La testimonianza di Veronica Del Grosso:
Volevo comunicare una serie di disservizi in tema di gestione sanitaria dell’emergenza covid da parte della Asl Roma 1 e della asl Roma5.
Il 30 settembre 2020 il mio compagno ed io ci siamo recati presso il drive-in di Palombara Sabina per effettuare il tampone.
Essendo lui un contatto diretto di caso positivo ed io un contatto di contatto, hanno deciso di sottoporci a 2 tipologie di tamponi differenti. A me rapido e a lui molecolare.
Io sono risultata negativa e nell’attesa del risultato del mio compagno, mi sono allontanata da casa.
Dopo 5 giorni, stanchi di attendere, abbiamo iniziato a chiamare la asl roma 5 ed io mi sono personalmente recata in loco per chiedere spiegazioni.
Telefonicamente ci dicono all’inizio che non si riesce ad accedere al portale dei referti e che non si può quindi ritrovare l’esito del tampone richiesto. Dopo una serie di sollecitazioni telefoniche da parte del mio compagno e verbali da parte mia che ero in sede asl a Guidonia, riusciamo a sapere che lui é positivo, notizia che ci sconvolge in quanto ci avevano riferito che in caso di positività ci avrebbero chiamato subito.
Invece, per saperlo, abbiamo dovuto smuovere mari e monti dopo un’attesa di 5 giorni.
Alla luce di ciò, io sono costretta a ripetere il tampone, stavolta molecolare, continuando a vivere in un’altra casa nel mentre.
Stanca dei disservizi della Roma 5, decido di recarmi presso la Roma 1, al Santa Maria della Pietà, fiduciosa in un miglior funzionamento. Effettuo il tampone il 6 di ottobre e fino al 12 non ricevo alcuna notizia. Stanca di attendere, decido di appellarmi a conoscenze interne all’ospedale per conoscere l’esito del test. Tramite tali conoscenze scopro di essere positiva anch’io.
La persona che mi aveva girato il referto, avvisa il Sisp della mia positività ( anche se dovrebbe essere il contrario, ossia il sisp dovrebbe informare i cittadini dell’esito dei tamponi). Una delle segretarie risponde allarmata che immediatamente avrebbe dato il mio recapito telefonico al medico della prevenzione affinché mi contattasse ed innescasse le procedure previste.
Ahimé, questa chiamata non mi é MAI arrivata da parte della Roma1. Effettuo, subito, autonomamente le chiamate alle persone con cui ero entrata in contatto nei giorni precedenti, per fortuna poche perché ero stata previdente e mi ero già totalmente quarantenata da una settimana. Il giorno stesso contatto PERSONALMENTE anche il comune di Mentana dove vivo, perché possano avviare nei miei confronti le varie procedure relative soprattutto lo smaltimento dei rifiuti.
Il mio compagno intanto, continua a chiamare la Roma 5 e dopo 6 ore di tentativi, finalmente gli rispondono e può riferire loro due cose: la prima é che quando lui dovrà ripetere il tampone di controllo, se non gli forniranno un servizio domiciliare, sarà costretto ad attraversare tutta Mentana per recuperare la macchina che é parcheggiata dove io sto vivendo, e la seconda è che io sono positiva e quindi devono avviare le procedure di sorveglianza sanitaria nei miei confronti.
Le risposte da parte della dipendente asl sono state che essendo lui molto giovane (32 anni) non poteva usufruire del servizio di tampone domiciliare e che in caso poteva farsi accompagnare da un amico (certo, contagiamo altra gente) e che nel mio caso, pur essendo positiva e vivendo su territorio di giurisdizione della Roma5, avendo effettuato il tampone presso la Roma 1, dovevano essere loro ad occuparsene.
Il giorno seguente mi contattano dalla Roma5, ma non perché il giorno precedente il mio compagno aveva riferito loro che io ero positiva, ma perché, ero il contatto di caso positivo del mio compagno e, convinti che fossi ancora negativa, volevano inviarmi a fare il tampone di fine quarantena.
Questo accade il 13 ottobre. Riferisco quindi loro la mia positività e dico anche che la Roma1 non mi ha comunicato nulla nonostante, dopo averlo saputo per conoscenze interne, ci siamo preoccupati di informare il sisp e che inoltre una collega della Roma 5 era stata informata del mio caso il giorno precedente, ma se ne era lavata le mani dicendo che non era loro competenza.
La dipendente a quel punto rimane sconcertata e mi chiede di girarle il referto. Faccio come mi viene chiesto. Chiedo quando devo ri effettuare il tampone e mi si dice il 16 di ottobre. Nel mentre il mio compagno, riferisce al dipendente asl che lo chiama tutti i giorni, che quando ha rieffettuato il tampone, ha dovuto attraversare tutta la cittadina per poter prendere la macchina e recarsi in loco.
Il dipendente a quel punto é sconvolto e gli chiede se nel tragitto ha incontrato qualcuno e che assolutamente gli spettava di diritto il tampone domiciliato in questo caso. Il giorno dopo, all’ennesima chiamata di controllo da parte dello stesso dipendente, il mio compagno fa presente che ora sono io ad avere il problema della macchina che ora si trova dall’altra parte rispetto a me. E lo stesso dipendente che il giorno prima indignato, aveva detto che dovevamo usufruire del tampone domiciliato, gli risponde “non so che dirle ora i tamponi a casa sono previsti per anziani e bambini”.
Nel frattempo, sono state avviate le procedure di ritiro della spazzatura domiciliato nel miei confronti e la mattina del mercoledì 14 ottobre, si reca presso la palazzina dove sto vivendo, un operatore del comune con tuta integrale, mascherina, visiera, guanti( la tenuta da ospedale per i casi covid) il quale indietreggia quando mi vede nonostante fossimo già a 1 metro e mezzo di distanza, io fossi dietro la porta di casa che
era socchiusa ed avessi anch’io i dispositivi di protezione individuale come mascherina e guanti.
Nel momento in cui mi richiama il comune di Mentana, chiedo loro che senso ha che venga una persona così protetta (la qual cosa mi sembra giusta essendo io un pericolo per la salute pubblica al momento attuale), se poi sono costretta ad attraversare l’intera cittadina per recuperare la macchina perché non mi si assicura il servizio di tampone domiciliato.
La risposta é che il comune si occupa del ritiro dei rifiuti, e la asl dei tamponi e che se anche loro, in quanto comune, dovessero contattare la asl per risolvere questo problema, non verrebbero ascoltati. Quindi il comune ha una competenza e la asl ne ha un’altra ed ognuno agisce a compartimenti stagni senza comunicazione e soprattutto non curanti del fatto che il modo di agire di uno nuoce e va contro le procedure dell’altro. Sempre più basita dico loro che si dovrebbe comunicare di più per evitare questi non-sense. Il 16 di ottobre, mi reco dunque a recuperare la macchina, attraversando mezza Mentana e vado al drive-in di Guidonia in prossimità dell’aeroporto militare. Arrivo alle 8:00 sapendo che apriranno alle 9:00 come era scritto sul sito.
Ma, dopo 2 ore di fila, durante le quali vedo la macchina della asl arrivare e poi andarsene ed i militari aprire e poi chiudere subito i cancelli, vengo a sapere che c’é stato un errore a scrivere sul sito della asl e che i cancelli verranno aperti alle 14:00. Ovviamente stando in piedi dalle 6:15 ed essendo arrivata alle 8:00, alle 11:00 ho estrema urgenza di un bagno che d’altronde si trova dentro allo spiazzo adibito all’effettuazione dei tamponi.
Quindi per evitare di entrare in un bar ( il mio senso civico é ancora troppo forte nonostante sembri l’unica a preoccuparsi del fatto che posso infettare gente), sono costretta a cercare uno spazio, nella natura, sotto la pioggia per fare pipì.
Cerco di contattare la Roma 5 durante le ore passate in macchina per denunciare questo ennesimo disservizio, dovuto ad un orario sbagliato scritto sul sito e mancanza di servizi igienici per potenziali positivi in loco e ovviamente, non mi risponde nessuno. Finalmente alle 14 aprono lo spazio destinato alla fila.
All’entrata, i poliziotti mi chiedono la richiesta del medico per il tampone che io non ho in quanto risultata precedentemente positiva e riferisco loro che il mio compagno ha effettuato il tampone di controllo senza richiesta medica due giorni prima presso la stessa asl. Insistono chiedendomi di lasciar passare le macchine davanti a me, ma mi impunto e proseguo dicendo loro che avrei chiamato il medico mentre mi trovo in macchina in attesa dei 10 veicoli che mi precedono.
Fortunatamente il mio medico di base é una persona disponibile e mi manda subito la richiesta. Per effettuare il tampone a 10 macchine si tarda un’ora e mezza perché, ascoltando, vengo a sapere che qualche macchinario non funziona. Finalmente tocca a me, dunque dalle 8 di mattina riesco ad arrivare a méta alle 15:30. Arrivo, NESSUNO mi chiede NULLA, né richiesta medica, né tessera sanitaria. Cosa che dopo riferirò al poliziotto all’entrata, che ha rischiato di non farmi entrare. Un secondo prima di effettuare il tampone l’operatrice mi dice “Tu sei Vittoria, vero?” Le rispondo di no, che mi chiamo Veronica Del Grosso.
Lei si gira verso il suo collega e gli dice che le ha dato la confezione sbagliata di tamponi.
Ormai troppo stanca per sconvolgermi ulteriormente, dopo aver fatto il tampone (quello giusto),chiedo come riceverò il referto, visto che, dalla mia esperienza ho appreso che, non ogni asl, ma addirittura ogni drive-in si autogestisce anche su questo. Infatti, alcuni chiamano o mandano mail mentre altri inseriscono i dati nel sito della regione da cui si riceve un messaggio con la password per accedere.
Mi rispondono appunto che riceverò il messaggio da parte della regione. Sfiduciata totalmente, esco ma mi fermo all’entrata per un’ora aspettando il messaggio che non arriva. É importante ricevere quel messaggio, visto che é impossibile contattare la asl (ci combatto già da 16 giorni e lo so), potrebbe essere la mia unica possibilità di conoscere l’esito del tampone.
Dopo un’ora di attesa all’entrata, con due mascherine e guanti – nonostante tutto, la prevenzione e il pensiero per gli altri prima di tutto- chiedo ai poliziotti di poter entrare di nuovo a piedi solo per chiedere se i miei dati sono stati correttamente inseriti. Non c’é verso, non é possibile né che entri io né che entri qualcuno di loro per farmi la cortesia di chiedere questa cosa. Me ne vado avvilita, e distrutta dall’ennesima giornata trascorsa presso un drive-in.
Per fortuna mentre parcheggio, mi arriva il messaggio e mi risollevo, momentaneamente. Nel frattempo, il mio compagno ha iniziato a chiamare la asl, per conoscere il suo di esito, visto che sono già trascorsi 3 giorni. Da venerdì 16 ottobre ha chiamato tutti i giorni,tranne la domenica, dalle 10 di mattina alle 17:30 orario massimo di chiamata.
NESSUNO HA MAI RISPOSTO, NESSUNO.
Ovviamente non ci siamo limitati a chiamare, abbiamo mandato anche almeno 3 mail al giorno all’unità di crisi, alla richiesta referti, al direttore sanitario e Sisp della Roma5.
Finalmente, martedì 20 (7 giorni dopo il tampone di controllo del mio compagno e 4 giorni dopo il mio) ci chiamano da un numero privato. É la Roma 5. L’operatrice, spiegandosi in maniera affatto chiara, ci dice che é riuscita a vedere che il mio compagno é ancora positivo ma che in realtà il referto ancora non c’e perché lo stanno refertando ora e che quindi non e sicura al 100%.
Per quanto riguarda me, il mio referto ancora non c’é, non riesce a visualizzarlo. Disorientati da queste parole, le diciamo che abbiamo letto che da decreto del 12 ottobre, dopo 21 giorni senza sintomi, se anche si continua a risultare positivi, si può uscire perché la carica virale é molto bassa e non pericolosa.
Lei ci dice che abbiamo ragione ma che non sa come si applica questo protocollo e che avrebbe quindi chiesto al suo responsabile e ci avrebbe richiamato il giorno dopo, il 21 ottobre in mattinata, per farci sapere l’esito di entrambi i tamponi e cosa avremmo dovuto fare.
Questa chiamata non é mai arrivata. Stiamo ancora aspettando. Inoltre l’ area riservata della piattaforma laziosalute, su cui dovrebbero caricare il mio referto, nel frattempo ha smesso di funzionare.
Ricapitolando, siamo ancora chiusi a casa, senza lavorare, senza sapere cosa dobbiamo fare, senza risposte dai tamponi e senza aiuti da parte del governo.
Questo é quanto per il momento, grazie intanto per il vostro tempo.
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