Due assoluzioni e una condanna mite.
E’ la sentenza pronunciata oggi pomeriggio, giovedì 24 febbraio, dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, per la tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto e distrutto il 18 gennaio 2017 da una valanga sotto la quale morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti.
Tra le vittime, anche Valentina Cicioni di Monterotondo, mentre sopravvissero alla tragedia il marito Giampaolo Matrone, 39enne noto pasticcere eretino, e la loro figlioletta Gaia, all’epoca 9 anni.
Nella sua requisitoria il Procuratore Giuseppe Bellelli aveva auspicato «una sentenza che in nome della Costituzione e del Popolo Italiano affermi il modello di Amministratore Pubblico che aveva il dovere di prevedere il peggio ed evitare la tragedia».
Per questo l’accusa aveva chiesto 150 anni di galera per i 26 imputati – tra politici, funzionari, dirigenti prefettizi e i gestori dell’Hotel – per disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose, falso, depistaggio ed abuso edilizio.
A fronte di una richiesta di 11 anni e 4 mesi di reclusione, il Gup Gianluca Sarandrea ha condannato il sindaco di Farindola (Pescara) Ilario Lacchetta a soli due anni e otto mesi per la mancata pulitura della strada.
Assolti l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, per il quale era stata chiesta una condanna a 12 anni (la più alta) e l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco, per il quale era stata proposta una pena di sei anni.
In attesa delle motivazioni della sentenza, è chiaro che ha prevalso la tesi degli avvocati difensori che puntavano sull’assoluta imprevedibilità dell’evento.
Prima della lettura del verdetto Giampaolo Matrone e i familiari delle altre vittime hanno messo in atto una protesta silenziosa appoggiando sulle sedie riservate al pubblico le maglie coi volti delle 29 vittime.
Alla lettura del dispositivo in aula è esplosa la rabbia dei parenti delle 29 vittime, in lacrime: “Vergogna, fate schifo, venduti”.