Guidonia – Rissa al funerale nel giorno dei morti. Il feretro scortato fino al camposanto

Sarà per questo che alle 14,30 di venerdì 2 novembre almeno cinquecento persone si erano ritrovate nella chiesa di San Giuseppe Artigiano per dargli l’ultimo saluto al termine di un’esistenza minata da un male incurabile. Avrebbe dovuto essere un funerale unico e indimenticabile nelle intenzioni dei familiari, con tanto di colonna sonora che accompagnava l’uscita del feretro tra gli applausi dei presenti. Invece, i dissapori, i rancori e le vecchie “ruggini” tra parenti hanno rovinato tutto. Una parolaccia se n’è tirata dietro un’altra e un’altra ancora, facendo degenerare il funerale in una lite che ha coinvolto una cinquantina di persone. Nessun pugno, per fortuna, nessun calcio, certo è che per riportare la calma c’è voluto l’intervento delle forze dell’ordine, due pattuglie di vigili urbani, una gazzella di carabinieri e due volanti della Polizia che hanno perfino scortato il corteo funebre fino al camposanto di Montecelio. Per evitare il peggio i militari dell’Arma e gli agenti hanno addirittura diviso le famiglie in lite. Da una parte i figli di Luigino, Michael e Mirko, 23 e 18 anni, che con la mamma Cinzia Salvucci hanno assistito alla tumulazione insieme ai parenti della 45enne, da 24 anni coniugata Meddi. Dall’altra i Meddi, papà Guerrino e mamma Jolanda Augusta Tiberi, 78 e 75 anni, i figli e fratelli del defunto Luigino, Mauro e Silvano, di 52 e 42, le rispettive mogli, i rispettivi figli: dopo la funzione religiosa, tutti a casa in via Cesare Abba, una stradina di Villanova circondata da villette in cortina e dalle case popolari Ater di via Campolimpido dove la famiglia – tutta – abita da quasi ottant’anni.

Una famiglia storica e stimata, non è un caso se tanta gente ha partecipato commossa al funerale del compianto Luigino. Eppure, con le sue divisioni, “messe in piazza” sul sagrato della chiesa, davanti al feretro, nel giorno dedicato ai defunti.
Stando alle versioni di entrambe le parti, a far divampare la scintilla al termine della funzione sarebbe stata un’offesa rivolta da parte di una persona esterna alla famiglia nei confronti di Cinzia Salvucci, proprio mentre la bara del defunto usciva tra gli applausi e la canzone “Un amore così grande” di Claudio Villa la accompagnava in sottofondo.
Pare che in quel momento genitori e fratelli di Luigino fossero ancora all’interno della chiesa insieme al parroco don Romano Massucco, circondati dall’affetto dei conoscenti, quando è scoppiato il pandemonio.
Bloccata la canzone, i figli di Luigino hanno subito preso le parti della mamma. Chi tirava e offendeva a destra, chi strattonava e replicava a sinistra, qualcuno ha deciso di telefonare a 112 e 113 e nel giro di pochi minuti intorno alla chiesa di San Giuseppe Artigiano si è creato un clima da stadio.
A dirla tutta, la tensione si tagliava col coltello fin dalle 3,40 di giovedì primo novembre, quando il cuore di Luigino Meddi s’è fermato nel reparto di Medicina dell’ospedale di Tivoli. Accanto a lui, stremato da una cirrosi epatica che nel giro di un anno ne aveva minato il fisico possente, c’erano i genitori, i fratelli, le cognate e i nipoti. Ma c’erano soprattutto i figli e la moglie Cinzia, che a luglio, dopo 24 anni di matrimonio e 10 di fidanzamento, era tornata a casa dei suoi dopo l’ennesima lite col marito e un diverbio col suocero.
Una scelta che i Meddi non le hanno perdonato, anche se la donna – giurano i figli – l’ha assistito in ospedale di notte quando i familiari di lui non c’erano.
Una notte d’agosto il trasporto urgente in ambulanza al pronto soccorso di Tivoli, poi il ricovero di un mese a Tor Vergata, la risonanza magnetica e la “sentenza” dei medici che oramai non c’era più niente da fare. Il ritorno a casa, la visita di controllo il 24 ottobre sempre a Tor Vergata e due giorni dopo la nuova corsa in ambulanza a Tivoli e il ricovero nel reparto Medicina. Altri 5 giorni di sofferenza, poi la fine.

Marcello Santarelli

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