All’esame ha parlato di Antropocene e consumismo, spaziando dal marxismo a Schopenhauer, fino ad analizzare un articolo di Albert Einstein.
Luca Felice, 19 anni, è uno studente dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Majorana-Pisano” di viale Roma a Guidonia e lo scorso anno era risultato l’alunno maschio con una media generale del 9.58, la più alta tra tutti i ragazzi delle scuole medie di secondo grado della Città dell’Aria (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).
Il Liceo “Ettore Majorana”, oggi Istituto d’Istruzione Superiore di viale Roma 298 a Guidonia
Nei giorni scorsi Luca ha sostenuto l’esame di Maturità e ha suggellato il percorso di studi al Liceo Scientifico Cambridge con un diploma da 100 e Lode.
Continua con lui la rassegna del quotidiano on line Tiburno.Tv sulle eccellenze scolastiche dei maturati negli Istituti superiori della Città dell’Aria per scoprire progetti e sogni dei nostri adolescenti e ragazzi (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO SULLA MATURITA’).
Figlio di Stefano, pensionato, e di Rosalba, laureata in legge, Luca vive coi genitori e il fratello a Villalba di Guidonia, ha giocato tanti anni a tennis, ora frequenta la palestra 3 volte a settimana per mantenersi in forma, ama la lettura e scrivere poesie, ma la sua passione maggiore è suonare il pianoforte e comporre musica.
Luca Felice, 19enne di Villalba di Guidonia, 100 e Lode al Liceo Scientifico “Ettore Majorana”
Un ragazzo dai mille interessi che non lo hanno mai distratto dallo studio, tant’è che ha concluso le elementari con 10 in pagella e alle medie è riuscito anche a fare meglio, ottenendo addirittura la Lode.
Alle scuole superiori il risultato non poteva essere diverso.
Cosa rappresenta per te il 100 e Lode?
“Per me il 100 e Lode rappresenta un grande traguardo, ma anche un ottimo punto di partenza per crescere.
Nel corso di questi cinque anni ho studiato duramente e ho sempre dato il massimo per ogni verifica, quindi averlo raggiunto è stata la più grande soddisfazione della mia vita finora.
Penso che veder ripagato il grande lavoro fatto in tanto tempo sia una delle soddisfazioni maggiori della propria vita e questo vale in generale”.
Puntavi al massimo dei voti? Te lo aspettavi?
“Sì, puntavo al massimo dei voti, però ero sinceramente un po’ scettico relativamente a uscire con 100 e Lode perché è effettivamente molto difficile”.
Se ti fossi diplomato con un voto inferiore?
“Se mi fossi diplomato con un voto inferiore, sicuramente ci sarei rimasto un po’ male perché non avrei raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissato, ma comunque non ne avrei fatto una tragedia, nel senso che sono consapevole di quello che so fare e di quello che voglio fare, quindi questo numero non definisce la mia vita, tantomeno la mia felicità”.
– Ti sentivi abbastanza preparato per questo esame finale? Avevi ansia o eri tranquillo?
“Sì, mi sentivo abbastanza preparato per l’esame finale.
Ho avuto un po’ d’ansia alla prima prova e al colloquio, invece ero molto più tranquillo alla seconda prova”.
Il tuo percorso di studi ti ha preparato a questo esame finale oppure avresti preferito che fosse diverso?
Se sì, come?
“Ritengo che il percorso di studi svolto mi abbia preparato in maniera completa per l’esame finale, difatti abbiamo svolto, oltre alle lezioni scolastiche di preparazione, anche lezioni pomeridiane di approfondimento assieme a una simulazione ufficiale per ciascuna delle due prove.
Nella mia classe, poi, siamo riusciti anche a simulare parte del colloquio con vari professori e ogni volta che apprendevamo nuove informazioni venivamo subito coinvolti nel determinare collegamenti tematici proprio come abitudine per la prima fase dell’orale”.
Come è andato questo esame e quale traccia hai scelto?
“Nonostante l’iniziale incertezza sul come procedere durante la prima prova, ho svolto la seconda prova e il colloquio abbastanza tranquillamente.
In particolare, per quanto riguarda la prima prova, ho scelto la proposta B3, ossia quella sull’Antropocene e sul consumismo, sebbene volessi inizialmente svolgere la proposta A1.
Ho scelto la B3 perché sapevo che avrei potuto dare di più sul piano contenutistico e soprattutto non mi piacevano moltissimo le domande di analisi della A1.
Nello specifico, ho parlato delle conseguenze dell’eccessivo consumismo sul clima, del fenomeno marxista di caduta tendenziale del saggio di profitto, che secondo me è profondamente attuale, descrittivo, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, la conseguente discrepanza reddituale tra le varie fasce della popolazione e infine ho parlato del trattato “L’arte di essere felici” di Schopenhauer, mettendo in evidenza come si può combattere l’eccessivo consumismo investendo più su sé stessi, lavorando maggiormente su quello che si è, la propria essenza, più che su quello che si ha, quindi l’apparenza, perché la felicità individuale si basa sulla prima e non sulla seconda. In breve, ci vorrebbe un’inversione di tendenza tra le due.
Per quanto concerne il colloquio, invece, mi è stato proposto come spunto pluridisciplinare una sezione in inglese dell’articolo “On the electrodynamics of moving bodies” di Albert Einstein e, analizzandone il contenuto, ho estrapolato il tema della luce.
Tuttavia, ciò che ricorderò di più del mio orale è il fatto che incredibilmente abbia preso fuoco un cipresso nelle vicinanze il che provocò non poca agitazione collettiva.
Io e la commissione ci siamo ritrovati costretti a cambiare stanza e fortunatamente sono riuscito comunque a gestire come desideravo l’esame, difatti anche il presidente della commissione alla fine si è complimentato per la lucidità”.
Cosa pensi della modalità d’esame?
“Penso che non sia sufficientemente rappresentativa del percorso quinquennale di uno studente. Credo che si debbano assegnare più crediti, dunque non solo massimo quaranta, perché il lavoro che si fa per prendere quaranta crediti è notevolmente superiore a quello necessario per prendere sessanta punti attraverso le tre prove.
Conseguenza di ciò è che ragazzi che magari si sono impegnati duramente nel triennio vedono a volte non riconosciuto completamente il proprio duro lavoro per una sola circostanza, posta a confronto di tre anni, se non più, di grande dedizione”.
Per ottenere risultati simili, quante ore dedichi allo studio?
“Per quanto riguarda lo studio liceale, non esiste una risposta univoca, è variabile, dipendeva dalla presenza di compiti e verifiche.
Ci sono stati giorni in cui, viste le circostanze, mi è servito stare sui libri per anche solo un’ora e altri in cui sono arrivato a sei o più ore di studio.
Per quanto riguarda l’università, invece, voglio studiare il giusto ogni giorno sulla base degli esami che devo dare, però ricercando la massima costanza”.
Come riesci a conciliare studio e vita sociale?
“Non mi è sempre facile farlo perché richiede di organizzarsi in maniera precisa.
Infatti, qualche volta, per salvaguardare impegni pomeridiani, mi sono ritrovato a studiare un po’ anche dopo cena”.
Rifaresti la scelta del Liceo Scientifico?
“Sì, la rifarei, anche se in realtà sarei curioso di sapere come sarebbe andata se avessi scelto il Liceo Musicale o delle Scienze Applicate”.
Quali sono i tuoi hobby e interessi?
“Premetto che ho un grande numero di hobby e interessi, perché in generale sono un amante della cultura. In particolare, il mio principale hobby, al momento, è lo studio del pianoforte e, in particolar modo, la composizione strumentale.
La musica è una delle mie più grandi passioni, ma lo sono anche le discipline scientifiche come la matematica, la fisica e la chimica. Poi c’è la tecnologia e i sistemi digitali, ma anche le lingue, come il francese e l’inglese, non a caso scelsi l’indirizzo Cambridge.
A breve riprenderò ad andare in palestra. Mi piace anche leggere, scrivere poesie e uscire con gli amici”.
Hai scelto l’università?
Se sì, quale facoltà?
Se no, cosa farai dopo?
“Non mi sono ancora ufficialmente immatricolato, però molto probabilmente mi iscriverò a Ingegneria Informatica a Tor Vergata perché è la facoltà che copre il numero maggiore dei miei interessi e soprattutto mi fornisce delle competenze che vorrei usare per dei miei progetti personali futuri, garantendo la massima versatilità in ambito professionale”.
Cosa sogni di fare da grande?
“Considerando l’avvento dell’intelligenza artificiale, di cui mi sono profondamente innamorato per le sue enormi potenzialità da prima del boom che ha avuto, e il fatto che sono una persona molto analitica e che ama ricercare i dettagli, mi piacerebbe molto una professione come il Data Analyst oppure, ancora più bello, ma più difficile, fare ricerca nell’ambito dell’intelligenza artificiale, aspetto diventato fondamentale nelle politiche mondiali attuali”.
– Vorresti rimanere in Italia o andare all’estero?
“Mi piacerebbe rimanere in Italia, però considerando anche le varie possibilità lavorative, mi piacerebbe provare ad andare all’estero, per esempio nel Regno Unito”.
Secondo te il merito è premiato in Italia?
“Secondo me, dire che il merito non è premiato in Italia è sbagliato, perché esistono comunque apparati come l’Albo nazionale delle Eccellenze o gli Alfieri del Lavoro, per citarne alcuni.
Forse un problema è che il riconoscimento del merito non è locale, riguarda troppe poche persone e quindi forse, proprio per questo, il lavoro di tante persone passa in secondo piano”.
– Un tempo gli studenti con una media alta venivano chiamati secchioni e oggi nerd.
Sei mai stato chiamato così?
Ti senti un secchione e quale valenza dai al termine?
“Sì, mi hanno chiamato così qualche volta, ma sempre con un tono scherzoso e non offensivo. Io considero nerd una persona che dedica tutta sé stessa solo allo studio scolastico e io, dunque, non mi ritengo tale, visti tutti i miei interessi.
Secondo me, il termine presenta una generale valenza e connotazione negativa che va a indicare, con un intento generalmente offensivo e denigratorio, una persona che, invece, dovrebbe essere un modello di riferimento, da un punto di vista intellettuale, per gli altri studenti”.
Quanto è importante studiare? E perché?
“Io penso che studiare, indipendentemente dalla materia di riferimento, sia uno strumento fondamentale per la crescita e definizione della persona.
Consente di sviluppare spirito critico e di vedere il mondo con occhi diversi.
Ci consente di vivere meglio la nostra vita, con una maggiore consapevolezza di quello che siamo e di quello che possiamo essere”.
Sei sui social?
Se sì, quanto tempo li usi?
“Sì, sono presente sui social, ma li uso davvero poco”.
Cosa ti rimane di più di questi anni di Majorana? C’è un episodio o un professore che ricorderai e perché?
“Penso che ciò che mi rimarrà di più sia la spensieratezza dei miei compagni di classe, cosa che a volte a me è mancata, però non ci sono episodi, tranne l’albero che ha preso fuoco ovviamente, che ricorderò di più di altri.
Poi ogni mio compagno di classe e professore ha contribuito in maniera significativa alla mia crescita e formazione personale e quindi ringrazio tutte le persone che mi hanno accompagnato in questo percorso.
In particolare, ci tengo a ringraziare alcune professoresse: le professoresse Francesca Giubettini, Franca Pecoraro e Anita Sciò per avermi supportato tutti e cinque gli anni ed essermi sempre state vicine nei momenti di difficoltà, le professoresse Maria Lucia Martino e Anna Piccolo per la loro costante simpatia e tranquillità, la professoressa Federica Valentini per avermi sempre integrato nei vari progetti scientifici della scuola e non e quindi per avermi fatto crescere nell’ambito delle mie passioni scientifiche e la professoressa Lina Laura Sciarratta per la gioia e serenità delle sue lezioni e per avermi fatto appassionare alla letteratura inglese”.
Secondo un luogo comune diffuso sui Social, non è detto che il diplomato col massimo dei voti si realizzi nella vita più di uno studente medio.
Cosa ne pensi?
“Penso che sia vero in generale. Ciò che conta non è tanto il numero, ma la mentalità che sta dietro il numero.
Se l’obiettivo è prendere 75 e il candidato prende esattamente 75 allora è in grado potenzialmente di fare meglio nella vita di chi magari ha preso 90 senza averlo come obiettivo, perché riconosce e definisce esattamente cosa vuole e pianifica in maniera precisa per raggiungerlo.
Ciò che fa la differenza nella vita è la sistematicità”.
Quello appena concluso è stato l’anno della riforma del voto di condotta: bocciatura col 5 e debito formativo in caso di 6.
Secondo te la legge Valditara rafforza il concetto di responsabilità e rispetto nelle giovani generazioni?
E come?
“Secondo me, la legge Valditara pone l’enfasi sull’effetto, piuttosto che sulle cause dei problemi della mia generazione.
Con ciò intendo dire che, se un ragazzo si comporta male a scuola, non è responsabile o rispettoso verso gli insegnanti, è chiaro che si forza una procedura correttiva o al più preventiva attraverso questa legge, però si risolve veramente il problema?
Io sono dell’opinione che bisognerebbe cercare di capire veramente le cause di un eventuale malessere individuale che sono alla base del comportamento sbagliato per cercare di aiutare lo studente il più possibile.
Forse ci vorrebbero più figure professionali per la salute mentale nelle scuole per riuscire a risolvere determinate situazioni”.