TIVOLI – La guerra, la prigionia e il Covid: i 102 anni del Bersagliere

Oggi Mario Beccaceci festeggia con la famiglia il traguardo record. “Il segreto? Sorridere e farsi gli affari propri”

In gioventù ha combattuto la Seconda Guerra Mondiale restando invalido. E’ stato prigioniero dei tedeschi per due anni in un Campo di Concentramento. Ed ha perfino sconfitto la Spagnola. Eppure è sempre pimpante, arzillo e pieno di interessi. Come ogni bersagliere che si rispetti.

Si chiama Mario Beccaceci e oggi, lunedì 18 aprile, compie 102 anni. Un evento che festeggerà insieme alla famiglia nella sua casa ai Lotti Antonelli a Tivoli Terme, dove il Bersagliere abita da solo da vent’anni dopo la scomparsa della sua amata moglie.

Sembra uscire da un romanzo la storia di quest’uomo nato sulle rive del fiume Aniene, dove mamma Zaira Filippi cresceva lui, il fratello maggiore Leonida e il terzo genito Giovanni, mentre papà Quirino Beccaceci lavorava come Capo stazione dello scalo Ponte Mammolo, periferia Est della Capitale, nel tratto ferroviario che collega Roma a Tivoli.

E’ un pozzo di ricordi “nonno Mario”, una mente lucida ancora in grado di raccontare che dopo le scuole elementari e l’apprendistato in un’officina meccanica di via Tiburtina, nel 1940 fu chiamato al servizio di leva presso il Secondo Reggimento Bersaglieri presso la caserma “Lamarmora” di via San Francesco a Ripa. Da due anni, appena maggiorenne, il suo cuore aveva cominciato a battere per Pia Romitò, una ragazza 15enne di Ponte Mammolo che lo avrebbe atteso per tutta la Guerra.

Ogni pagina della vita di Mario Beccaceci scandisce un momento storico del Paese.

Assegnato alla Quarta Compagnia e inserito nell’Officina meccanici, il bersagliere ricorda che a ottobre del ‘40 fu imbarcato per Brindisi e da qui per Valona a combattere sul fronte greco-albanese. Fu un disastro per l’esercito italiano di Benito Mussolini e nella ritirata il centenario di Tivoli Terme finì in un dirupo, una specie di grotta piena di acqua e ghiaccio dove restò per 5 giorni. Ne uscì vivo, ma malconcio, il gelo aveva compromesso la circolazione del sangue dei piedi per cui fu ricoverato prima all’ospedale di Valona e poi trasferito a Bari. Un mese di ricovero nel capoluogo pugliese, poi a Genova e infine ricoverato per tre mesi all’ospedale militare del Celio.

Per rimettersi in sesto gli ci vollero due mesi di convalescenza a casa, dopodiché Mario fu richiamato al Reggimento, prima destinato alla Posta, quindi rispedito al fronte come motorista, nove mesi a Taranto e altrettanti a Marsiglia per liberare la città francese dall’occupazione nazista. Era agosto del 1944 e Mario finì prigioniero dei tedeschi e recluso in un campo di concentramento di Francoforte di cui ricorda perfino la sigla: “12 A”.

Mi trattavano bene perché ero motorista, lavoravo con coscienza e gli servivo”, ha sempre confessato in famiglia.

Almeno fino al 24 aprile 1946, quando ricorda di essere stato liberato dagli americani e di essere tornato a Ponte Mammolo dove la famiglia di Pia pare fosse sul punto di chiedere a papà Quirino di rompere il fidanzamento.

Mario il bersagliere arrivò giusto in tempo per chiedere la mano e portare all’altare Pia Romitò. Era il 4 aprile 1948.

Un lavoro da meccanico specializzato presso la “Chimica Aniene” – oggi “Solveig”due figli, Quirino nato nel 1949 e Anna Rita nel 1952, quattro nipoti, Roberta e Luca dal maschio, Fabiana e Federico dalla femmina, infine cinque pronipoti. Una vita a Ponte Mammolo, nel 1992 il trasferimento ai Lotti Antonelli in una tri-familiare condivisa coi figli, il 6 marzo 2002 il dolore più grande, la scomparsa dell’amata Pia.

Da allora un’esistenza da single, autosufficiente, immerso tra hobby e allenamenti.

Tanti auguri “Nonno Mario”.

L’INTERVISTA – “IL SEGRETO PER CAMPARE A LUNGO? SORRIDERE E FARSI GLI AFFARI PROPRI”

 

Voce sicura e battuta pronta, se non fosse per l’udito che inizia a difettare, non sembra di conversare con un uomo che ha superato il secolo di vita.

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Mario Beccaceci chiarisce subito l’elisir di lunga vita. “Mangiare bene, mangio ogni 4 ore e il pranzo lo divido in 4 parti: metà primo e metà secondo a pranzo, metà primo e metà secondo a cena, mezzo bicchiere di vino e stop. L’acqua no, l’acqua è cattiva.

Mi piace quasi tutto, ma i miei piatti preferiti sono le fettuccine all’uovo o all’amatriciana. Quando vuole, glieli preparo io”.

Cucina lei?

Io mi faccio tutto da me. Ho la badante che mi rifa il letto e il bagno, a tutto il resto penso io: biscotti, pizze, faccio pure il pane”.

Mi racconta la sua giornata tipo?

La mattina mi alzo sempre alle 6, faccio colazione e poi ginnastica”.

Come ginnastica?

Certo, per le braccia. Fino a pochi mesi fa dopo pranzo facevo anche un’ora di bicicletta per le gambe. Ma sono caduto e ora per sicurezza mi muovo per la casa seduto in carrozzina spingendo con le gambe.

Un’ora la dedico alla cura del cervello giocando a carte, faccio le scopette col morto”.

Ha mai frequentato il Centro anziani?

Mai, non mi piace vedere le altre persone che soffrono, gli anziani mi mettono tristezza”.

In tv cosa guarda?

“Tutto quello che mi piace. Qualche film western, qualche partita, sono tifoso della Roma”.

Guarda anche i film di guerra?

Eh, ce ne ho fin sopra ai capelli”.

Che ricordi ha della guerra?

E’ meglio non ricordare, mi sono fatto pure due anni di prigionia”.

Conserva ancora la divisa e il cappello da bersagliere?

No, i tedeschi ci tolsero tutto e ci diedero la combinazione da prigioniero. Non guardate i film americani, è tutto falso, ci mantenevano come le bestie, ci levarono tutto per darci la roba dei morti. Perfino le gavette ci tolsero e ci diedero i barattoli di conserva per farci mangiare. La divisa chissà che fine ha fatto”.

A casa non conserva neppure un cappello da bersagliere?

Non ce l’ho perché quando sono tornato dalla guerra i tedeschi da casa dei miei genitori avevano portato via tutto”.

Come definisce la guerra?

Un disastro, specialmente nei primi anni, sconfitte a destra e a sinistra, c’erano troppi tradimenti Chi c’è andato di mezzo è stato l’Esercito”.

Della prigionia quale ricordo ha?

Ero prigioniero vicino a Francoforte, al campo di concentramento 12A: i tedeschi ci portavano a lavorare, chiedevano gli specialisti e io che avevo il mestiere fui mandato in fabbrica. Poi quando avevo tempo andavo a raccogliere i resti dei tedeschi sotto i bombardamenti”.

Lei ha vissuto la guerra e la prigionia: ha mai avuto paura di morire?

Tante volte. Una volta bombardarono la stazione, per errore lanciarono una bomba nel campo di concentramento e ammazzarono duecento americani arrivati la sera prima e alloggiati dentro una capanna. Li hanno fatti tutti secchi“.

Ha ancora paura della morte?

Adesso no, oramai sono tranquillo”.

Quando vede in tv le guerre negli altri Paesi del mondo cosa prova?

Provo pena per quelle persone innocenti che ci lasciano la pelle. La pelle dovrebbero lasciarcela quelli del Governo che ci hanno portato a ‘ste condizioni. Loro litigano e la gente si sta morendo di fame.

Ora in tv vedo la Russia invadere l’Ucraina: per la mia esperienza posso dire che le guerre sono inutili, portano soltanto morte e fame”.

L’amore per lei cosa è?

Un sentimento grandissimo per la moglie, i figli e i nipoti. Mi dispiace morire e lasciare questi nipoti che ho, però la Natura è questa”.

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Qual è stato il giorno più bello della sua vita?

La liberazione, il 25 aprile del 1946. Io sono stato liberato dall’ottava Armata americana, quella che sbarcò in Sicilia”.

E il giorno più brutto?

Dopo l’armistizio, il 14 dicembre 1943 partimmo da Marsiglia e a metà strada con Tolone ci fermarono i tedeschi con un carro armato, ci hanno preso e portato alla stazione. Ci fecero un discorso, avevano dei fogli, ce li consegnarono dicendo: “Prendete il treno e andate a casa: siete tutti congedati”.

Ci fecero entrare in un locale, ma dietro la porta c’erano due tedeschi armati di un fucile mitragliatore. Così ci caricarono dentro un camion e ci portarono al campo di concentramento. Quello fu il giorno più brutto della mia vita”.

Con quanti soldi vive al mese?

Coi 170 euro d’invalidità e circa 900 euro di pensione da lavoro”.

Secondo lei i 170 euro sono proporzionati a quello che lei ha dato alla Patria?

Chi comanda fa le leggi, con chi vai a litigare?”.

Quali valori ha trasmesso ai suoi nipoti e pronipoti?

La prima è l’onestà, la seconda è l’educazione”.

Lei che uomo si definisce?

Sono sempre stato una brava persona, non sono mai stato invidioso di niente, ho fatto sempre una vita tranquilla”.

Mario, qual è il suo pregio?

La pazienza”.

E il suo difetto?

La pazienza un po’ forzata”.

Lei è credente?

Dopo quello che ho passato ci credo al 100%, Dio esiste e ognuno di noi ha il suo destino”.

Qual’è stata l’ultima volta che ha pregato?

Io prego tutte le sere e la mattina, prego per tutti i morti e per i vivi mentre quelli cattivi li lascio da parte”.

Mario, qual è il suo sogno?

La felicità per tutti, buoni e cattivi”.

Cos’è la felicità per Mario?

I quattrini in saccoccia, se non hai quelli non hai amore, non hai niente”.

E’ contento della vita che ha fatto?

Levando i guai, sono contentissimo e la rifarei cento volte”.

Che ricordo ha di sua moglie Pia?

Una donna di quel genere non si troverà mai. Ci siamo fidanzati che io avevo 18 anni e lei 15, la sua morte è stata tragica, ha avuto un ictus. Le avevo preparato il brodo di gallina, l’ultima parola che mi disse: “Mario, ce lo hai messo il parmigiano? Mentre le portavo il brodo è deceduta”.

Mario, ha paura del Covid?

Certo mi dispiacerebbe fare una morte del genere, per questo ho fatto tre vaccini. La sa una cosa?”.

Cosa?

“Tutti i miei parenti vaccinati hanno accusato malesseri dopo la dose, io non ho sentito nemmeno il dolore al braccio.

Quando ero ragazzo mia sorella morì a causa della Spagnola, malattia della quale all’epoca non sapevamo niente. Credo che sarà così anche per il Covid, magari si scoprirà la cura giusta tra cent’anni ma stavolta io non ci sarò: se mi impegno posso arrivare a campare fino a 110 anni”.

Mario, per lei qual è il senso della vita?

Essere felici e mai abbandonarsi a se stessi”.

Mario lo sa che lei è un fenomeno?

No, io non sono un fenomeno, ma uno che si è sempre fatto gli affari propri. La vita bisogna prenderla bene perché se stai col muso patisci sempre. La vita bisogna prenderla a ridere e scherzare, mangiare e bere quello che si può, quando non si può non se magna”.

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