Alessandra: “l’Italia deve fare di più”

alessandra-colliAlessandra Celli, classe 1989 di origini romane, vive a Monterotondo dove si è diplomata al Liceo scientifico Giuseppe Peano. Già laureata in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana presso il Campus Bio-Medico di Roma, attualmente si sta specializzando nel settore con una tesi sperimentale sul diabete riscontrato in persone sieropositive, con dati raccolti nel suo recente viaggio in Uganda. Alessandra è una ragazza solare e sensibile, dotata di un forte senso pratico, requisito indispensabile nel mondo della medicina. Estimatrice del benessere e del “viver sano”, si reca regolarmente in palestra e, nel tempo che le rimane, le piace andare al cinema. 

 

Dal 2009 l’Italia registra un calo del 20% della spesa pubblica investita nella ricerca, un dato allarmante  che si ripercuote sull’inevitabile “fuga dei cervelli all’estero” e conseguente spreco di preziose  risorse intellettuali.  Sul suo futuro di ricercatrice   sta riflettendo anche Alessandra, 24enne di Monterotondo, laureata in scienze dell’alimentazione e  nutrizione umana, attualmente impegnata nel percorso di specializzazione. Solare e piena Alessandra perché hai scelto di specializzarti nel campo dell’alimentazione?
Il mio sogno è sempre stato quello di occuparmi delle problematiche che riguardano la malnutrizione nel mondo. Oggi, dopo le esperienze che ho affrontato prima in Kenya e poi in Uganda, mi rendo conto che la realtà è più complicata di quanto pensassi… L’impatto con la gravità dei casi con cui sono venuta a contatto è stato molto forte e ho capito che tutto questo richiede una competenza ed un’esperienza che, onestamente, devo ancora maturare. Continuo sicuramente su questa strada, ma ho preso in considerazione anche altre possibilità.
Quali?  
Mi riferisco alla prospettiva di diventare una figura medica specializzata nel campo delle patologie e disturbi dell’alimentazione legati a problematiche psicologiche. Purtroppo oggi la figura del nutrizionista non è ancora del tutto riconosciuta in Italia, si preferisce affidare al medico di turno anche l’onere di dare consigli su quale sia la corretta dieta da seguire, e questo a volte crea più danni che altro.
Perché secondo te nella società odierna i casi di disturbi alimentari   sono aumentati in maniera così esponenziale?
Il dato più scioccante è che questi disturbi stanno emergendo anche in tutte quelle popolazioni più “occidentalizzate” e la causa principale è l’ideale di bellezza e di magrezza a cui tante ragazze aspirano. Questo è un fattore importante, ma non è certamente l’unico… E’ il ruolo della donna ad essere cambiato, vengono richieste capacità e competenze che appartengono soprattutto al genere maschile, creando molta confusione e frustrazione anche nelle ragazze più giovani. In questo contesto i disturbi alimentari tendono ad essere più frequenti e anche più evidenti.
L’Italia attraversa un momento di forte crisi economica e puntare sulla ricerca sembra non essere una priorità.
Purtroppo la realtà italiana sotto questo punto di vista è molto deludente per i giovani volenterosi e capaci, quindi non mi stupisce il fatto che molti decidano di andarsense. Molto spesso sono le stesse università che scoraggiano i ragazzi ad entrare in questo mondo, prospettando un futuro senza lavoro o comunque senza uno stipendio, il che non aiuta a risollevare il settore. La ricerca in Italia dovrebbe essere uno dei settori su cui un Paese decide di investire di più, invece purtroppo è sempre all’ultimo posto.
Ottobre è il mese della prevenzione, come affronta una giovane donna e futuro medico un argomento così importante?  
Proprio perché sono giovane, credo che una corretta alimentazione e una regolare attività sportiva siano alla base di una vita salutare e soprattutto possano prevenire, appunto, la comparsa di malattie croniche. Io, per esempio, pratico molto sport e assumo la giusta quantità di liquidi secondo il mio fabbisogno, inoltre evito il più possibile l’assunzione di carne perché, al contrario di quanto si pensi, non fa poi così bene!
Hai lavorato negli ospedali  africani, si può parlare di prevenzione nei paesi in via di sviluppo?
Purtroppo, secondo la mia personale esperienza, devo dire di no.  Sono rimasta particolarmente colpita dal fatto che gli stessi medici del posto non comprendevano il motivo per il quale davamo priorità e importanza alla prevenzione. Il problema è che sono talmente impegnati ad occuparsi di malattie gravi come la malaria o l’HIV, che necessariamente il resto passa in secondo piano.
Hai visto con i tuoi occhi gli effetti più crudeli della malnutrizione, in occidente invece il problema è quello dell’obesità. Cosa secondo te non funziona della cultura alimentare dei paesi più sviluppati?
I fattori alla base del sovrappeso e dell’obesità sono tantissimi, ed è difficile spiegarli in poche righe. Sicuramente importante è il fatto che spesso il cibo “non sano” è molto più economico di quello sano, più facile e veloce da preparare oltre che più gustoso. Per seguire un regime alimentare corretto ed equilibrato serve pazienza, tempo e volontà, e questo si scontra con i ritmi molto serrati della maggior parte delle persone che spesso arrivano a fine giornata e non hanno voglia di dedicare tempo alla cucina di piatti più elaborati ma più salutari.
Cosa hanno lasciato dentro di te questi viaggi?
L’impatto è stato molto forte, perché vivere quella realtà è assolutamente diverso da quando la si osserva in televisione. Il degrado delle strutture, la scarsa igiene, prendere le misure di un bambino malnutrito e che non può abituarsi a te perché già sa, e lo puoi leggere nei suoi occhi, che te ne andrai… Ho provato in alcuni momenti un senso di grande impotenza, perché inevitabilmente si sviluppa una sorta di distacco dovuto alla consapevolezza che dopo un determinato periodo di tempo si farà ritorno a casa. Allora ci si chiede, “ho fatto abbastanza”? Però non mi scoraggio e continuo fiduciosa per la mia strada.

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di Rara Piol

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