di Angelo Gomelino
Tutto è pronto al Centro anziani del Cavallino Bianco di Palombara Sabina, già Teatro Italia, per il debutto, sabato prossimo 9 novembre, della compagnia dialettale palombarese Chi n’ha che fa’ diretta, da oltre un 25ennio, dal regista Angelo Ricci, con lo spettacolo teatrale “ ‘A lettera ‘e maroma” .
Alcune attrici del cast della compagnia dialettale palombarese Chi n’ha che fa’
Questa volta la scelta del lavoro teatrale, per la trascrizione in dialetto palombarese, è caduta sulla commedia “ ‘A lettera e mammà” di Peppino De Filippo.
Gli attori Fabio Sercerchi e Francesco Donati
Una farsa di simpatica impronta napoletana, ricca di trovate umoristiche e istrioniche dei personaggi, la cui trama è tutto un crescendo di intensità che riesce ad attrarre l’attenzione allo spettacolo.
La compagnia Chi n’ha che fa’ nasce a Palombara Sabina ed esordisce nel marzo 1998 con “Natale a casa ‘e Peppe”, una ritrascrizione della famosa “Natale in casa Cupiello”.
Fu «uno straordinario successo teatrale», come scrisse su Mondo Sabino il 21 marzo, il giornalista e poeta palombarese Alberto Pompili «… un delizioso frutto di stagione tanto la sua venuta al mondo è freschissima, ha messo su un lavoro che è come un grosso mescolamento di cose partorite dalla aguzza mente del grande Edoardo De Filippo. …
Ebbene, che il teatro ancora piaccia, ce lo ha dimostrato una volta di più una combriccola di attori e attrici non certo di professione, guidata da Angelo Ricci, un insegnante “per chiamata” ed un uomo di teatro per una precisa scelta della natura».
In tutti questi anni le rappresentazioni hanno sempre avuto un’entusiastica partecipazione di pubblico anche, e perché, espresse nel tipico dialetto palombarese.
Non è da meno quest’ultimo spettacolo e il successo è ampiamente assicurato dal tutto esaurito delle prenotazioni per l’intero ciclo delle dodici repliche, in calendario nei mesi di novembre, dicembre e gennaio 2024.
La “combriccola” delle attrici e degli attori degli inizi, con il passare degli anni più che una compagnia e diventata una famiglia teatrale che ha permesso agli stessi di affinare la preparazione, pur mantenendone inalterata la freschezza e la spontaneità discorsiva dialettale, peculiarità che ha attirato simpatia e ne ha consolidato il consenso da parte del pubblico.
Tutto ciò è stato possibile grazie all’entusiasmo e alle capacità del maestro Angelo Ricci che da bravo insegnante ha saputo guidare e formare questa classe di “alunni” del tutto particolare.
Angelo Ricci pur essendo di Monteflavio, è da considerarsi palombarese a tutti gli effetti per aver insegnato per 40 anni nelle scuole elementari di Palombara Sabina, formando generazioni di ragazzi, e per questo è stimato e benvoluto.
Il regista Angelo Ricci ai tempi in cui giocava da regista di centrocampo nel Palombara
Ma pochi ricordano, o non ne sono a conoscenza, che Angelo è stato da giovane un provetto calciatore, un punto di forza, il classico regista di centrocampo della squadra degli Juniores del Palombara, vincitrice del titolo di Campione Regionale 1966/67; ne è testimonianza una fotografia scoperta nell’Archivio storico dell’Associazione La Palombella (La Palombella.org) e pubblicata nella pagina della provincia del quotidiano Il Tempo di domenica 6 luglio 1967.
Il primo a destra è il regista Angelo Ricci
Contattato dal quotidiano on line della Città del Nordest Tiburno.TV, Angelo Ricci ci ha rilasciato questa intervista.
Cosa ti stimola a mettere in scena questa particolare commedia dialettale?
Ho letto e riletto questa commedia di Peppino De Filippo trovandola originale, stimolante e con i personaggi della storia, a cui affidare i possibili ruoli, in piena sintonia con le caratteristiche dei miei attori. Una commedia, questa, ben diversa dal modello scarpettiano ampiamente sfruttato dalla nostra compagnia negli anni trascorsi.
Come riesci a mantenere l’autenticità del dialetto senza sacrificare la
comprensibilità per il pubblico?
Io sono monteflaviese e traduco il testo napoletano nel mio dialetto, poi, i traduttori palombaresi, che sono alcuni degli attori, lo traspongono in un palombarese più contemporaneo, “modernizzato” e non in quello di 50 anni fa, dei nonni per intenderci, che le nuove generazioni non parlano più.
Un palombarese, quindi, più accessibile e comprensibile anche dai tanti palombaresi “importati” e i “forestieri” che vengono a vederci, e che dalle esperienze precedenti, si è potuto constatare che essi si divertono.
Quali sono le principali difficoltà nel dirigere attori non professionisti in una commedia dialettale rispetto a una commedia in italiano?
Non vi sono particolari difficoltà nel dirigere l’attore amatoriale nell’esprimersi nel suo dialetto. Sarebbe stato molto più arduo recitare in italiano, perché sarebbero venute fuori le vere lacune dettate da una dizione imperfetta e da una mancanza di preparazione specifica, perdendo di spontaneità.
In che modo il dialetto contribuisce all’atmosfera e al significato complessivo della commedia?
In un paese di provincia il dialetto dà molta espressività alla frase, al modo di porsi, e coinvolge il pubblico, suscitando ilarità e grosse risate.
Vuoi mettere una frase tipo: “mi hanno punto 10 vespe” con una come “M’hau puncicatu 10 lapuni. Stavota non ‘a recconto!”
Puoi parlarci di un momento particolarmente significativo o divertente durante le prove?
Certamente nel corso delle prove, specialmente delle prime prove, non è difficile imbattersi in situazioni simpatiche e divertenti, e noi della compagnia teatrale dialettale Chi n’ha che fa’ , nei tanti anni di vita della compagnia, di queste situazioni ne abbiamo vissute tante.
Il compianto Angelo Moscatelli
Ma quella che come regista mi ha molto divertito e mi è rimasta nel cuore, è quella che vide coinvolto il bravissimo e compianto Angelo Moscatelli e, per questo motivo, ne ho un ricordo pieno di commozione. Il bravo Angelo, entrando in scena, ebbe un momento di amnesia totale.
Momento di panico, allora dalla buca gli suggerii: «Presentati», ma silenzio assoluto, allora quasi affranto gli suggerii ancora: «No! No! devi dire come ti chiami!» e lui, imperterrito ripeté: «No! No! Devi dire come ti chiami!».
Il pubblico tanto si immedesimò nella scabrosa situazione del povero Angelo che sciolse con una risata generale e un caloroso applauso che trascinò anche me e così, anch’io me ne lasciai coinvolgere.
Qual è il messaggio che speri che il pubblico porti a casa dopo aver visto questa commedia?
Noi non lanciamo messaggi. Speriamo e confidiamo che il pubblico esca con il sorriso, come sempre negli anni passati.
Far trascorrere agli spettatori due ore in allegria e far dimenticare loro i problemi di tutti i giorni. Questa è la nostra missione.