Prima li ha autorizzati a prendersi cura dei cani presenti in una struttura sequestrata. Poi ha preteso che gli stessi volontari, trasferissero gli animali in un canile autorizzato e bonificassero la struttura fatiscente.
Tutto a proprie spese.
E’ la paradossale storia capitata alla “Quinto Mondo Animalisti Volontari Onlus”, un’associazione che per ben 17 anni ha accudito i cani ricoverati presso la “Nuova Cuccia”, un canile lager nel Comune di Montelibretti sequestrato nel 2002 dalla Procura di Tivoli per la situazione di degrado e pericolo per la salute l’incolumità pubblica.
A scagionare i volontari da qualsiasi responsabilità imputata dall’amministrazione comunale è stato il Tar del Lazio con la sentenza 5651 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA – pubblicata giovedì 21 marzo.
I giudici amministrativi hanno infatti accolto il ricorso della “Quinto Mondo Animalisti Volontari Onlus” e annullato l’ordinanza contingibile e urgente numero 10 emessa il 25 giugno 2019 dal Sindaco Luca Branciani, revocando l’ordine di provvedere alla bonifica e profilassi ambientale dell’area sulla quale insiste il canile lager.
Nella sentenza il Tar ha ripercorso tutta la vicenda, a cominciare dal 21 maggio 2002.
Quel giorno il Comune di Montelibretti affidò ai volontari la “Nuova Cuccia” appena sequestrata dalla Procura di Tivoli con all’interno 660 cani e 50 gatti.
In realtà i magistrati tiburtini avevano nominato l’allora sindaco come custode giudiziario del canile, ma il primo cittadino si rivolse agli animalisti i quali, per tutelare cani e gatti abbandonati al loro destino, fondarono l’Associazione e il presidente della Onlus assunse la nomina di custode giudiziario.
Col passare dei mesi, trovandosi la Onlus completamente abbandonata con una quantità enorme di animali da gestire e senza alcuna risorsa, il presidente dell’Associazione rifiutò l’incarico, chiedendo la revoca della nomina. Inoltre l’associazione ha più volte richiesto al Comune di assumere la gestione del canile e di individuare una diversa struttura idonea, visto che il lager sequestrato è in un terreno privato.
Il 29 settembre 2003 la Procura dissequestrò la struttura e affidò i cani al comune affinché provvedesse alla loro sistemazione a proprie spese. Invece l’amministrazione li lasciò nel canile e il 4 giugno 2004 confermò l’affidamento della struttura ai volontari, senza neanche più farsi carico delle spese per lo smaltimento dei rifiuti.
Ma non è tutto.
I giudici hanno evidenziato che la Regione Lazio aveva stanziato 300 mila euro per un canile comunale, che non è mai stato realizzato.
L’amministrazione ha inoltre continuato a fare “orecchie da mercante” anche davanti all’accertamento da parte dell’Asl della fatiscenza e non idoneità del canile, perserverando anche dopo la sentenza del Tribunale Civile di Tivoli n. 1414/2013 che condannò l’amministrazione a pagare i danni alle proprietarie del terreno e al trasferimento degli animali presso canili pubblici.
A dare una svolta alla vicenda fu un’ispezione igienico/sanitaria effettuata l’8 aprile 2019, nell’ambito della quale i tecnici della Asl trovarono 47 cani in ottime condizioni, ma la struttura in stato di fatiscenza, con reti metalliche arrugginite e vari materiali di risulta.
La Asl riscontrò l’assenza di titoli autorizzativi per l’attività in essere, per cui i 47 cani furono sottoposti a sequestro amministrativo.
A quel punto, il 25 giugno 2019 il sindaco Luca Branciani firmò l’ordinanza di sgombero e trasferimento dei cani presso idonee strutture autorizzate, nonché di bonifica e profilassi ambientale dell’area.
Il Tar ha annullato il provvedimento in quanto la fatiscenza della struttura era stata accertata fin dal 3 aprile 2002 da parte della Asl che certificò la situazione di degrado, pericolo per la salute pubblica e di incolumità delle persone, nonché di pericolo per la diffusione di malattie infettive tra gli animali e da questi all’uomo.
Nel ricorso la Onlus aveva lamentato di aver subito innumerevoli disagi e danni, chiedendo il risarcimento delle spese sostenute negli anni per la gestione della struttura quantificate in un milione 360.781 euro e 74 centesimi.
Secondo i giudici la domanda era generica, non avendo fornito la prova del danno lamentato, e per questo è stata rigettata.
Il Tar ha negato ai volontari anche il rimborso delle spese legali e di giudizio.