Trovare un percorso: “una via in cui le donne conquistano l’eguaglianza perché libere di crescere, libere di sapere, libere di essere libere”. L’intervento è del presidente della Repubblica, Onorevole Sergio Mattarella, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
L’intervento è inusitato per il massimo esponente dello Stato che assai raramente interviene nel merito di una mobilitazione di popolo, perché ogni manifestazione ha in sé una vertenzialità e riconosce un avversario o un obiettivo che gli è precluso. Il Presidente, essendo presidente di tutti, si pone più come arbitro e non può dire da quale parte sta.
Queste manifestazione per la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne segna qualcosa di speciale e di nuovo. Si tratta di una mobilitazione della portata tale che inevitabilmente dovrà portare a qualcosa di nuovo nell’impegno generale e anche nella presa di coscienza. Tra il monito a rinsavire da parte di diverse coscienze maschili anche qualche accentuazione discutibile, tipo cancellare nel glossario modi di dire che alimenterebbero la cultura della primazia del maschile sul femminile. Pur essendo vere è impossibile porre una riforma del linguaggio. Si tratta di quanto più deformante e dittatoriale si possa proporre. Il linguaggio è sempre la manifestazione sintomatica di uno stato, di un modo d’essere. Non si possono curare le deformazioni mentali e culturali partendo dalle manifestazioni da cui fuori escono.
Ma sempre sul linguaggio è proprio Sergio Mattarella a dare la rivoluzione pacifica presente in questa manifestazione.
Con il monito “libere di essere libere” Mattarella coglie una dimensione pericolosamente condizionante nell’esortazione alla libertà. Anche la libertà se evocata come necessità diventa la negazione di sé perché implica la negazione del perseguimento del suo contrario – che comunque attiene a una scelta libera.
“Libere di esser libere” allora salvaguarda lo spessore della libertà secondo due significazioni. La prima si tratta della scelta individuale, quella di aderire al modello di vita preferito. La seconda quella di una libertà sociale in cui la persona non riconosce su di sé alcun legame e protende per la mancanza di legami (in tal senso la soggettività si pone in relazione ad altre soggettività decidendo volta per volta quali tipi di contatto stabilire).
Mattarella ha fatto bene a scandire i due livelli e gradi di libertà, entrambi da salvaguardare. Nella speranza che le manifestazioni di oggi recepiscano il messaggio e con loro la società per intero.