamenta della scarsa efficienza degli uffici comunali? Ma perché lo fa?
“Se si lamentano hanno ragione, perché è un diritto avere servizi migliori. Nel mio piccolo ho sempre cercato di creare un ufficio di riferimento vero per l’utenza e ai miei ho sempre ricordato che il nostro dovere è far uscire i cittadini dal Comune col sorriso. Una cosa è certa, anche se spesso te le tirano trattandoci male, nessuno è uscito dalla mia stanza senza un arrivederci e grazie”.
Che ci vuole per avere un Municipio efficiente?
“Innanzitutto una grande dose di onestà. E poi le competenze giuste al posto giusto. Il personale, se vuole essere formato, deve girare, io non riesco a capire chi resta sempre al solito posto: per me sarebbe la morte. Tutti i dipendenti devono essere consapevoli che lavorare per la popolazione è un arricchimento personale. E’ un privilegio”.
“I politici rubano tutti”: un luogo comune o verità?
“Per fortuna ce ne sono tantissimi corretti e onesti, pronti a rispondere alle esigenze e ai bisogni dei cittadini, io li conosco nel mio e negli altri partiti”.
Spesso la gente vede il pubblico impiego come il posto ideale per girarsi i pollici.
“E’ l’impressione che si dà, magari per colpa di qualcuno che non fa il proprio dovere. La politica dovrebbe intervenire e mandare a casa le mele marce, per fortuna poche, ma aleggia sempre una cappa di protezione”.
Cosa lascia in Municipio? Di cosa va fiera?
“Soprattutto di aver fondato la cooperativa Unitaria con la legge 285/80, dando così la possibilità a 40 persone di essere assunti a tempo indeterminato. Lascio dopo dieci anni dei locali nuovi per l’Anagrafe che è sempre stata la Cenerentola del Palazzo. Lascio ai miei colleghi ufficiali di Stato civile la delega per celebrare i matrimoni, un traguardo raggiunto solo nel 2005 con Lippiello sindaco. Sempre con lui è stato raggiunto l’accordo sindacale che ha permesso al personale che si occupava di mansioni superiori di essere collocato nel ruolo giusto”,
L’amministrazione più deludente?.
“Personalmente sono stata sempre amata. Da cittadina dico l’amministrazione Bonelli, ma anche su quella attuale nutro parecchi dubbi con tutto l’affetto per il sindaco e qualche assessore”.
A chi deve dire grazie?
“A Patrizia Salfa che nel 2002 da assessore al Personale credette in me, convinta che io avessi le capacità per dirigere l’Ufficio Anagrafe”.
Il suo periodo più bello.
“Quando lavoravo ai Lavori pubblici”.
Quello più brutto?
“Sono entrata al Comune piangendo, tant’è che avrei dovuto prendere servizio il 14 dicembre e invece mi presentai qualche giorno dopo. Avevo nemmeno vent’anni, ero già traumatizzata dalla morte di papà, avevo la Maturità e il pensiero di dover lasciare gli studi dopo il diploma mi sconvolse la vita. Sembra paradossale, ma mi sentii veramente crollare il mondo addosso. Per questo voglio uscire ridendo”.
Che sogni aveva?
“Volevo studiare, tant’è che mi iscrissi a Giurisprudenza, ma se lavori non studi. Così per rendermi gradevole il lavoro mi cercai altro, il sindacato e la politica. In realtà, mi sarebbe piaciuto diventare giornalista, fare l’inviata speciale e viaggiare: forse avrei potuto realizzarlo se le condizioni fossero state diverse. Fatto sta che desideravo tanto girare il mondo che oggi non mi piace più”.
Che ragazza è stata?
“Una ribelle, come mia nonna paterna che era una commerciante, uno spirito libero e un carattere forte. Ero in prima linea alle occupazioni studentesche, tenevo il libretto rosso di Mao nel comodino, i miei mi dicevano di lavare i piatti e io sognavo di scappare di casa”.
Lei è l’unica Posizione Organizzativa femmina del Municipio che coordina 40 impiegati. Che pensa della donna in posizione di comando?
“E’ meglio, perché non accetta compromessi e ha il dono dell’onestà, dell’umanità e della sensibilità, al contrario dell’uomo, che è possibilista e farfallone. Sono sempre stata convinta che se il governo è donna allora è governo”.
Donna al potere è bello. Anche single è bello?
“Lo sono per condizione, perché non ho trovato l’uomo giusto per me e se l’ho trovato non era per un rapporto duraturo. Posso confessarle una cosa?”
Prego…
“Mi piacerebbe molto rinnamorarmi, è il periodo più bello e magico. Quando sono innamorata veramente per me non può esserci altro, ma siccome io voglio altro…”
Come si definisce?
“Non mi definisco, sono troppo buona nei miei riguardi e mi giustifico tutto”.
Si sente una donna realizzata?
“Quando decidevo una cosa, la facevo ed è anche riuscita. Diciamo che per essere una dipendente comunale mi è andata bene”.
Come si vede dal primo gennaio 2013?
“Vedo una Patrizia che si dedica a se stessa, che esce, va in palestra e dalla massaggiatrice e per dirla con una vecchia canzone si dona profumi e balocchi. Scherzi a parte, il 2 gennaio mi iscriverò allo Spi, il sindacato pensionati della Cgil, aiuterò gli amici del Pd, ma soprattutto mi dedicherò al mio nipotino di 9 anni”.
Da uno a dieci, il valore dell’amicizia.
“Dieci. Ne ho diverse in Municipio, soprattutto uomini dei quali sono sempre stata la confidente”.
Si può essere amici coi politici?
“Eccome: io ne ho tre”.
Quali?
“Eligio Rubeis, Michele Pagano e Giampiero Ricci”.
Un sindaco del Pdl, un candidato sindaco Udc-Pd e un ex sindaco e assessore socialista: cosa li accomuna?
“Nel 2000 ebbi un infarto e nel 2004 fui operata al cuore: ebbene Eligio è colui il quale mi è stata più vicino di tutti. Un amico, per questo non l’ho messo tra i sindaci preferiti. Pagano sa bene che l’ho votato solo nel 2009 quando rappresentava l’Udc e il Pd, eppure lui per me c’è sempre e così io per lui. Giampiero invece è l’amico di una vita, simpatico, solare e affidabile, con la stessa comitiva”.
Il valore dell’amore?
“Potrebbe contare dieci più, ma è un capitolo complicato e irrisolto che preferisco mettere da parte”.
Facciamo così. Indichi le caratteristiche del suo uomo ideale.
“Una persona gentilissima e colta, mi piace l’uomo che ti avvicina la sedia quando ti metti a tavola. Sa che le dico?”
Dica…
(Sorride) “Meglio un uomo impotente per una serena convivenza: non è facile, ma potrebbe accadere…”
Marcello Santarelli