di Elena Giovannini
Tutto pronto per il primo round inaugurale al Motorland Aragon. Emanuele, cosa ti aspetti da questo campionato?
Spero di riuscire a dare il cento per cento, sarà una sfida molto dura perché in pista ci saranno piloti di tutto il mondo e io sarò tra i più giovani. In queste gare il livello è davvero alto, anche perché spesso c’è chi scende di categoria per darsi una spinta, piloti di 26 o 27 anni che hanno quindi molta più esperienza e sono fortissimi.
Come ti stai preparando?
Mi alleno da tutto l’inverno per arrivare preparato fisicamente, oltre agli allenamenti in pista seguo anche un rigido piano di esercizi fisici: faccio nuoto, corsa, bicicletta e palestra. Al contrario di quanto comunemente si crede, la moto richiede livelli di preparazione fisica e muscolare altissimi soprattutto a livello agonistico.
È un sacrificio in tutti i sensi, non solo per gli sforzi fisici quotidiani, ma anche per il tempo che sottrai alla famiglia, agli amici e alle relazioni. Negli ultimi 4 anni non sono quasi mai a casa, vado spessissimo a Milano dove seguo la preparazione di un giovane pilota per lavoro e poi mi sposto continuamente per le gare. È una vita nomade e solitaria molto lontana da quella degli altri ragazzi della mia età e a volte vorrei proprio potermi fermare e avere un po’ di stabilità. Ma il ripensamento dura appena un attimo, perché poi ricordo tutti i sacrifici che ho fatto per arrivare fino a questo punto. È la strada che ho scelto, e anche se a volte non è facile so che non potrei mai vivere una vita “normale”, lontano dalle emozioni che mi regala questo sport.
Da cosa è nata questa grande passione per la moto?
Me l’ha trasmessa mio padre che, insieme a tutta la sua famiglia, ha sempre avuto una grande passione per le moto. Io sono stato il primo “erede” di questa tradizione in quanto unico maschio. Quando avevo 5 anni ho avuto la mia prima minimoto e ho cominciato ad allenarmi, ho fatto tornei fino ai 10 anni e ho vinto parecchi titoli italiani e anche europei. Poi ho smesso e ho ripreso a 14 anni con i tornei italiani nella categoria 600 e infine ora da 3 anni gareggio nel campionato europeo Superstock 1000.
In tutti questi anni hai avuto molte moto, quale è quella a cui sei rimasto più legato e quella che sogni di guidare?
La moto più importante per me è stata la Ducati Panigale 1000, è la moto del mio primo mondiale, quello del 2016 in cui dovetti ritirarmi per una tendinite a entrambi gli avambracci. Una moto che amo e odio: la amo perché si adattava molto al mio stile di guida ma inevitabilmente mi ricorda l’infortunio e quella delusione. La moto dei miei sogni invece è da sempre una moto GP.
Hai un idolo che ti ispira particolarmente quando lo vedi correre in pista?
Valentino Rossi. E’ lui il mio idolo. Quando sembra che non ce la fa, riesce comunque a sorprendere e tirar fuori una mossa impensabile.
E tu come ti definiresti come pilota, il tuo modo di guidare rispecchia il tuo carattere?
In pista sono parecchio spericolato, mi spingo oltre il limite, sono irruento e anche un po’ aggressivo perché spesso faccio sorpassi cattivi. Fuori dalla pista invece sono tranquillissimo, sarà che ho una vita così movimentata nel mio lavoro che fuori voglio stare più calmo possibile! (ride ndr)
Che cosa ami di più della moto?
Le emozioni che mi trasmette, il senso di libertà ,felicità e l’adrenalina. È un po’ come una droga quando inizi non puoi più smettere, cerchi continuamente di riprovare quell’emozione.
Ti è mai capitato di cadere o avere incidenti?
Assolutamente sì, in questo sport è impossibile non cadere mai, a fare la differenza è il modo in cui ci si rialza. Ho avuto parecchi incidenti e ho rotto due volte la clavicola sinistra, una la destra, il perone… senza contare le innumerevoli contusioni. E’ un prezzo che sai di dover pagare e ogni volta dopo poco ero già di nuovo in sella alla moto, una volta ho fatto anche una gara dieci giorni dopo essermi rotto la clavicola…
Chi ringrazieresti per i tuoi successi sportivi?
La mia famiglia, che mi ha sempre sostenuto nonostante mia madre abbia paura delle moto e sia stato durissimo per me e mio padre convincerla a farmi continuare questo sport. Ringrazio anche nonna Elisa, che è venuta qualche giorno fa a Vallelunga per farmi una sorpresa: non era più venuta a vedermi correre sin da quando, alla mia prima gara di mini moto caddi e lei si sentì male e ci portarono via entrambi in ambulanza, fortunatamente non era nulla di grave .
Cosa ti ha insegnato la moto?
Questo sport mi ha cresciuto non solo fisicamente ma anche a livello umano, mi ha insegnato a rimanere sempre umile, a riconoscere le persone false da cui spesso sono stato deluso e a ponderare bene le mie decisioni, a non essere avventato. Infine il sacrificio, la forza di volontà e rialzarsi sempre dopo essere caduti!