«Vado a lavorare per 30 euro al giorno e devo stare con il pensiero che a casa succeda qualche tragedia». Una appello alle istituzioni è quello che lancia Claudio Cherubini, un uomo rimasto di recente vedovo, che abita alle case Ater di via delle Mimose a Tor Lupara. Vive con la figlia, ragazza madre, la nipotina e un figlio di 29 anni che ha un ritardo mentale a causa delle convulsioni celebrali avute quando aveva 4 anni. E’ stato assistito per un periodo, ma adesso è abbandonato a sé stesso a casa. Solitamente è tranquillo, ma capita dei momenti come lunedì 11 marzo che si sfoga con chi gli sta vicino, mettendone a rischio l’incolumità fisica.
«Ero andato a lavoro a Coltodino in provincia di Rieti – spiega – quando mi chiama mia figlia per dirmi che era stata aggredita dal fratello. Ho provato a chiamare i carabinieri che mi hanno sballottato da una stazione all’altra, senza nessuno che mi desse retta. Poi ho risposto male a un piantone e mi hanno isolato il telefono per 40 minuti. Quando sono arrivato a casa la situazione si era calmata, ma intanto mia figlia era piena di lividi. Mio figlio aveva sfondato una finestra e fatto vari danni. E non era nemmeno la prima volta».
Il ventinovenne passa le giornate davanti al computer fumando e in questo modo accumula notevole tensione, perché non trova sfoghi. Inoltre ha perso la madre meno di un anno fa. Il giovane è stato assistito fino al 2008 da una cooperativa di Monterotondo.
«In questo periodo io lavoro un giorno sì e uno no, ma non chiedo aiuti economici a nessuno – spiega ancora Claudio Cherubini – ma le istituzioni devono fare qualcosa per aiutarmi a risolvere questo problema e non farmi vivere tutto il giorno con l’angoscia. Sono andato al comune di Fonte Nuova e mi volevano spiegare come prendere un pacco viveri. Ma a casa mia da mangiare lo porto io con il lavoro. Loro cosa fanno per curare mio figlio? Quando era seguito dal Cim di Monterotondo le cose andavano un po’ meglio, perché aveva un impegno e la testa gli frullava di meno. Faceva piccoli lavori da giardiniere, ma un giorno ha avuto un attacco epilettico al parco ex Onmi, ma poi si è ripreso. Quando è arrivata l’ambulanza non serviva più e lo hanno accusato di averlo fatto apposta per non lavorare. Così non c’è voluto più andare. A cosa servono i servizi sociali dei comuni, a pagare gli affitti ai romeni? Cosa stanno aspettando che faccia del male a mia nipote o che ammazzi mia figlia? Spero che si accorgano al più presto di questa situazione e intervengano, se serve anche facendo un trattamento sanitario obbligatorio, ma devono aiutarmi a curare mio figlio».
Fonte Nuova – “Mio figlio disabile e violento, ho paura che possa fare del male”
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