Con grande spirito d’iniziativa e il coraggio di reinventarsi, Gilberto ha riaperto circa un anno fa una nuova attività nello stesso locale, in pieno tempo di crisi, spinto da una filosofia di vita, oltre che di lavoro, decisamente propositiva, che racconta, senza peli sulla lingua, insieme alla forte esperienza esistenziale che più di tutte ha modellato il suo sguardo verso la vita.
Che cosa ha cambiato nelle sue abitudini di vita l’austerity?
“Ho aperto la mia attività con seimila euro, il negozio era mezzo vuoto, ho dovuto fare dei debiti, ma ho iniziato. Non conoscevo questo lavoro ma mi sono dovuto mettere alla prova.
Tuttora la situazione è difficile, ma per avere anche quel poco in più alla fine del mese, rimango in negozio tutto il giorno, orario continuato e con l’estate cambierò l’orario di chiusura che sarà fino a mezzanotte, per sfruttare il grande afflusso di giovani che s’incontra qui al borgo con la bella stagione. Bisogna reinventarsi.
Cerco di capire i problemi che hanno gli altri, cerco di entrare in empatia con le persone che mi circondano e vedo che questo rende gli animi molto più sereni”.
Come descriverebbe il suo stato d’animo oggi rispetto a cinque anni fa?
“Non soffro di ansia, rispetto alla crisi cerco di vincerla migliorando sia me stesso sia il mio approccio al lavoro, cerco di tirare fuori il meglio dalle attività di tutti i giorni”.
Quali sono le tre cose cui non potrebbe mai rinunciare?
“Alle mie figlie, agli amici e al lavoro”.
Uno studio statunitense sostiene che l’aumento dei suicidi in Italia e in occidente sia dovuto alla mancanza di lavoro. A suo giudizio è proprio così o ci sono altre ragioni?
“Penso che il lavoro possa influenzare le persone, ma il problema è che non ci sono più le basi, le persone dovrebbero cambiare il proprio atteggiamento, dovrebbero reagire, perché una volta la gente moriva di fame, ma non si suicidava. Credo che questo periodo di crisi rafforzerà le persone”.
Secondo lei la crisi sta cambiando gli italiani? Come?
“La crisi ha cambiato gli italiani in meglio, adesso c’è “più anima” di prima, c’è più fermento, non ho alcun dubbio su questo”.
Quali sono gli espedienti messi in campo da lei e dalle persone che conosce per vivere bene anche con l’austerity?
“Conosco alcune persone che per vivere bene hanno più di un lavoro, fanno molti sacrifici, così non hanno di che lamentarsi a fine mese. A proposito della mancanza di lavoro per i giovani, conosco una ragazza di Monterotondo che a soli 18 anni, con gli studi d’alberghiero, è andata in Inghilterra dove ha avuto persino l’occasione di servire il principe della famiglia reale, ora lavora in Australia. Credo che piangersi addosso sia poco produttivo, se si vuole lavorare, il modo si trova. Io corro come un treno e non mi fermo, questo è il mio modo di reagire”.
Cosa le dà questa grande forza di vivere?
“A quattordici anni sono stato dato per spacciato, dopo la diagnosi di un tumore al cervello.
Poi l’operazione e le cicatrici che ho sulla testa, che chiamo “le mie medaglie”. Ora ho cinquant’anni, sono invalido civile e divorziato. Il cancro mi ha insegnato a vivere, e, che nella vita bisogna lottare, per vincere i problemi bisogna affrontarli, non ci devono impedire di vivere. Il cancro mi ha salvato la vita”.