GUIDONIA – Cave, proroga negata alla “Caucci”: il Tar boccia il Comune

Si era vista negare la proroga a cavare da parte del Comune con una serie di motivazioni senza né capo e né coda.
Così la “C. M. Caucci Mario Industria Travertino Spa” davanti al Tar del Lazio l’ha spuntata contro l’amministrazione 5 Stelle riuscendo ad ottenere l’annullamento del diniego.
Lo stabilisce la sentenza 7687 pubblicata lunedì 6 luglio. I giudici amministrativi hanno bocciato l’atto del 25 giugno 2019 col quale l’allora dirigente Rocco Olivadese e il funzionario responsabile delle cave Donatella Petricca avevano confermato nuovamente il rigetto della richiesta di seconda proroga all’autorizzazione alla prosecuzione dell’attività estrattiva nella cava di via delle Barozze, a Villalba.
La “C. M.”, dal 2005 titolare di un’autorizzazione scaduta con divieto di prosecuzione dell’attività estrattiva, si era vista negare il permesso per 5 ragioni, tutte smontate dal Tar.
Secondo il Comune, il piano di coltivazione e recupero presentato il 26 febbraio 2019 non era conforme a quanto autorizzato in precedenza perché non attuabile: la “Caucci Mario” aveva infatti venduto parte delle aree alla “Energas Spa” e nel progetto di ritombamento intendeva utilizzare i materiali eterogenei coi quali si era riempita la cava dismessa eceduta.
Nell’interpretazione di Olivadese e Petricca, l’autorizzazione regionale del 21 maggio 2018, all’apertura del nuovo sito estrattivo, era decaduta il 31 maggio 2019 senza avere attuato il progetto e in particolare l’azienda non aveva sottoscritto col Comune la convenzione per l’inizio dei lavori, ma soprattutto aveva proposto il ritombamento coi materiali della cava limitrofa.
Il Comune contestava anche un errore di bilancio delle terre, sia per l’estensione dell’area da recuperare, sia per i volumi dichiarati da reperire, essendo tutto sottostimato. Inoltre secondo i funzionari dell’Ente, non c’era prova che il terreno proposto per il ripristino dell’area fosse compatibile e non contaminato.
Infine Olivadese e Petricca consideravano la quantità di materiale calcolata per il reinterro troppo bassa, così come il prezzo unitario al metro cubo.
Il Tar ha riconosciuto come indubbio che i terreni ceduti da Caucci a Energas non rientrino nel piano di coltivazione per cui, dunque l’area corretta dell’autorizzazione è di 11.010 metri quadrati e non di 11.610 come ipotizzato da Olivadese e Petricca.
Considerati corretti sia la cubatura indicata di 174.932 metri cubi da riempire, sia il prezzo indicato di 2,79 euro al metro cubo considerato che Caucci dispone sia dei materiali che dei mezzi di trasporto.
I giudici hanno inoltre sentenziato che in assenza della convenzione l’autorizzazione consentiva l’utilizzo dei materiali della cava confinante per il recupero ambientale, quindi il progetto era attuabile.
Durante il processo il Comune ha replicato evidenziando che il progetto di recupero di Caucci è senza copertura assicurativa, ma il Tar non lo ha considerato in quanto esula dai motivi del diniego impugnato.
(ma. sa.)

IL LEGALE DELLA “C.M. CAUCCI MARIO”

L’avvocato Emanuele Giarè di Tivoli è il legale della azienda di proprietà dell’imprenditore Angelo Di Marco e amministrata dal nipote Fabio Di Marco.
“Il contenzioso – spiega il legale – è nato nell’autunno del 2018 quando, a distanza di ben 5 anni dalla relativa richiesta, il Comune di Guidonia negava alla C.M. la seconda proroga dell’Autorizzazione Estrattiva n. 32 SUB AC.
Ciò con grande sorpresa in quanto sin dalla data di subentro, nel 2005, della C.M. al precedente proprietario Fratelli Conversi nulla era stato mai contestato nonostante l’invio periodico da parte della Ditta della documentazione tecnica comprovante l’avanzamento dei lavori in conformità alla normativa ed al progetto originario.
Il provvedimento, a firma dell’architetto Piseddu e dell’ingegner Petricca argomentava il diniego con una pretesa “mancata conformità del Progetto di Ripristino”.
Il diniego veniva prontamente impugnato, insieme agli atti ad esso connessi, sotto profili formali (per le sue carenze motivazionali) e sostanziali. Sotto quest’ultimo aspetto emergeva subito chiara al sottoscritto legale la pretestuosità delle argomentazioni dell’amministrazione locale essenzialmente basate su teoremi insostenibili, sintomatici di una insufficiente aderenza a dinamiche e questioni tecniche dell’attività estrattiva, tanto che il diniego appariva più il frutto di una visione pregiudizievole.
Già nella fase cautelare infatti il TAR del Lazio, sulle esposte ragioni della ricorrente, decideva di sospendere il provvedimento comunale invitando nel contempo la C.M. a formalizzare nelle more un nuovo Progetto di Ripristino che avrebbe dovuto fare da riferimento da allora e per il futuro”.
“Con un processo ormai ben indirizzato su una piega favorevole alla ricorrente – proseguel ‘avvocato Giarè – il Comune decideva di bocciare anche il nuovo progetto competentemente redatto dall’Ingegnere Minerario Nicola Martino.
Il nuovo diniego, a firma dell’architetto Olivadese e dell’ingegner Petricca veniva naturalmente anch’esso impugnato quale espressione di eccesso di potere.
Il secondo diniego era, se possibile, più capzioso del primo in quanto andava a cavillare su presunte differenze metriche dal progetto originario non solo del tutto irrilevanti (600 mq. su un’area che ne misurava oltre 11.000 mq.), ma soprattutto sballate in quanto dalla documentazione in atti (fra l’altro già da anni comunicata e depositata negli uffici catastali, quindi di fatto già a conoscenza del Comune) appariva incontrovertibile che quella limitata area (le particelle 228 e 230, di complessivi 600 mq) facesse parte di altro complesso immobiliare (area cosidetta “Ex Energas”) che tra l’altro era anche oggetto di autonomo progetto autorizzatorio appena approvato dalla Regione Lazio e ormai in dirittura d’arrivo.
Con un unico infondato provvedimento quindi si rischiava non solo di paralizzare l’esercizio della “vecchia” cava, ormai non lontana dall’esaurimento, ma anche di pregiudicare l’iter autorizzativo della nuova cava “ex Energas”, ormai ai dettagli, mancando esclusivamente la stipula della convenzione.
Pericolo fortunatamente scongiurato grazie alla sentenza del Tar pubblicata il 6 luglio scorso, che ha accolto, punto per punto, tutte le ragioni dal sottoscritto sostenute per conto e nell’interesse della C.M. da me assistita e conseguentemente delle maestranze tutte, la qual cosa non è di poco conto anche in considerazione della grave crisi che tutto il settore estrattivo sta attraversando.
Insomma, finalmente, da oggi la C.M. può tornare ad operare sulla cava dopo quasi due anni di stop forzato, situazione, questa, che ha cagionato anche ingenti danni”.
“Nel corso della dialettica processuale – conclude l’avvocato Giarè – l’avvocatura comunale ha invano tentato un “colpo di coda” facendo leva su una presunta mancanza di copertura fideiussoria per il ritombamento dell’area. Ora, a parte l’irrilevanza della questioni ai fini del contenzioso, che il TAR ha prontamente rilevato, la lamentela era infondata in quanto la copertura assicurativa dell’area in questione era ed è tuttora in vigore.
Per altri versi la mia assistita è stata anch’essa vittima inconsapevole della vicenda delle fideiussioni “tarocche” risalenti all’autunno scorso con premi pagati – per fortuna solo parzialmente.
A dicembre 2019 infatti la C.M. riceveva comunicazione da parte della Elba Assicurazioni con la quale informava la Società che a seguito di indagine svolta su segnalazione del Comune di Guidonia, fosse stata riscontrata una contraffazione di due polizze che le erano state sottoposte per verifica. Per questi fatti è stata quindi predisposta dalla C.M una denuncia, doverosa, in quanto nella vicenda appena dedotta la C.M, mia cliente, è senza ombra di dubbio da considerarsi parte lesa”.

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