GUIDONIA – Un saluto al “sindaco dei sindaci”: addio a Giovanni Battista Lombardozzi

Si è spento a 82 anni: in un decennio cambiò il volto della città sognando i 200 mila abitanti

E’ stato il “sindaco dei sindaci”.

Così lo salutavo incontrando Giambattista Lombardozzi nelle vie di Guidonia.

Il suo profilo di personalità attiene alla leggenda avendo dalla sua una miriade di aneddoti che lo ricordano come figura necessaria in quella Guidonia degli anni Ottanta.

Necessaria perché solo una personalità come la sua poteva tenere in piedi un ambiente così sovraesposto da tendenze totalmente opposte.

La destra dell’Msi con memoria del “glorioso ventennio”, la Dc che era ovunque per dividere ed imperare, i comunisti del PCI in grande ascesa e con grande forza rivendicazionista e poi i socialisti, mediatori per eccellenza.

Ma nel caso di Lombardozzi anche illuminati.

L’ex sindaco di Guidonia Montecelio Giovanni Battista Lombardozzi

Giovanni Battista Lombardozzi si è spento dopo una lunga malattia mercoledì 23 luglio a Roma, dove risiedeva dal 2023 dopo la scomparsa dell’amata moglie Stefania Lucidi.

Nato a Tivoli il 2 gennaio 1943, aveva ottantadue anni ma tutti portati addosso con grande fatica negli ultimi tempi.

Aveva infatti perso quel guizzo tanto gradito al cronista che lo intervistava. Era sufficiente riportare esattamente le sue parole per fare titolo e argomento di attrazione dell’articolo.

Ma non una parola di più.

Apparentemente disinvolto conservava, però, l’attenzione del protagonista della Prima Repubblica.

Se doveva arrivare una stilettata doveva essere esattamente come l’aveva detta lui. Né una parola in più né una in meno. Si rovinava il senso della sua vis polemica.

Giustamente ancora celeberrimo, Lombardozzi ha caratterizzato come sindaco l’età della seconda costruzione di Guidonia.

Dopo la sua fondazione e l’aver offerto le case popolari per tante famiglie provenienti da Roma come di tante altre parti d’Italia, Guidonia ad inizio anni Ottanta si trovava con infrastrutture di primo livello da realizzare. Impianti fognari, strade e illuminazione erano carenti in diversi quartieri cresciuti come autentici centri urbani.

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Il teorema di Lombardozzi fu semplice.

Continuare in questa opera edificatoria facilitando procedure amministrative con l’intento di far realizzare queste opere di igiene civica ai nuovi costruttori dei nuovi lotti.

Con lui Guidonia crebbe a dismisura. E non si sarebbe fermato. La sua missione – diceva esplicitamente – era portarla a una “città di duecentomila abitanti”.

Chi realizzava il nuovo avrebbe però dovuto sanare il vecchio.

Il problema fu che questo non sempre avveniva.

Al giovane lettore va chiarito anche il fatto che si trattava di un’altra vita per gli enti locali.

Non c’erano le normative della riforma arrivata nel 1992 che separa nettamente indicazioni politiche e atti strettamente amministrativi. Il sindaco, se voleva, era un decisore poco sensibile ai condizionamenti e ai vincoli. Lombardozzi guardava solo alle ricadute in termini di crescita per la città e doveva essere una crescita condivisa.

La sua cultura e militanza socialista non veniva mai meno neanche negli atti più autocratici. Lombardozzi era capace anche di qualche raffinatezza al livello di ragionamento politicistico.

Conservava infatti la doppia tessera al Partito Radicale e si diceva un grande sostenitore di Marco Pannella.

Non era craxiano.

Ma il Bettino nazionale lo conobbe bene e si intrattenne con lui anche in amicizia personale. Era normale per lui! Se voleva, Giambattista Lombardozzi era presente in ogni ambiente. Con l’aria scanzonata, sempre spregiudicato, riusciva ad entrare nella sfera delle simpatie di tutti.

Come sindaco socialista riuscì a tenere in piedi giunte sorrette sia da comunisti che da democristiani. Chiaramente in alternanza. Ma a volte non escludeva dei sostegni esterni anche se non espliciti. “L’importante è che ciascuno non si alzasse dal tavolo con la sensazione di fame o di vendetta”.

IL suo corso leggendario ebbe la brusca interruzione dei processi per Tangentopoli. Si trattò di sedici capi di imputazione per abuso di potere per i quali ebbe gli arresti in prigione e ai domiciliari ma dai quali uscì grazie alla prescrizione. Solo in uno di questi fece eccezione.

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La vicenda lo allontanò da Palazzo Matteotti ma non dall’impegno attivo.

Ad ogni nuova elezione tentò il ritorno clamoroso essendo uscito da ogni addebito anche in termini di legge.

La gente lo fermava per dirgli che rimpiangeva i tempi suoi in cui lui prendeva le decisioni e le portava a termine fino alla fine. Solo però che questi elettori di strada non lo votavano effettivamente.

E di questo trovava gran dispetto. Non volle mai capire che la sua fase era finita con la Prima Repubblica e una riedizione non ci sarebbe stata mai più. Era troppo una cosa sola con la politica intesa come progetto, volontà di fare, capacità di mettere tutti attorno ad un tavolo e uscire con la mediazione utile.

Oggi certe mediazioni arrivano da altre sedi (Regione e tavoli nazionali) , quindi, si presentano come belle e fatte agli amministratori che debbono agire prendendo le opportunità come grandi occasioni. Per Giambattista Lombardozzi tutto questo era inconcepibile.

Credette però nella Provincia come possibilità di fondare una nuova sede di mediazione decisiva per le scelte territoriali. La cancellazione dell’ente per trovare la sua trasformazione in Città Metropolitana, insieme alla sua candidatura per uno scranno da consigliere a Palazzo Valentini, gli dette probabilmente la risposta definitiva sul fatto che la sua fase era veramente finita.

Di qui probabilmente iniziò il suo cupio dissolvi, la voglia di sparire, il non esserci più. Essendo stato un vero personaggio storico è la Storia che ha deciso la cessazione del suo passaggio.

Gli sia lieve la terra.

(Angelo Nardi)

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