Paolo, stagista in Germania: “Voglio diventare cittadino europeo, ma al servizio del mio Paese”

1961490 10202499318715461 38065714 ninterviewlogo copiadato viaggiPaolo Petroni, classe ’87, è cresciuto a Fonte Nuova e, dopo il diploma al Liceo Scientifico Giuseppe Peano di Monterotondo, ha conseguito la Laurea specialistica in Ingegneria Meccanica, scelta che ha fatto senza alcuna influenza esterna, affascinato piuttosto dalla “concretezza e applicabilità degli argomenti trattati” – spiega. Oggi Paolo è uno stagista nel suo settore e vive a Berlino grazie ad una borsa di collaborazione europea, conosciuta col nome di Progetto Leonardo da Vinci. Intraprendente e curioso, spera un giorno di poter tornare in Italia e mettere a disposizione del suo paese tutte le esperienze che sta maturando all’estero.

 

 

Ingegnere stagista a Berlino. Quanti tentativi hai fatto in Italia?

Ho perso il conto dei CV inviati con criterio, vale a dire per posizioni aperte ben precise, che rispecchiavano le mie competenze. Credo di aver superato i mille. Per quanto riguarda veri e propri colloqui, cinque o sei dal vivo, qualcuno in meno via telefono o internet.

 

La vita da laureati è, soprattutto oggi, tortuosa e in salita. Perché?

Il numero dei laureati negli ultimi anni è decisamente aumentato rispetto alle effettive esigenze di mercato, portando ad una quasi naturale saturazione del sistema lavoro. Considerato poi che la maggior parte delle istituzioni fatica a svecchiarsi, i giovani sono costretti ad interminabili gavette, scartati perché non hanno esperienza o, peggio, perché sono troppo specializzati. Oltretutto, l’età per poter andare in pensione continua a crescere.

 

Quali sono secondo te le facoltà più penalizzate?

Difficile a dirsi, considerato che quando ho intrapreso il mio percorso di studi ero convinto che, da ingegnere, avrei avute molte più chance di un mio collega iscritto ad una facoltà umanistica. Più che al percorso di studi oggi si deve fare affidamento all’iniziativa e alla creatività personale per avere la possibilità di trovare un impiego.

 

Se fossi a capo del governo, cosa faresti per migliorare il sistema università e lavoro dei giovani?

Per quanto riguarda il mio campo, si pensi che in quasi ogni paese dell´Unione è previsto un semestre obbligatorio di stage in aziende del settore. Questo avvicina molto i neolaureati al mondo del lavoro. Da noi la cosa é facoltativa, nonché burocraticamente complessa, col risultato che, forse, uno studente su cento riesce nell´impresa. Il disorientamento che ognuno di noi ha sperimentato dopo la laurea diventa ovvio, alla luce di ciò. Inoltre renderei obbligatorio l’Erasmus, l’esperienza di studio all´estero, che ho fatto anche io e che ritengo fondamentale per la mia crescita personale. Infine, favorirei i datori di lavoro affinché assumano i neolaureati tramite dei contratti veri, non degli strumenti contrattuali che di fatto legalizzano lo sfruttamento del tirocinante, spesso addetto a mansioni sterili e che non lo faranno mai maturare da un punto di vista lavorativo.

 

Tornando alla tua esperienza, com’è lavorare in Germania?

Mi sento sicuramente motivato e gratificato, e non faccio nulla che possa rendermi spiacevole agli occhi dei colleghi o del mio capo. L´onestà è ripagata con la stessa moneta. Gli orari sono quelli standard, non ci sono differenze col nostro paese. Sono qui grazie ad un contributo dell´Unione, dunque non ricevo un vero stipendio. In media, comunque, qui si guadagna qualcosa in più dell´Italia, almeno nel mio settore.

 

Quali sono le differenze con il sistema lavorativo italiano?

Probabilmente i lavoratori. Qui non si sentono storie degli sprechi enormi della Pubblica Amministrazione, degli stipendi d´oro di alcuni dipendenti statali o cose simili. Quando parlo di onestà nel lavoro, mi riferisco anche a questo, a un´efficienza maggiore. Nessuno ha mai controllato a che ora arrivassi al lavoro o tornassi a casa, nessuno controlla ciò che effettivamente svolgo giornalmente perché, con molta semplicità, nessuno si aspetta che faccia qualcosa di diverso dal mio onesto lavoro. Non è nella mentalità di questo paese.

 

Ti è pesato lasciare l’Italia?

Lasciare l´Italia pesa, soprattutto in questo stato di buio ed inerzia culturale, che è la causa di tutto secondo me. Una televisione che banalizza ogni tipo di realtá e cancella ogni valore, che santifica il contenitore delle persone e ne mortifica il contenuto, per esempio. Non ho intenzione di restare per sempre all´estero. Anzi, in futuro sarei felice di mettere a disposizione del mio paese tutte le esperienze che sto maturando altrove. Vorrei davvero che fossimo in tanti a pensarla in questo modo.

 

Ad oggi sei soddisfatto della tua scelta?

Sì, mi ha aperto infinite porte e dato molte soddisfazioni, nonostante le difficoltà, sono soddisfatto del bagaglio culturale che ho acquisito. Se tornassi indietro ripercorrerei più o meno gli stessi passi. L´università non mi ha deluso, anzi. Probabilmente dedicherei più tempo allo studio delle lingue straniere e viaggerei di più in posti meno turistici.

 

Il tuo consiglio ai giovani che stanno terminando le scuole superiori e pensano all’università?

Suggerisco di ponderare molto bene la scelta, soprattutto in una fase della vita in cui non ci si rende effettivamente conto di ciò che ci aspetta. Oggi la concorrenza è tanta, perciò meglio non farsi abbagliare da nomi di facoltà che sembrano degli slogan e che non permettono un reale approfondimento delle materie, dove il percorso di studi è inzeppato di piccoli corsi poco formativi. E soprattutto, un CV che non indichi la conoscenza delle lingue vale davvero poco.

 

Pensando al futuro, quali sono i tuoi progetti di vita?

Diventare un vero cittadino europeo, prima che italiano, ma al servizio del mio paese. Parlare fluentemente almeno due lingue oltre all´inglese. E avere l’occasione di condividere con la mia ragazza una vita mai noiosa, ricca di stimoli per entrambi.

 

di Rara Piol

 

 

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