SETTECAMINI – “Questa Riforma ha fiducia nella gioventù italiana: voto 8 e mezzo”

RIFORMA DELLA SCUOLA - Intervista a Valentina Orsini, 19enne studentessa di Giurisprudenza

Latino alle medie, Bibbia alle elementari e scrittura a mano.

Sono soltanto alcune delle novità contenute nel decreto-legge che introduce le Nuove Indicazioni Nazionali (i nuovi programmi) per le scuole elementari e medie a partire dall’anno scolastico 2026-2027.

Una Riforma che fa discutere quella del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).

 
 

Per questo il quotidiano on line Tiburno.Tv ha intervistato gli addetti ai lavori, registrando le opinioni di presidi da una parte e studenti dall’altra.

Valentina Orsini, 19 anni di Settecamini, a luglio 2024 si è diplomata con 100/100 al Liceo Linguistico presso l’Istituto d’Istruzione superiore di viale Roma (l’ex Liceo Ettore Majorana) ed è iscritta al primo anno di Giurisprudenza presso l’Università “La Sapienza” di Roma.

Il suo obiettivo al momento è diventare avvocata oppure intraprendere una carriera nella Polizia di Stato come commissario.

– Ritiene formativo inserire l’opzione del Latino facoltativo in seconda e terza media anche per gli alunni che sceglieranno un Istituto secondario superiore in cui non si insegna il Latino?

“Avendo frequentato un liceo linguistico, di Latino mi spettavano solo due ore a settimana, per due soli anni. Ricordo quelle ore come l’incubo peggiore del mio biennio.

Eppure se ora penso a qualcosa capace di mettermi alla prova, tenermi fissa, concentrata su una frase, una parola, una virgola non mi viene in mente niente, solo lui. Mi snervava in una maniera quasi stuzzicante.

Era una sfida.

C’era bisogno che fossi dinamica, pragmatica, schematica. La mia Professoressa lo diceva sempre: “Apprezzerete questa lingua quando non potrete farla più”. Quel che più mi dispiace è doverle dare ragione, mi dispiace averlo lasciato sul più bello, prima di poter assaporare la sua letteratura.

Perciò più che formativo, lo definirei un addestramento. Sul dizionario tenevo mille occhi, in mano dieci matite, riuscivo a sentire la mia mente pulsare, eppure sotto avevo cento parole e un foglio protocollo solo.

Dopo una verifica non rimaneva niente, neanche il voto, solo stanchezza e fiatone. Perchè quello che lascia il Latino quando passa non lo possono vedere due occhi normali. È fegato, sono muscoli al cervello, che fanno delle altre materie la passeggiata dopo una corsa tremenda.

Quindi si, lasciamo ai giovani la scelta: andare in palestra o meno.

Che non sia solo grammatica, che siano le idee di chi lo parlava a rimanere impresse. Che i ragazzi sappiano che qualcuno tempo fa ha creato una lingua da zero e l’ha fatta parlare a tutta Europa, che da lì ne sono nate altre cento, che in quella lingua alcune delle parole più belle sono state pronunciate.

Prima lo sapranno, prima prepareranno a tutto la mente”.

– Come considera l’inserimento dello studio della Bibbia per rafforzare le conoscenze delle radici della cultura italiana?

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“Quella della Bibbia è sicuramente un’opzione stimolante.

Conoscendomi e conoscendo i miei coetanei direi che potrebbe peccare di noia se non proposta a dovere. Del libro più letto al mondo, del pane di cui i nostri nonni e bisnonni si sono nutriti è però bene che si conosca un minimo.

Se accompagnata da gite e materiali multimediali potrebbe diventare un’alternativa che formerà ragazzi di cultura, capaci di spaziare su più fronti e senza troppa fatica”.

– Non crede che sia opportuno inserire lo studio delle Religioni Comparate (Islam, Buddhismo, Induismo, Shintoismo)?

“Assolutamente si. È quello che ci fu proposto dalla Professoressa di religione durante l’ultimo anno. Una chiaccherata lunga mesi che suscitò interessi e dibattiti.

Un modo efficace per far capire ai ragazzi che esiste molto altro, che non tutto finisce con le abitudini e le tradizioni del nostro Paese.

Ogni settimana video, film e articoli su religioni praticate dall’altra parte del mondo. Spesso stili di vita così diversi che mamma mia, ne vuoi sapere sempre di più.

Perciò, secondo il modesto parere di una ex-studentessa, non sarebbe male spaziare un po’, dare ai ragazzi più alternative. Almeno una volta nella vita tutti hanno sperato di volare altrove.

Uno scambio di idee, di pensieri, un giro del mondo a tutto tondo non farà male a nessuno, anzi”.

– Ritiene che l’insegnamento della Geo-Storia negli ultimi 15 anni sia stato utile?

“Credo che fondamentale per lo studio sia la Storia in generale. Non è pesante, tutt’altro. È necessaria. Poichè per capire il presente dobbiamo partire dal principio, capire il presente per capire la storia.

Così come fa il programma. Comincia dalle origini, dal nulla, poi ci mostra com’è nato il mondo, com’è diventato, segue il suo sviluppo sino ai nostri giorni.

Non potremmo capirli questi nostri tempi se non partissimo dal 1989, dal crollo del muro di Berlino, dalla fine del mondo diviso in due grandi Imperi.

A loro volta gli equilibri che crollarono nell’89 erano figli della fine della 2° Guerra mondiale.

Ma quelli sconvolti dalla 2° Grande Guerra erano in realtà l’onda lunga della 1°.

Quello che succede oggi, noi lo comprendiamo alla luce della storia, senza la quale non esisterebbe Geografia”.

– Ritiene utile tornare allo studio di testi “a memoria”? E perché?

“La memoria sarebbe meglio conservarla per altre nozioni. Quelle imparate con la forza si dimenticano subito o quasi. Le parole più belle invece si tengono a mente da sole, senza fatica. A volte te le ritrovi in testa senza averle mai studiate.

A me succedeva così.

C’è un caso particolare che le ferma per sempre ed è il caso in cui colpiscono. Altrimenti andrebbero via in un attimo.

Parlo per esperienza, minore è lo sforzo, maggiore è la resa. Certe poesie sembrano scritte apposta. Sembra che D’Annunzio sia entrato nella camera di tutti, che Pascoli già sapesse, che hanno scritto perché a te arrivasse. Non le puoi dimenticare.

Come fai a dimenticarle? Dimmi chi è che dimenticherebbe pezzi di vita.

Te lo dico io: nessuno”.

– La Riforma prevede più Musica e più Sport: secondo Lei, le scuole hanno gli spazi adeguati per implementare le discipline di studio?

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“La scuola che ho frequentato io, l’Istituto d’Istruzione Superiore Via Roma 298, ha molto più che spazi a disposizione. Io sono entrata nel 2019, con un parco enorme intorno.

Oggi è tutto sfruttato al massimo.

Un auditorium immenso, palestra, aule, campi da calcio. Ovviamente altre scuole potrebbero riscontrare qualche difficoltà nel garantire a tutti un implemento delle discipline, ma volere è potere.

Soprattutto se si tratta di alleggerire le giornate scolastiche e fare di quelle ore, ore da ricordare.

Non servono a questo musica e sport?”.

– Come si combatte l’ “analfabetismo di ritorno”?

“Forse non si combatte, si attutisce.

Credo che l’analfabetismo di ritorno sia profondamente legato allo studio vissuto controvoglia, alla pesantezza che spesso traspare da esso. Quasi nessuno va volentieri a scuola. Non ci andavo neanch’io.

Far sì che apprendere non risulti difficile, in casi disperati quasi impossibile, è l’unico esordio possibile. Naturalmente la buona volontà deve esserci sia dietro che oltre la cattedra.

Chi insegna deve essere consapevole di avere in mano il futuro del Paese, chi studia di esserlo”.

– Un voto alla proposta di Riforma da zero a dieci.

“8 e mezzo, d’incoraggiamento.

Quel che intravedo nella Riforma è l’attenzione agli studenti e ai particolari. È chiaro che qualcuno ha fiducia nella gioventù italiana. Finalmente, aggiungerei.

Ovviamente questo è l’inizio, orientarla verso diverse prospettive un bel modo per cominciare.

Quel che consiglio ai nostri Ministri è di tornare indietro nel tempo, con la testa, con il cuore, di pensare come noi, come quando la nostra età era loro e loro erano costretti alla scuola.

C’è bisogno di qualcuno disposto a mettersi di nuovo dietro un banco, disposto a fare il nostro bene, il bene vero. Ci vuole astuzia per cogliere e stimolare la curiosità di una generazione che si emoziona sempre meno.

Se lo studio viaggia da solo, non arriverà lontano. Andare a scuola è un piacere che si comprende solo quando la scuola finisce.

L’avessimo vissuta meglio, l’avessimo capito prima, avremmo fatto oro dei migliori anni della nostra vita”.

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