Si sta chiudendo nel peggiore dei modi l’avventura in giallorosso di Nicolò Zaniolo, che in pochi giorni, tradendo fiducia e affetto dei tifosi, è riuscito a passare da idolo della piazza a ospite sgraditissimo.
Dall’esordio alla notte di Tirana
Sbarcato a Roma nel 2018 come contropartita tecnica nella trattativa che portò Radja Nainggolan all’Inter, Nicolò Zaniolo fu lanciato da Eusebio di Francesco in un Real Madrid- Roma dimostrando sin da subito le sue qualità. La rottura dei legamenti crociati di entrambe le ginocchia, uno a gennaio e l’altro a settembre del 2020, ha irrimediabilmente ridimensionato il suo valore e le sue aspirazioni. L’anno scorso ha messo a segno il gol che ha permesso alla Roma di vincere la Conference League, ma negli ultimi mesi il rapporto con la società e la piazza è andato inspiegabilmente logorandosi.
La maglia strappata
La crepa con il popolo giallorosso si è aperta insieme al girocollo della maglia che il giocatore ha strappato, in preda al nervosismo, poco dopo la fine del primo tempo di Roma-Genoa del 12 gennaio, gara valevole per gli ottavi di finale di Coppa Italia. Il gesto, quasi blasfemo per coloro i quali professano la sacralità della maglia, ha rappresentato la goccia che mancava per far traboccare il vaso. Chi infatti gli perdonava con bonaria pazienza prestazioni mai incisive e una crescente frustrazione spesso deleteria per la squadra tutta, ha speso in quell’occasione l’ultimo bonus nei suoi confronti. Non a caso una parte del pubblico alla sua sostituzione lo ha fischiato.
Ma nelle orecchie di un giocatore che aveva già espresso la sua volontà di essere ceduto, tirandosi fuori dal gruppo-squadra e dal progetto tecnico – dettaglio non proprio trascurabile che Josè Mourinho ha rivelato solo tre giorni fa, nella conferenza stampa precedente alla trasferta di Napoli – i fischi sono risuonati come il pretesto perfetto per tirarsi definitivamente fuori dai giochi.
La reticenza dell’allenatore portoghese e dell’intera dirigenza dimostra, contrariamente a quanto si dice nel vivacissimo etere romano, la chiara volontà di tutelare il giocatore. Mourinho infatti, consapevole della poca profondità della sua rosa, ha tentato di nascondere i mugugni e i mal di pancia del numero 22 fin quando ha potuto. Nel post-partita di Roma-Genoa ne ha addirittura preso le difese, giudicando i fischi immeritati. A seguito però dell’assenza con la Fiorentina (inizialmente mascherata con un’influenza intestinale) e soprattutto con lo Spezia, occasione in cui è stato ufficialmente comunicato che Zaniolo non voleva essere convocato, proteggere il giocatore non è più stato possibile. Non se ne vedono i motivi, tra l’altro.
I pregressi
In realtà Zaniolo – e con lui quella folta congrega di parenti, amici e figure professionali che dovrebbero curarne gli interessi sportivi ma che in questi anni non hanno mai perso occasione per dimostrare che forse sono più interessati alla notorietà che al futuro professionale del calciatore – aveva già palesato dell’insofferenza durante la scorsa sessione estiva di calciomercato, quando il suo nome fu accostato per settimane alla Juventus (squadra di cui è tifoso).
Il giocatore non si preoccupò di smentire o di silenziare le voci che circolavano perché era rimasto infastidito dalla mancata offerta di rinnovo contrattuale subito dopo la finale di Tirana e perché la destinazione, tutto sommato, lo aggradava e non poco. Nella calura estiva dell’Algarve capitan Pellegrini, erede della saggezza dei suoi ultimi predecessori, fu capace di porre un argine all’irrequietezza di Zaniolo e a ricondurlo sulla via della discrezione, della moderazione, della correttezza e della riconoscenza verso una tifoseria che negli ultimi due anni lo aveva difeso a spada tratta.
Ma in queste fredde giornate invernali nulla ha potuto frenare la voglia del giovane attaccante di tornare nuovamente alla ribalta per questioni extra agonistiche.
L’ennesimo rinvio del rinnovo di contratto, dovuto alle prestazioni non soddisfacenti e alla distanza tra la proposta del club e le eccessive richieste economiche del suo procuratore, Vigorelli, ha indotto il calciatore a rompere unilateralmente con squadra e società.
Il paradosso: chiede la cessione ma non vuole andar via
Giunto ai ferri corti con la Roma, Zaniolo intravede una via d’uscita facilissima e seducente: il Milan di Pioli. La corte di Maldini, Massara e Ibrahimovic è serrata e l’attaccante sarebbe entusiasta di abbracciare il progetto dei rossoneri. C’è un problema però: l’offerta del Milan non è congrua e le condizioni poste (cioè il prestito con obbligo di riscatto legato alla qualificazione in Champions del club milanese) non danno garanzie alla Roma. L’offerta è dunque rispedita al mittente. Maldini tenta inutilmente di ottenere maggiori risorse (che non può ottenere perché non ci sono) e dunque il sogno di Zaniolo è infranto dalle difficoltà economiche del Diavolo.
La situazione sembra finalmente sbloccarsi quando dall’Inghilterra il Bournemouth fa recapitare un’offerta di 30 milioni di euro più eventuali bonus. La Roma accetta immediatamente (avendo già pronto il sostituto) ma incredibilmente è proprio lo scontento Zaniolo, quello stesso calciatore che ha chiesto la cessione, a non accettare di trasferirsi. Considerando che il mercato si chiude stasera, sarà molto difficile che l’attaccante possa trovare una nuova squadra. Un giocatore che ha chiesto la cessione immediata è nella posizione di poter rifiutare una destinazione con velato disprezzo? Se ne può discutere, ma sorge il dubbio che il suo obiettivo sia quello di fare uno sgarbo e non quello di ritrovare la serenità e giocare a pallone.
La rabbia dei tifosi
Un comportamento simile, legittimo ma eticamente discutibile, ha mandato i tifosi della Roma su tutte le furie. La squadra ne esce infatti penalizzata, con un giocatore in meno nelle rotazioni e un mercato invernale che non è potuto decollare. Sembra incredibile, ma un calciatore che è già stato lontano dal campo un anno e mezzo per due gravi infortuni non ha paura di poterci rimanere ancora, visto che la Roma sembra intenzionato a spedirlo in tribuna da qui fino a scadenza di contratto (nel giugno 2024).
L’atteggiamento di Zaniolo, a ben vedere, non è mai stato tanto caldo e affettuoso quanto quello dei suoi tifosi.
Qualche tempo fa baciò lo stemma della squadra, ma si sa che questo gesto oggigiorno non ha più valore. Col senno di poi sembra quindi che i romanisti abbiano ingenuamente riversato il proprio affetto sportivo su di un giocatore che non lo ha mai ricambiato entusiasticamente, se non con qualche video o vuota didascalia sui social. In queste ultime ore la delusione e la rabbia sono state tali da portare all’affissione di striscioni offensivi e a minacce verbali ricevute dal calciatore nei pressi di casa, con tanto di indignazione da parte dei parenti e di gente comune. (LEGGI QUI)
Dal canto loro i tifosi, seppur comprensibilmente irritati da un calcio che non conosce più riconoscenza e bandiere, devono circoscrivere le proprie azioni entro i confini del rispetto e della civiltà. Non tanto per un buonismo da quattro soldi (perché è ovvio che atti intimidatori non possono essere accettati e in quanto tali devono essere fortemente condannati), quanto per non concedere a Zaniolo la possibilità di scivolare in un comodo vittimismo.
Oggi più che mai risuonano attualissime le parole dello storico presidente giallorosso Dino Viola: “Un giocatore non dev’essere divinizzato, di chiunque si tratti. Quella che tiene il sudore è la maglia”.
(di Federico Laudizi)