In una scena politica determinata da un solo protagonista che per indole sceglie sempre il basso profilo (Mario Draghi) avere uno psicodramma come quello dei Cinquestelle aggiunge materiale all’ingrato lavoro dei cronisti che dovrebbero essere grati al Grillo nazionale per non lasciarli disoccupati.
Proprio quei miseri lavoratori a pochi euro a pezzo che l’Elevatoconsiderava degli sciacalli, debbono ringraziarlo perché gli dà tanto da scrivere.
Non è da meno l’avvocato del popolo, ma si sa con gli avvocati i cronisti hanno sempre avuto una speciale simpatia.
Avvocato ed Elevato sono ora obbligati a una riconciliazione per richiesta delle truppe che non se la sentono di schierarsi per l’uno o per l’altro. Sanno perfettamente che il gioco di trovare nuova candidatura in altre liste li porterebbe alla non essere rieletti. Infatti sarebbero accontentati dai nuovi partiti, ma andrebbero a schiantarsi, non avendo nessuno di loro un voto.
In Italia i voti ce li ha Beppe Grillo (come un tempo ce li aveva Berlusconi).
Da solo, avvalendosi della consulenza tecnica di Casaleggio, ha invento un partito del 33% e con lui tutta la classe parlamentare nessuno escluso. Ha inventato anche il professore col curriculum taroccato. Ed ora è proprio quest’ultimo a contendere il primato perché i sondaggi lo danno come il più amato. Giova ripetere che la simpatia dei sondaggi non ha relazione con altrettanti voti di preferenza. Ne sono testimonianze storiche: Mariotto Segni, Gianfranco Fini, Mario Monti.
Ma mentre il percorso di Giuseppe Conte è chiaro e porta alle rassicuranti mammelle del partito neomoderato che è il PD, Beppe Grillo condanna il movimento al ribellismo che abbraccia ogni antagonismo senza un progetto vero di cambiamento.
Nell’aporia è meglio che queste due anime convivano insieme. Non arriveranno a nulla, ma almeno una sarà uno stimolo per l’altra e quest’ultima sarà un freno per la prima. “Finché dura fa verdura”.