GUIDONIA – L’Inps vuole cacciare di casa una malata grave, il Tar blocca lo sgombero

L’Istituto contesta alla donna la proprietà di un alloggio a Tivoli. E i vicini non la vogliono nel condominio

Un Ente pubblico vuole cacciarla di casa in quanto già proprietaria di un alloggio nel vicino Comune di Tivoli, ma incompatibile col suo stato di salute.

I residenti la ritengono “scomoda” a causa dei disagi che la sua presenza arrecherebbe all’intero condominio.

E’ la storia di una donna residente nel complesso di proprietà dell’Inps in zona “Camionabile” a Guidonia Centro. Una donna affetta da una patologia rara, gravemente invalidante che la rende intollerante a un vasto numero di sostanze chimiche, il cui semplice contatto – attraverso qualsivoglia vettore, anche aereo – è sufficiente a sviluppare fenomeni allergici, dermatiti, sintomatologie dolorose osteo-articolari e gravi crisi respiratorie.

La sua storia emerge dalla sentenza numero 16952 –CLICCA E LEGGI LA SENTENZA– pubblicata lunedì 13 novembre dal Tar del Lazio.

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso presentato dal padre della donna, suo Procuratore Generale, annullando la nota con la quale il 6 maggio 2019 l’Istituto ha negato la conclusione del procedimento di “sanatoria” per l’occupazione sine titulo dell’appartamento di proprietà Inps.

In poche parole, l’Istituto di Previdenza Sociale considerava abusivi padre e figlia in quanto proprietari di un altro immobile a Tivoli, pur avendo pagato sempre l’affitto e perfino la sanatoria.

Secondo la ricostruzione dei magistrati del Tar, la vicenda ha inizio nel 2010.

Fino ad allora la donna abitava nella zona di Cesurni, nel territorio di Tivoli, insieme al padre e alla mamma, scomparsa nel 2013, anche lei affetta da “sensibilità chimica multipla” (anche nota come M.C.S. o “sindrome immuno-tossica-infiammatoria”). Patologia rara per la quale non esiste cura, circostanza che costringe chi ne è affetto a salvaguardarsi evitando ogni fonte di contatto con gli elementi che provocano reazioni allergiche, con tutte le deteriori conseguenze del caso, sotto il profilo psicologico e relazionale.

Di fatto, la donna non può esporsi all’aria aperta senza protezioni, per questo motivo vive da anni rinchiusa in casa. Viveva così anche nell’alloggio a Cesurni, dove a partire dal 2009 sono iniziati i lavori di raddoppio della tratta ferroviaria Roma – Pescara, comportanti l’innalzamento dei livelli di polveri e inquinanti già presenti nel comprensorio.

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A quel punto l’appartamento a Tivoli Terme era divenuto sempre più gravoso, quando non pericoloso per la stessa esistenza in vita della donna e della compianta mamma. Da lì la decisione di trasferirsi nella casa sulla “Camionabile” a Guidonia, all’epoca di proprietà Inpdap – poi confluita nel patrimonio Inps – e nella disponibilità di un’anziana signora come usufruttuaria.

Una casa in un posizione ritenuta più salubre nella quale l’uomo apportò tutti gli accorgimenti necessari per preservare moglie e figlia dai disagi della M.C.S. con modifiche murarie e l’acquisto di mobilio più idoneo per materiali e assenza di elementi ritenuti allergenici o, addirittura, tossici.

Ma il 5 maggio 2011 l’anziana signora che li ospitava è deceduta, per cui la famiglia divenne sostanzialmente occupante abusiva dell’alloggio e avviò le pratiche per essere regolarizzata.

Agli atti del Tar risulta che il 23 novembre 2018 il genitore liquidò all’Inps 26.985 euro, l’importo dovuto per l’abusiva occupazione dell’alloggio a tutto il 30 novembre 2018, impegnandosi a pagare 295,57 mensili a titolo di canone di locazione agevolata da corrispondere a partire dal mese di dicembre 2018.

Tuttavia il 6 maggio 2019, l’Istituto ha comunicato a padre e figlia di aver riscontrato un “impedimento alla concessione della sanatoria contrattuale” poiché, “a seguito di ulteriori controlli”, era emersa la proprietà dell’alloggio di Tivoli, circostanza ritenuta dall’istituto ostativa in quanto, testualmente, “l’essere proprietari di altri immobili che abbiano caratteristiche tali da essere destinati ad idonea abitazione del nucleo familiare e che si trovino nello stesso comune od in quelli limitrofi rispetto a quello in cui è sito l’appartamento occupato, rappresenta un impedimento alla concessione della sanatoria”.

Così padre e figlia hanno trasmesso all’Inps la perizia tecnica del 7 giugno 2019 attestante la “non idoneità” dell’alloggio di Tivoli ad ospitare la donna, per la perdurante presenza dei lavori di raddoppio della ferrovia e delle avanzate condizioni di degrado dell’alloggio, sia a causa del fenomeno della subsidenza che caratterizza l’intero abitato e ne comporta il progressivo sprofondamento verso il basso, sia a causa dei livelli di inquinamento generati dal cantiere ferroviario e della presenza, nelle immediate vicinanze, di due tralicci dell’alta tensione e una cabina elettrica.

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Il Tar ha chiarito che i requisiti per accedere al programma di regolarizzazione sono due: il regolare versamento dei canoni di locazione (anche a sanatoria, come avvenuto nella fattispecie proprio a seguito di espressa richiesta dell’I.N.P.S.) e il non essere proprietari di altra abitazione adeguata alle esigenze del nucleo familiare nel comune di residenza.

La proprietà di un altro immobile, pertanto, non è di per sé preclusiva alla regolarizzazione, non lo è nemmeno la proprietà di un immobile a destinazione residenziale.

Risulta ostativo soltanto la proprietà di un’altra “… abitazione adeguata” in cui il nucleo familiare può legittimamente (e dignitosamente) abitare rispetto a quello di proprietà dell’istituto previdenziale.

Il provvedimento di sgombero dell’Inps è viziato da difetto di motivazione e istruttoria, in quanto privo di una rigorosa e puntuale istruttoria in ordine alla sussistenza, o meno, del requisito della “adeguatezza” riferito all’abitazione di padre e figlia a Tivoli Terme.

Vale la pena evidenziare che nel giudizio davanti al Tar si costituito ad opponendum anche il condominio sulla “Camionabile” in cui padre e figlia vivono per sostenere la fondatezza del provvedimento di sgombero, rappresentando che “l’accoglimento del ricorso, oltre a creare un grave danno all’interesse pubblico, recherebbe un grave pregiudizio anche ai condomini, che hanno sempre agito nel pieno rispetto della legge, con notevole danno patrimoniale e non”.

I giudici del Tar hanno rigettato l’istanza degli inquilini in quanto non tiene in alcun modo conto del dovere inderogabile di solidarietà previsto dall’articolo 2 della Costituzione.

“E’ evidente – si legge nella sentenza – che l’asserito e non provato pregiudizio di fatto che avrebbe il condominio dall’accoglimento del gravame – così come genericamente dedotto dall’interveniente in termini di “complessità” della coabitazione con un nucleo familiare che soffre una situazione di particolare gravità – non appare idoneo a legittimare l’intervento ad opponendum”.

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