Alice Felli, guidoniana a lezione da Mogol

Vita e musica si intrecciano e si alimentano l’una dell’altra, dando ispirazione al componimento e abbeverandosi dell’arte nella totalità del suo aspetto. È così che Alice Felli, 22 anni di Colle Fiorito, interpreta la sua passione che la porta ad essere musicista, cantante e autrice di testi, oltre che pittrice e doppiatrice.

Lo scorso giugno ha vinto una delle dieci borse di studio da 3 mila 500 euro disposte dalla Regione Lazio, per frequentare il prestigioso Centro Europeo Toscolano di Avigliano Umbro, scuola di musica, canto e composizione fondata e diretta da Giulio Rapetti, in arte Mogol, il “paroliere” di Lucio Battisti e non solo.

 

Alice, cos’è per lei la musica?
“E’ la vita, la musica sono io. Per due motivi principali: prima di tutto perché avendo un carattere tranquillo, molto pacato, con la musica riesco ad esprimermi, sfogarmi, per non implodere. In secondo luogo credo che ognuno di noi nasca per comunicare e questo si può fare in tanti modi. Io ho scelto la musica, per trasmettere amore”.

 

Cos’è per lei l’amore?
“Il centro del mondo, senza amore nulla avrebbe senso. In un film di Ferzan Ozpetek c’è una citazione: Una vita senza amore è come chiedere ad un albero di non avere foglie”.

 

Le piace il cinema? Quali sono i suoi registi preferiti?
“Ozpetek, Woody Allen, Quentin Tarantino, Pedro Almodovar e Federico Fellini. Tutti generi diversi, io sono un po’ così, una commistione di generi, anche nel mio modo di fare musica”.

 

Per esempio?
“Vedi, quando compongo una canzone è come se dipingessi, cosa che faccio molto spesso. Ho le immagini in mente, come sopra una tela”. 

 

Qual è il suo progetto di cantautrice?
“Finora non ho ancora prodotto un album, perché costa molto farlo ed è difficile trovare qualcuno che ti dia retta, apprezzi e produca quello che fai. Il mio nome d’arte è Alice Noiseless, faccio rock acustico e fino a poco tempo fa ho scritto prevalentemente in inglese. Ora ho deciso di abbattere questo muro linguistico con chi mi ascolta e anche su consiglio diretto di Mogol comporrò solo in italiano. Recentemente sono stata intervistata da Rai Isoradio che da marzo sta passando una delle mie prime canzoni, Emptiness”.

 

Quando l’ha composta?
“Avevo appena sedici anni, vivevo un periodo buio a causa di alcuni disordini alimentari. Ero triste e mi isolavo dalle amicizie, in quella canzone ho espresso pienamente la mia condizione”.

 

C’è una canzone che esprime la sua rabbia e una che esprime la sua gioia?
“Luigi Tenco diceva: “Scrivo sempre canzoni tristi perché quando sono felice esco di casa”. Ed è un po’ così anche per me. “Emptiness” rappresenta entrambi gli stati d’animo: estrema solitudine ma anche gioia di vivere, scoperta grazie alla mia grandissima amica Federica. Quando suono gliela dedico sempre. Lei mi ha aiutato ad uscire da quei mesi tremendi”. 

 

Quali sono i suoi miti musicali?
“Sono cresciuta ascoltando i Nirvana di Kurt Cobain e in generale la musica Grunge. A livello vocale stravedo per Mina, Patti Smith e Tracy Chapman. Il mio sogno è comporre una canzone per Mina, sarebbe un pezzo piccante e riflessivo, un po’ com’è stata lei negli anni ruggenti”.

 

Oltre alla musica cosa c’è nella sua vita?
“Il doppiaggio e l’università, infatti sono iscritta alla facoltà di Lingue e Traduzione di Roma Tre. Ogni giorno faccio la pendolare per andare a seguire le lezioni, poi compongo, suono, vado a scuola di canto dalla professoressa Vincenzina Capone, prima arpa dell’Orchestra Sinfonietta di Roma di Ennio Morricone e prima arpa di San Remo”.

 

E le amicizie?
“Sono quasi tutte nell’ambiente musicale, anche quelle di Colle Fiorito con cui mi incontro per andare ai concerti”.

 

Ha detto del doppiaggio: che lavori ha fatto?
“Vari cartoni animati sia per la Rai che per le televisioni locali, ultimamente mi hanno chiamato per “Teen Days” di Maurizio Michetti, ho lavorato anche per Sky. Purtroppo però non è un impiego che mi rende economicamente indipendente”.

 

Alice e l’Amore: è mai stata innamorata?
“Credo una sola volta a diciotto anni. Una storia non lunga ma intensa, con un musicista come me. Insieme, nel 2008, abbiamo suonato in giro per l’Italia ed è stata un’esperienza che ricordo con tanto affetto. Ora come ora sono single, non penso ad una storia ma solo alla musica”.

 

Com’è il suo uomo ideale?
“Dev’essere un ottimo ascoltatore, appassionato di musica, con gioia di vivere. E dev’essere sincero”.

 

Che rapporto hai con la tua famiglia?
“Fantastico, li adoro tutti. Papà Paolo ha 54 anni ed ha una ditta edile, mamma Rosalia ne ha 52 ed è casalinga. La chiamo la “mamma del mondo” perché è generosa e buona con tutti, è un’amante della poesia. Poi ho una sorella di 27 anni, Elisa, che fa musica rap”.

 

Ha un suo luogo dell’anima?
“Sì, un paesino di nome Ricetto vicino Carsoli, dove abbiamo casa. Adoro stare nella natura, in pace. È lì che ho composto molte delle mie canzoni, appena posso scappo da qui e mi ci isolo, è un luogo di grande ispirazione”.

 

C’è stato un momento in cui ha pensato di dover mollare tutto?
“Sì, due anni fa. Mi diagnosticarono un colesteatoma all’orecchio sinistro. Praticamente avevo perso tutto l’organo uditivo, una mazzata per il mio lavoro. Mi chiusi a riccio, mi annullai totalmente, non volevo frequentare gente che facesse musica, non andavo ai concerti. Poi mi ricostruirono l’orecchio e piano piano mi ripresi, anche grazie ad un amico che una sera di luglio del 2010 mi convinse a fare un concerto a San Gregorio, dopo tanto tempo”.

 

Come si vede tra dieci anni? Crede nella famiglia?
“Non guardo mai così in là, vivo molto il presente. Diciamo che tra tre o quattro anni spero di essere realizzata nel mondo della musica. Per una famiglia c’è tempo, non escludo nulla”.

 

Che ne pensa dei suoi coetanei?
“C’è paura a dire ciò che si pensa, o forse hanno poco da dire. I ragazzi preferiscono andare al centro commerciale o guardare le partite di calcio. Preferiscono emozionarsi per la nazionale piuttosto che andare a fondo di se stessi esprimere se stessi e le proprie idee. Mi fanno un po’ tristezza e un po’ pena. Questa esperienza al Centro Europeo Toscolano però mi sta rincuorando, perché ho incontrato persone diverse, con la testa sulle spalle”.

Valerio Valeri

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