Quando ha deciso di raccontare tutto, anche agli inquirenti deve essere accapponata la pelle.
L’uomo che lei aveva deciso di sposare l’avrebbe resa sua schiava, infliggendole le peggiori umiliazioni, i soprusi più infami.
Per questo martedì 16 aprile il Tribunale di Tivoli ha condannato in primo grado a 8 anni di reclusione per maltrattamenti, lesioni personali aggravate e violenza sessuale aggravata nei confronti della moglie M. D. B., imprenditore italiano di 45 anni residente a Setteville di Guidonia.
Il Collegio presieduto da da Rosamaria Mesiti – a latere le giudici Teresa Garcea e Giovanna Riccardi – ha condiviso la ricostruzione della Procura di Tivoli e condannato M. D. B. alle pene accessorie dell’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela o all’amministrazione di sostegno, dell’interdizione legale per la durata della pena, oltre alla perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione della persona offesa.
Secondo la ricostruzione dei magistrati, la vicenda risale ai primi sette mesi del 2021 quando l’imprenditore 45enne iniziò la convivenza con la donna che a maggio di tre anni fa sarebbe diventata sua moglie, una 32enne anche lei italiana.
Stando al racconto della vittima, costituitasi parte civile nel processo attraverso l’avvocato Maurizio Scalzi di Roma, l’uomo si sarebbe dimostrato ossessivamente geloso, a tal punto da maltrattarla reiteratamente con vessazioni altamente mortificanti sotto il profilo fisico e morale.
M. D. B., fisico imponente e muscoloso, l’avrebbe picchiata ripetutamente, svegliata nel cuore della notte per chiedere delle sue precedenti relazioni, impedendole addirittura di comunicare coi suoi amici e di ordinare al ristorante per evitare che parlasse direttamente col cameriere.
Dal processo è emerso che l’imprenditore le dicesse spesso “La donna è come una bestia, va marchiata e addomesticata”.
Frasi a conferma dell’ossessione da possesso per la quale il 45enne le avrebbe imposto di tatuarsi il suo nome, di lasciare il corso per diventare operatrice sanitaria, di utilizzare un cellulare privo di collegamento a Internet fornito dall’uomo dopo avergliene distrutti 5.
Maltrattamenti seguiti da scene di violenza fisica all’interno delle pareti domestiche.
Come il 22 marzo 2021, quando l’imprenditore avrebbe colpito la compagna con un alare del camino, facendola inginocchiare e puntandole un coltello alla gola, per poi lesionarle i tendini dell’avambraccio destro.
Come il 14 aprile 2021, quando l’avrebbe presa a schiaffi provocandole una tumefazione sul naso.
Secondo la ricostruzione dei magistrati, in un’occasione l’imprenditore le avrebbe addirittura urinato addosso e in un’altra avrebbe urinato sul pavimento costringendola a leccare l’urina.
Maltrattamenti anche una settimana prima del matrimonio, quando dopo averla pestata le avrebbe rasato i capelli e umiliata dicendo: “Ecco, tu ora sei l’ebreo ed io il nazista”.
Ma neppure le nozze avrebbero placato la gelosia ossessiva dell’imprenditore, se è vero che durante un litigio sulla spiaggia di Fiumicino l’avrebbe colpita a schiaffi.
A quel punto, la moglie ha sporto denuncia contro il marito, ritirata qualche tempo dopo per ricominciare la convivenza.
Tuttavia la situazione degenerò, se è vero che a giugno 2021 l’uomo dopo averla colpita con un bastone alle gambe e alle braccia, arrivò a costringerla a subire atti sessuali fino a sodomizzarla.
Il Tribunale di Tivoli ha riconosciuto alla 32enne il diritto al risarcimento danni in separata sede civile condannando M. D. B. al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 10 mila euro a favore della moglie e di 2.710 euro per le spese di costituzione di parte civile.
I giudici hanno inoltre disposto che, una volta espiata la pena, il 45enne sia sottoposto per un anno al divieto di avvicinamento alla vittima, oltre che all’interdizione all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.
“In una vicenda così tragica – commenta il legale di parte civile, l’avvocato Maurizio Scalzi di Roma – siamo soddisfatti che il Tribunale abbia accertato i fatti denunciati. Giustizia è stata fatta”.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni.