Se non proprio un buco nero, quasi, per il terziario in epoca Covid: l’allarme lo lancia l’Ufficio Studi Confcommercio. L’analisi non lascia dubbi: per la prima volta, da 25 anni a oggi, il terziario di mercato ha smesso di spingere Pil e occupazione con quasi 3 milioni di nuovi posti di lavoro creati tra il 1995 e il 2019. Che cosa è esattamente il terziario di mercato? Una variegata realtà che comprende un universo molto ampio di attività: commercio, turismo, servizi di alloggio e ristorazione, trasporti , attività artistiche, intrattenimento e divertimento. Il che si legge: tutti quei lavori che non solo sono pesantemente colpiti dalla pandemia, ma che in molti casi sono proprio fermi. Il risultato? Per la Confcommercio, causa coronavirus, è stato perso quasi un milione e mezzo di posti di lavoro, davanti allo stallo dei consumi di questi settori che erano il fiore all’occhiello della nostra economia. Preoccupanti davvero i numeri: nel rapporto dell’Ufficio Studi Confcommercio “La prima grande crisi del terziario di mercato”, si sottolinea come, dopo venticinque anni di crescita ininterrotta, si riduce la quota di valore aggiunto di questo comparto (-9,6% rispetto al 2019) al cui interno i settori del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti arrivano a perdere complessivamente il 13,2%; i maggiori cali nella filiera turistica (-40,1% per i servizi di alloggio e ristorazione), seguita dal settore delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento (-27%) e dai trasporti (-17,1%). Gli effetti pandemici hanno “impattato” in maniera consistente anche sui consumi con quasi 130 miliardi di spesa persa di cui l’83%, pari a circa 107 miliardi di euro, in soli quattro macro-settori: abbigliamento e calzature, trasporti, ricreazione, spettacoli e cultura e alberghi e pubblici esercizi. E così diventa automatico invocare, come ha fatto il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli, che il Piano Nazionale di ripresa e resilienza appena consegnato alla Commissione Europea, dedichi maggiori attenzione e risorse al terziario “perché senza queste imprese non c’è ricostruzione né rilancio”. Aggiunge il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, “oggi il problema principale è mantenere vivo e vitale gran parte del tessuto produttivo dei servizi alle imprese e alle persone, in primis la convivialità e il turismo, e traghettarne le attività dalla pandemia alla ripresa. Quando i flussi turistici mondiali riprenderanno vigore, se l’offerta italiana non sarà pienamente in grado di soddisfarli, le perdite saranno permanenti”. Ovvero? Per le imprese del terziario è necessario ricevere indennizzi e ristori adeguati per farsi trovare pronte nel momento in cui arriverà la tanto attesa ripartenza.
È buco nero (o quasi) per il terziario
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