TIVOLI - Ha superato guerra, prigionia e Covid: il Bersagliere compie 103 anni

Mario Beccaceci festeggia con la famiglia il traguardo record. “Il segreto? Sorridere e farsi gli affari propri”

Sarà che in gioventù è stato bersagliere, che ha combattuto la Seconda Guerra Mondiale e che è stato prigioniero in un Campo di Concentramento. Sarà che nel secolo scorso ha sconfitto la Spagnola e in quello attuale è stato immune al Covid.

Mario Beccaceci di Tivoli Terme, detto “Il Bersagliere”: è nato a Roma il 18 aprile 1920

Si chiama Mario Beccaceci, risiede nel Comune di Tivoli, e oggi, martedì 18 aprile, compie 103 anni (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).

Un evento che oggi pomeriggio verso le 19 festeggerà con una torta insieme alla famiglia nella sua casa ai Lotti Antonelli a Tivoli Terme, dove il Bersagliere abita da solo da vent’anni dopo la scomparsa della sua amata moglie.

Mario Beccaceci tra figli e nipoti insieme ai quali oggi festeggia i 103 anni

Il suo è un volto noto ai lettori del quotidiano on line Tiburno.Tv che negli anni scorsi, il 18 aprile, hanno omaggiato il “nonno record” con migliaia di messaggi di auguri attraverso la pagina Facebook.

D’altronde, la storia di quest’uomo sembra uscire da un romanzo.

Mario è nato sulle rive del fiume Aniene insieme al fratello maggiore Leonida e al terzo genito Giovanni, figli di Zaira Filippi e di Quirino Beccaceci, Capo stazione dello scalo Ponte Mammolo, periferia Est della Capitale, nel tratto ferroviario che collega Roma a Tivoli.

Mario Beccaceci a 20 con la divisa e il cappello da Bersagliere

Dopo le scuole elementari e l’apprendistato in un’officina meccanica di via Tiburtina, nel 1940 fu chiamato al servizio di leva presso il Secondo Reggimento Bersaglieri. Di quell’epoca “Nonno Mario” ricorda molto bene che appena maggiorenne il suo cuore già batteva per Pia Romitò, una ragazza 15enne di Ponte Mammolo che lo avrebbe atteso per tutta la Guerra. Assegnato alla Quarta Compagnia e inserito nell’Officina meccanici, a ottobre del ‘40 il bersagliere fu imbarcato per Brindisi e da qui per Valona a combattere sul fronte greco-albanese.

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Fu un disastro per l’esercito italiano di Benito Mussolini e nella ritirata il centenario di Tivoli Terme finì in un dirupo, una specie di grotta piena di acqua e ghiaccio dove restò per 5 giorni. Ne uscì vivo, ma malconcio, il gelo aveva compromesso la circolazione del sangue dei piedi per cui fu ricoverato prima all’ospedale di Valona e poi trasferito a Bari. Un mese di ricovero nel capoluogo pugliese, poi a Genova e infine ricoverato per tre mesi all’ospedale militare del Celio.

Per rimettersi in sesto gli ci vollero due mesi di convalescenza a casa, dopodiché Mario fu richiamato al Reggimento, prima destinato alla Posta, quindi rispedito al fronte come motorista, nove mesi a Taranto e altrettanti a Marsiglia per liberare la città francese dall’occupazione nazista.

Era agosto del 1944 e Mario finì prigioniero dei tedeschi e recluso in un campo di concentramento di Francoforte di cui ricorda perfino la sigla: “12 A”.

“Mi trattavano bene perché ero motorista, lavoravo con coscienza e gli servivo”, ha sempre confessato in famiglia. Almeno fino al 24 aprile 1946, quando ricorda di essere stato liberato dagli americani e di essere tornato a Ponte Mammolo dove la famiglia di Pia pare fosse sul punto di chiedere a papà Quirino di rompere il fidanzamento.

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Mario Beccaceci e la moglie Pia Romitò, il giorno del matrimonio

Mario il bersagliere arrivò giusto in tempo per chiedere la mano e portare all’altare Pia Romitò. Era il 4 aprile 1948.

Un lavoro da meccanico specializzato presso la “Chimica Aniene” – oggi “Solveig” – due figli, Quirino nato nel 1949 e Anna Rita nel 1952, quattro nipoti, Roberta e Luca dal maschio, Fabiana e Federico dalla femmina, infine cinque pronipoti.

Una vita a Ponte Mammolo, nel 1992 il trasferimento ai Lotti Antonelli in una tri-familiare condivisa coi figli, il 6 marzo 2002 il dolore più grande, la scomparsa dell’amata Pia.

Mario Beccaceci con la compianta Pia Romitò: da vent’anni il Bersagliere vive solo nella sua casa a Tivoli Terme

Da allora un’esistenza da single, autosufficiente, immerso tra hobby e allenamenti.

A chi gli chiede qual è stato il giorno più bello della sua vita, “Nonno Mario” non ha dubbi: La liberazione, il 25 aprile del 1946 – dice – Io sono stato liberato dall’ottava Armata americana, quella che sbarcò in Sicilia”.

Nonostante il traguardo, Mario rifiuta l’etichetta di record-man.

Io non sono un fenomeno, ma uno che si è sempre fatto gli affari propri. La vita bisogna prenderla bene perché se stai col muso patisci sempre. La vita bisogna prenderla a ridere e scherzare, mangiare e bere quello che si può, quando non si può non se magna”.

Tanti auguri “Nonno Mario”.

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