“Se non entro, scavalco”, il regista Stefano Calvagna si racconta

Autobiografia dell’artista che per primo in Italia ha fatto di criminali e disadattati i protagonisti del cinema: libro premiato al Fara Film Festival

Ha esordito dietro la macchina da presa 25 anni fa portando alla ribalta la cosiddetta “Banda del Taglierino”.

E si è imposto nel mondo del cinema con “Il Lupo”, la storia del bandito umbro Luciano Liboni vissuto mesi in latitanza e ucciso il 31 luglio 2004 al Circo Massimo in un conflitto a fuoco coi carabinieri dopo una fuga disperata.

Stefano Calvagna nell’immagine di copertina della sua autobiografia premiata al Fara Film Festival

Stefano Calvagna, 53 anni, è un outsider del nostro cinema, forse l’unico regista indipendente del panorama italiano contemporaneo, autore di 31 opere.

Per il suo immaginario, è stato accostato a Quentin Tarantino in quanto rappresentante di una società antagonista in un Paese che tende a mettere sotto il tappeto le persone non facilmente classificabili.

La presentazione in Campidoglio con Emanuele Cerquiglini e Marino Collacciani

A tre anni dall’ultimo film intitolato “Covid-19”, Calvagna torna alla ribalta con “Se non entro, scavalco”, un mémoire di 206 pagine edito da “Castelvecchi” presentato il 3 luglio in Campidoglio insieme al giornalista Marino Collacciani e ad Emanuele Cerquiglini, attore, regista, sceneggiatore, professore associato nella facoltà di Filosofia presso l’UniCampus HETG di Ginevra.

In “Se non entro, scavalco” Calvagna non solo conduce il lettore nel cuore del suo cinema, ma traccia anche i contorni delle sfide di una vita complessa e mai ordinaria che gli è valso un premio importante durante il Fara Film Festival.

Il regista spiega la sua autobiografia ad una lettrice

“Il titolo – spiega l’autore al quotidiano on line della Città del Nordest Tiburno.Tv – è la sintesi della mia vita: ovunque mi sia stato impedito di entrare, io ho scavalcato.

A partire dai concerti, passando per lo stadio, fino ad arrivare a quel lavoro che non avrei potuto fare senza raccomandazioni di alcun tipo.

Mio padre era un semplice orologiaio e col suo nome, Benito, sono stato raccomandato al contrario in un ambiente aperto soltanto a chi ha idee di Sinistra”.

Stefano Calvagna firma le copie del suo libro per alcuni fan

Regista ribelle e provocatorio, Stefano Calvagna ha iniziato la sua carriera in un’epoca dominata, cinematograficamente parlando, dalla commedia e dai sentimentalismi e ha sfidato le convenzioni con pellicole incentrate su personaggi criminali e disadattati, rapinatori, buttafuori, prostitute e pugili, con l’intento di riportare sul grande schermo la vita cruda e la verità celata.

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Una scena di “Senza paura”, il primo film girato nel 1999

Nella sua autobiografia Calvagna ricorda l’infanzia allo Statuario, al quartiere Appio Claudio di Roma, dove da bambino giocava con la video 8 del nonno a girare trash movie e i film di Tomas Milian.

E racconta l’adolescenza e la giovinezza come ultras nei Viking Lazio, fino alla cruenta rapina subita il 22 dicembre 1992 nell’oreficeria del padre Benito a Colleverde di Guidonia, culminata con la gambizzazione del regista.

Un episodio che segnerà la sua esistenza, come il colpo di pistola sparato in un agguato a Roma negli anni 2000.

Il regista Stefano Calvagna alla macchina da presa

“Se non entro scavalco” è un viaggio nei momenti più tragici ma anche in quelli più esilaranti e romantici, il racconto di avventure e ostacoli, fra alti picchi e brusche cadute, con uno stile diretto, dissacrante e spesso divertente, Calvagna accompagna il lettore lungo i sentieri di amori e storie, rabbia e passioni, rivelando con autenticità il passato dell’uomo che ha sempre vissuto ai margini, ma che ha portato una visione e un linguaggio nuovi nel mondo del cinema italiano.

Il regista lo definisce un libro senza filtri, dove per la prima volta si mette a nudo, raccontando episodi taciuti finora anche ai genitori e allo psicanalista, come la violenza subìta all’età di dieci anni, in una sorta di percorso terapeutico nel passato.

Stefano Calvagna sul set di “Vite a perdere” (2004), film sulla Banda della Magliana con Alessio Boni, Alessandro Prete e Giampaolo Morelli

Stefano Calvagna è autore di una vasta filmografia, tutta rigorosamente low-budget, o «love-budget», come ama dire lui.

Il primo film è “Senza paura” (1999), un vero e proprio pulp all’italiana tratto dalla storia vera del gruppo criminale noto come “Banda del taglierino”, per il quale il regista riceve il Premio De Sica al Festival di Salerno nel 2000 e il Premio della Sezione Giovani al Festival Australiano nel 2001.

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Una scena del film “Si vis pacem para bellum”

Nel 2000 dirige, interpreta e produce il suo secondo film, “Arresti domiciliari”.

Nel 2005, Calvagna torna alla regia con “L’uomo spezzato”, un film drammatico incentrato sui danni che può arrecare la stampa ad un uomo, accanendosi nei suoi confronti nel momento dell’accusa, senza riabilitarlo nella società una volta provata la sua innocenza.

Il film vince il premio come miglior film al Telesia Film Festival 2006 e la Fibula d’Oro a Lucca come miglior regia.

Nel 2007 gira “E guardo il mondo da un oblò”, una commedia ambientata in una lavanderia, con il quale vince la sesta edizione del Monte-Carlo Film Festival de la Comédie di Ezio Greggio.

L’attore Massimo Bonetti, protagonista del film “Il Lupo” (2007) sulla storia del bandito Luciano Liboni

Nello stesso anno 2007 è la volta de “Il lupo”, film romanzato sulla vita e la latitanza di Luciano Liboni (interpretato da Massimo Bonetti), che riesce ad approdare negli Stati Uniti con il titolo “The Wolf” e col quale Calvagna vince la seconda Fibula d’Oro in carriera.

La locandina del film di Stefano Calvagna “Non escludo il ritorno” sugli ultimi anni di vita di Franco Califano

Tra gli altri film “L’ultimo ultras” (2009); “Cronaca di un assurdo normale” (2012), presentato sia alla 68esima Mostra del Cinema di Venezia che al Sunshine Cinema di New York; “Non escludo il ritorno” (2014), dedicato agli ultimi anni di vita di Franco Califano; “Si vis pacem para bellum” (2016), “Baby gang” (2019).

Oggi Stefano Calvagna vive tra Londra, dove ha aperto una pasticceria e un ristorante italiani, e Roma, dove girerà un nuovo film.

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