Uno scenario naturale che incanta gli occhi e l’anima dei visitatori, come è successo a Sara, studentessa ventenne di Mentana, che nella prima metà del settembre scorso, ha trascorso 8 giorni con la famiglia in un villaggio a pochi minuti dal centro di Watamu e a 15 kilometri da Malindi, la città Kenyota con il maggior numero di italiani. “Un viaggio – racconta – che mi ha permesso non solo di conoscere nuovi luoghi e confrontarmi con nuove culture, ma anche di riflettere sull’importanza di gioire per le piccole cose”.
Perché avete scelto di visitare proprio il Kenya?
In realtà la decisione è stata di mia madre, voleva visitare questo fantastico posto da molto tempo. Personalmente ero un po’ scettica perché non avevo mai affrontato un viaggio in aereo così lungo e l’idea che l’avventura del safari mi avrebbe portato a dormire una notte in tenda nel bel mezzo della savana mi spaventava un po’!.
E’ stata un’esperienza che non dimenticherò mai… alzarsi all’alba per ammirare il risveglio degli animali e passare due giornate a contatto con la natura vedendo ogni creatura nel proprio habitat e con le proprie abitudini. Trovarsi a due metri da un coccodrillo, dar da mangiare alle scimmiette, vedere giraffe, elefanti, sciacalli, che ti attraversano la strada non è proprio da tutti i giorni, e poi ippopotami, gazzelle, antilopi, zebre, bufali, facoceri… Non siamo riusciti a vedere un esemplare maschio di leone ma abbiamo trovato, dopo una ricerca durata un’intera mattinata, una leonessa con il suo cucciolo.
Esattamente! C’è stato un episodio in particolare che mi ha dato questa sensazione : durante il safari, in lontananza abbiamo assistito all’inseguimento di un branco di zebre da parte di un ghepardo. Nonostante la sua scaltrezza e velocità, fortunatamente per loro, quella volta ne sono uscite sane e salve.
Anche il paesaggio riserva uno spettacolo naturale continuo in Africa, vero?
Si. A Watamu, ad esempio, è molto forte il fenomeno delle maree: ogni 6 ore e 40 si ritirava il mare per poi tornare altissimo e così durante la bassa marea facevamo tutti i giorni lunghe passeggiate a largo. Siamo arrivati a toccare la barriera corallina con i piedi, abbiamo visto stelle marine, ricci, murene, pesci pagliaccio e addirittura un pesce palla.
E la cucina?
Fortunatamente era italiana, lo dico perché la sera che ci hanno preparato la cena tipica sono rimasta molto delusa dai piatti locali. Mangiano una polenta molto dura, da tagliare quasi con il coltello, banane fritte ma non pastellate, riso con la cannella ed altri piatti molto speziati. Mi è piaciuta però la loro frutta, dal cocco appena colto che è molto più morbido del nostro, al frutto della passione, a banane molto piccole e verdi che non si trovano nei nostri supermercati .
Come è stato conoscere la cultura dei Masaai?
E’ stato uno degli aspetti più interessanti di questa esperienza. Vivono in tribù nella savana, per sopravvivere uccidono gli animali, sono animisti, posso avere più mogli, e chi uccide un leone prende possesso di un bastone di riconoscimento per dimostrare l’atto compiuto. Indossano vesti rosse gli uomini, con tre pezzi di stoffa, mentre le donne hanno cinque pezzi di stoffa blu, ai piedi portano i copertoni delle gomme. C’è da dire però che anche queste tribù pian piano si stanno avvicinando alla scoperta dei mezzi della tecnologia moderna come cellulari, automobili e televisione.
Incontrare i bambini in Africa è stata sicuramente l’esperienza più toccante…
Decisamente. Il primo incontro è stato in una scuola dove l’autista del nostro pulmino si fermò sapendo che avevamo portato con noi giochi e vestitini . La struttura era fatta di fango, con tre classi e banchi che non bastavano per tutti quei meravigliosi bambini a piedi nudi e con addosso vestiti laceri che ci hanno accolto con il sorriso. E’ stato impossibile riuscire a trattenere le lacrime…
La loro reazione quando hanno visto i vostri doni?
Mista di gratitudine e stupore. Questo in foto ad esempio è uno dei bambini che ha ricevuto uno dei peluche: lo teneva in mano stretto e gli toccava gli occhi come se non ne avesse mai visto uno. Una bambina, invece, mettendosi a mo’ di zainetto la busta con cui avevamo portato i vestitini se ne è andata tutta contenta.
Cosa ti ha insegnato questo viaggio e soprattutto la gente del posto?
Questo viaggio mi ha arricchito tanto sotto ogni punto di vista, sia culturale che sociale. Il popolo africano ti insegna ad affrontare la vita senza pretendere troppo e gioendo per poco. Lì vivono in case di fango o lamiera, vanno in giro scalzi, con pochi abiti vecchi e sporchi, senza elettricità né acqua corrente, senza automobili, senza strade asfaltate… Eppure sono sempre sorridenti, salutavano tutti il nostro pullman e sembravano vivere in serenità.
Consigli pratici per chi vuole visitare il Kenya?
Il primo consiglio è di non preoccuparsi della minaccia “ebola”, perché il Kenya ha chiuso le frontiere verso i paesi in cui è diffusa l’epidemia. Non abbiate paura per altre eventuali malattie, perché il solo vaccino consigliato è quello anti-malaria ma si può prevenire un’eventuale malattia semplicemente proteggendosi dalle zanzare indossando vestiti lunghi e gli spray, anche perché di solito i letti sono circondati interamente da zanzariere.