Il caso di Valentina Giudicessa

Riuscirà il gatto a cavarsela in tangenziale?

L’attrice, insieme a sua sorella gemella, è balzata a notorietà grazie al film Come un gatto in tangenziale, un successo firmato da Antonio Albanese e Paola Cortellesi. Le due sorelle hanno replicato con il sequel uscito in questi giorni nelle sale dal titolo Ritorno a Coccia di Morto.

Una delle due sorelle è stata recentemente portata a giudizio con l’accusa di aggressione a una donna e sua figlia dopo un banale diverbio in auto per una manovra azzardata. I fatti per cui è imputata risalgono al 2018.

Valentina, stavolta insieme alla sorella che compare con lei nel film come irresistibile coppia comica, precedentemente era conosciuta dal tribunale di Roma e condannata per un episodio di furto e poi per l’improprio utilizzo di una carta di credito. Tutto questo nel 2018 e 2019. Furti per cui gli erano stati comminati gli arresti domiciliari. Tutto questo un anno dopo il film che l’ha resa, se non celebre, quantomeno conosciuta e in grado di poter impostare una nuova vita.

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Con la menzione di questo aggiornamento sulla vita di Valentina si vuole invitare alla riflessione su come un’occasione che può cambiare la vita e proiettare una persona in una dimensione diversa dal mondo di appartenenza non sia sufficiente a dare una svolta. Valentina sembra destinata a replicare il suo destino, così come a rappresentarlo nel film con intenti comici. Somiglia a un personaggio pasoliniano in cui fortuna e sfortuna sono circostanze indifferenti davanti a quel che la vita l’ha portata ad essere.

La situazione trovata non riesce a dare il segno di svolta dal solco esistenziale.

Del resto non è sufficiente un film fortunato (o due) a cambiarti la vita. Serve la volontà determinata in grado di consentire di diventare quel che si è. La rappresentazione della propria vita, semmai, rischia di confermare certi schemi e anche di ritenere possano essere approvati. Ed è una funzione diseducativa del cinema, almeno per chi lo fa. Recitare la propria vita in un film ha dato loro una conferma al loro stile di vita, non una sconfessione o un ripensamento. Ma lo stesso rischia di capitare a un qualsiasi spettatore.

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Valentina recitando sé stessa ha trovato giustificazione e conferma al suo stile di vita deviante. Questo fa parte della capacità diseducativa di dare modelli che può avere il cinema. Ma questo non vale solo per il contingente e specifico caso di Valentina, ma anche per un qualsiasi spettatore che in un film può recepire troppo o male da antieroi creati per fare spettacolo.

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