TIVOLI – Ospedale in lutto, si è spento il cappellano don Lorenzo

Per 21 anni al servizio degli infermi: tifoso della Lazio, la passione per Bob Marley, il Gospel come forma di evangelizzazione

Ha sempre amato la musica a tal punto da voler trasmettere la parola del Signore in modo gioioso attraverso note e cori, fino a fondare il primo gruppo gospel tiburtino.

Era così don Lorenzo, lo storico cappellano dell’ospedale “San Giovanni Evangelista” di Tivoli, per 21 anni guida spirituale dei pazienti ricoverati nel nosocomio di via Parrozzani.

Il sacerdote di origini nigeriane si è spento venerdì 3 gennaio, dopo quasi due mesi di agonia in un letto d’ospedale a causa di una malattia.

Don Lawrence Ejimofor, cappellano dell’ospedale di Tivoli dal 2003 al 14 novembre 2024

Proprio per questo dal 14 novembre scorso Don Lawrence Ejimofor era stato sostituito nel ruolo di cappellano da Don Jean Junior Arséne Lette, 48enne della Repubblica Centrafricana con cittadinanza italiana (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).

Nato 63 anni fa a Owerri, in Nigeria, sesto di undici figli, in un’intervista al settimanale Tiburno Lawrence Ejimofor si raccontò a 360 gradi, ricordando che all’età di 10 anni serviva messa come chierichetto e che a 15 entrò in Seminario senza prendere i voti.

Insomma, sin da bambino comprese che la sua vita sarebbe stata legata al Signore, anche se uno dei suoi sogni di fanciullo era quello di diventare calciatore in Europa.

Poliglotta con due lauree, una in Filosofia ed una in Teologia, l’arrivo in Italia nel 1989, la consacrazione a sacerdote per la Diocesi di Tivoli il 9 dicembre 1995, anno in cui andò ad abitare presso il Villaggio don Bosco di don Benedetto Serafini.

Dopo un primo periodo trascorso a servire messa presso la chiesa della Madonna della Fiducia, sempre a Tivoli, nel 2003 “don Lorenzo” fu nominato cappellano dell’ospedale tiburtino.

E nello stesso anno fondò il “Tibur Gospel Singers”, l’unico coro gospel presente nel panorama tiburtino diretto dal Maestro Marco De Santis.

Il 20 novembre 2007 don Lorenzo raccontò la sua storia al settimanale Tiburno

Molto propositivo e ricco di speranze, don Lorenzo raccontò a Tiburno di aver scoperto l’importanza del connubio fede-musica proprio leggendo le Sacre Scritture, in particolare il versetto 3 del Salmo 150, che recitava sempre alla sera prima di andare a dormire.

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“Dio mi ha chiamato ed io ho risposto”, spiegò nell’intervista a Tiburno alla domanda su cosa l’avesse spinto ad intraprendere la via del Signore.

Tifoso della Lazio, ottimo chitarrista, don Lorenzo rivelò la sua passione per il blues ed il reggae, oltre all’ammirazione per Bob Marley, per il suo messaggio di amore e speranza, per la sua canzone “Exodus” sulla liberazione dell’Africa.

“La passione della musica nasce dalla lettura delle Sacre Scritture – sono le sue parole nell’intervista rilasciata il 20 novembre 2007 – Con la musica adempio ad una missione per conto del Signore.

Ed è per questo che arrivato a Tivoli mi sono mobilitato ed ho fondato il ‘Tibur Gospel Singers’.

La musica è importante, ogni sera prima di andare a dormire recito un salmo della Bibbia e canto una canzone con la mia chitarra. Faccio sempre dei bellissimi sogni, la musica è anche questo”.

Come le è nata la passione per la musica?

“Mi è venuta in Italia, in Nigeria la mia grande passione era il calcio, giocavo come regista nella squadra dei ‘Raisen Star’.

Poi sono arrivato in Italia e sono stato come illuminato, ho imparato a suonare la chitarra con don Tino a Milano, e da allora non ho mai smesso, ho dato vita al ‘Tibur Gospel Singers’, ma non vi partecipo come corista ufficiale, anche se durante le esibizioni canto tutte le canzoni a bassa voce, dentro di me, per avvicinarmi al Signore”.

Perché proprio la musica Gospel?

“I testi dei cori Gospel cantano la parola del Signore, trasmettono gioia e serenità.

La mia idea di chiesa è anche questa, vorrei avvicinare i giovani alle Fede parlando nel loro stesso linguaggio, trasmettergli la parola di Dio in modo gioioso.

Sono stato a Chicago e sono rimasto molto colpito dal modo in cui si celebra la messa, canti, balli e manifestazioni di giubilo che possono durare anche delle ore, e poi il coinvolgimento del pubblico lascia senza fiato, sul fondo della chiesa usano uno schermo per far cantare i fedeli e l’atmosfera che si respira è magnifica, indescrivibile”.

Quindi la musica come strumento per riavvicinare i giovani alla Chiesa?

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“Certamente, adesso la musica che va per la maggiore tra i giovani è l’hip-hop, sarebbe bello poter usare la parola di Dio unificando il linguaggio della musica dei giovani, magari facendo un bel rap”.

Quanto è importante la musica per lei?

“Tantissimo, sono 3 le cose che mi appassionano maggiormente: la musica, il calcio, e gli scacchi, quando ero piccolo avevo due sogni, fare il sacerdote e diventare un calciatore, poi è venuta la musica”.

Molto spesso la musica africana racconta momenti di gioia pur nascendo da una realtà molto difficile. Come mai?

“E’ una sorta di terapia, la musica aiuta a dimenticare le sofferenze, bastano due accordi di chitarra e tutti i problemi passano per un istante in secondo piano”.

Quando è sul palco si sveste degli abiti religiosi o associa la musica alla fede?

“Chi canta prega, la canzone è una forma di preghiera.

Il mio intento è quello di trasmettere la parola del Signore in modo gioioso, armonioso, la musica è una forma di evangelizzazione e durante i concerti del coro cerco sempre di intervenire per avvicinare gli spettatori alle Sacre Scritture”.

Un auspicio per il futuro?

“L’eguaglianza fra i popoli”.

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