Scontri di Genova contro il G8 … Passati venti anni

Tre giorni da guerriglia che oggi vengono rievocati con sentimento misto tra nostalgia per un'occasione perduta e risentimento per una guerra, quartiere per quartiere, che sarebbe potuta essere evitata

Non c’è giornale che abbia rinunciato a celebrare questo lutto. Al di là dei prevedibili e voluti scontri di piazza ci fu la morte di un ragazzo tra i contestatori. Il giovane Carlo Giuliani protestava contro i potenti della Terra come tanti ragazzi della sua età. Non si doveva arrivare ai termini di questa vera e propria guerra di quartiere in cui l’obiettivo per i contestatori erano diventate le forze dell’ordine.

Sono state dette tante cose su questi tre giorni e tante altre saranno prevedibilmente ribadite, tanto da voler evitare il ripetersi di contenuti compassionevoli. Troppo facile oggi piangere sulle vittime, gridare contro l’ingiustizia del rastrellamento nella scuola Diaz dove i manifestanti si erano riuniti per riposare la notte.

Gli scontri, giova sempre ricordarlo, furono causati dalla contestazione che da tutto il mondo si concentrò su Genova eletta a sede per l’incontro dei nove paesi più industrializzati del mondo. La contestazione che si poneva quindi era contro le cosiddette “misure neoliberiste” che avrebbero portato allo smantellamento dello stato sociale e alla realizzazione di monete forti che, di per sé, contrastano con la flessibilità dell’economia e la facilitazione degli scambi che avvengono tra piccoli soggetti. Quella che si rifiutava era la politica dei grandi comandata solo per difendere posizioni di dominio.

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In questa situazione era elementare che ci sarebbero stati scontri. Ai primi annunciati divieti di metter piede a Genova da parte dei manifestanti si ebbe invece il seguito della massa irriducibile dei Black Bloc che invece arrivarono in massa da tutto il mondo per cercare quel luogo come momento simbolico di scontro.

Sono contesti in cui non si distinguono tra manifestanti e coloro che cercano la guerriglia contro le forze dell’ordine. Succede sempre che siano questi ultimi a prevalere.

Sono condizioni in cui l’intimidazione da entrambe le parti fa scatenare proprio quello che doveva essere evitato. Ai rappresentanti sindacali e delle organizzazioni di sinistra va ascritta la grande responsabilità di aver indicato una linea avventurista mandando al massacro migliaia di giovani auto-convocatisi solo per affermare fortemente la loro diversità da questo stato di cose. Alle forze dell’ordine la cenere sul capo per aver adottato la mano pesante, metodica con la quale le conseguenze escono sempre fuori controllo. Ma soprattutto la mancanza di un’azione preventiva contro i Black Bloc.

Nessuno farà questo. Si parlerà di Genova 2001 come di una Caporetto, assommando testimonianze storicistiche nelle quali ci sono anche le vite che da quei fatti rimasero sospese – come fu per il poliziotto indicato per essere colui che sparò al povero Carlo Giuliani.

Ma la narrazione in cui si ripete lo schema dei buoni e dei cattivi, dei giusti e degli ingiusti, non arriva mai a niente facendo perdere l’occasione di una ricorrenza per un vero ripensamento critico di tutto.

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