La mafia non era mai finita dietro le sbarre, prima del 10 febbraio 1986. Boss, clan e killer erano intoccabili e non solo in Sicilia. In quegli anni di terribili faide, in alcune città del Mezzogiorno è adottato pure il coprifuoco dalle ore 20, lo Stato pur sacrificando una serie infinita di uomini dal Commissario Boris Giuliano fino al giovane capitano dei carabinieri Emanuele Basile non riesce a replicare al violento attacco mafioso. Bisogna attendere l’arrivo di due coraggiosi uomini: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, magistrati di punta del pool guidato da Antonino Caponnetto. Quel 10 febbraio tutto il gotha di Cosa Nostra, dai boss più celebrati ai gregari meno conosciuti, si ritrova nell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo. Sono 475 gli imputati portati a giudizio, con circa 200 avvocati difensori. Il processo di primo grado si conclude con pesanti condanne: 19 ergastoli e pene detentive per un totale di 2665 anni di reclusione. A torto, alcuni, identificano il colpo di coda della mafia con le stragi del ’92 e del ’93. E’ necessario rammentare che quei crimini sono stati rivendicati dalla Falange Armata, che era altra cosa rispetto alla mafia. E’ vero Cosa Nostra ha subito un terribile colpo nel 1986, ma non è certo stata totalmente sconfitta.
Il giorno del maxiprocesso alla mafia
Sono 475 gli imputati e 200 avvocati difensori. Il processo si conclude con 19 ergastoli e pene detentive per un totale di 2665 anni di reclusione.
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