L’economia sommersa vale un Pil di 11,9%, un qualcosa come 211 miliardi di euro che arriva da contrabbando, prostituzione, commercio di droga, riciclaggio ma anche da tanto lavoro in nero (quello svolto dagli “invisibili” in edilizia e ristorazione, ad esempio, non dimenticando gli affitti). È l’Istat a rilevarlo a proposito della cosiddetta “economia non osservata nei conti nazionali”. I dati si riferiscono agli anni 2015-2018 ma non sono pochi gli spunti per capire un rialzo delle cifre causa Covid che ha reso tante categorie di lavoratori irregolari ancora più fantasmi e difficili da individuare dai canali ufficiali.
Secondo il rapporto, le unità di lavoro irregolari nel 2018 sono state 3 milioni 652 mila, in calo di 48 mila unità rispetto al 2017.
Entrando nel dettaglio, per l’Istituto Nazionale di Statistica, il 40,3% del sommerso economico si concentra nei settori di commercio, trasporti, alloggio e ristorazione, dove si genera il 21,3% del valore aggiunto totale.
La percentuale di sommerso nei servizi alle persone (dai badanti ai baby sitter ai collaboratori domestici) è del 36,1%. È invece meno presente nei comparti industriali in senso stretto, dove risulta tra l’1,2% e il 3%.
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