La scelta di Federico e Kristina: “niente scuola, educhiamo le nostre figlie a casa”

L'Homeschooling è un fenomeno in crescita in Europa e in Italia dove già oltre 10.000 famiglie educano in autonomia i propri figli. Federico e Kristina ci spiegano i motivi e i risulati della loro scelta

di Elena Giovannini

Educati ma senza stare cinque ore seduti al banco.  Sono i figli dell’Home Schooling o Istruzione Parentale, che non frequentano gli istituti scolastici (pubblici o privati) e vengono educati a casa direttamente dai genitori o con l’aiuto di professori e tutor. Un’opzione  riconosciuta dalla legge italiana che difende il diritto del genitore a provvedere autonomamente all’istruzione del proprio figlio, purchè ne venga accertata la possibilità tecnica ed economica. In Italia i numeri dell’Home Schooling sono ancora ridotti, circa 10.000 famiglia a confronto con altri paesi: in Canada la praticano circa 60 mila famiglie, 70 mila in Inghilterra e 2 milioni negli Stati Uniti.

Con il Covid però le cose potrebbero cambiare: sempre più genitori sono infatti preoccupati dal rischio contagio nelle scuole e anche del cambiamento dell’ambiente scolastico tra regole rigide, distanze, mascherine. Così c’è chi sceglie una strada diversa. Come Federico Casini e Kristina Kostova, coppia di Tivoli le cui due figlie, Elisabetta (9 anni) e Alice, (15) iscritta al secondo anno di liceo Classico, non rientreranno in classe. Una scelta di cui ci hanno spiegato le ragioni.

Federico e Kristina, non è la prima volta che praticate Home Schooling. Come era andata quell’esperienza?

Alice, la più grande, non ha frequentato la quarta e quinta elementare, ha studiato da sola a casa tutto il programma. Era stata un’esperienza molto positiva: non andando a scuola, ha avuto le mattine libere, tempo per scoprire le sue passioni, la musica (suona il pianoforte e il flauto traverso), i lavori manuali (il telaio, il giardino, le erbe), per leggere. Si è appassionata alla mitologia classica greca e latina, tanto che adesso ha scelto il liceo classico alle superiori.  In quell’anno ha viaggiato molto insieme a noi, visitando musei, facendo esperienza e amicizia con bambini di culture diverse.  Credo che siano stati due anni molto formativi per lei e non ha avuto nessuna difficoltà a tornare in classe alle medie, anzi è uscita con ottimi voti.

Quali motivi vi avevano spinto a questa scelta?

Per noi è una scelta di libertà. I bambini sono persone, hanno interessi, inclinazioni, passioni: mentre la scuola propone un solo programma per tutti, a casa l’educazione è plasmata sul bambino e sullo sviluppo della sua persona. Se c’è questa possibilità la trovo migliore.

Quest’anno avete scelto di ripeterla, c’entra anche il Covid?

Pensiamo che l’educazione a casa può aiutarli a sviluppare un proprio metodo di studio autonomo e a conoscere meglio se stessi, sviluppando tanti aspetti che altrimenti non ci sarebbe tempo di approfondire (musica, sport). Il Covid ha peggiorato la situazione in classe con regole rigide, distanze, mascherine, niente ricreazione né giochi. L’anno scorso Alice ha seguito il primo anno con le lezioni a distanza e ha concluso che avrebbe studiato in meno tempo e con più facilità da sola, così quest’anno abbiamo preferito così.

Secondo voi cosa manca alla scuola?

Federico: Secondo me la scuola è rimasta la stessa di 200 anni fa, i programmi scolastici e spesso anche i metodi sono quasi gli stessi di quando studiavo io, mentre il mondo fuori è cambiato. Il rischio è che si sentano “obbligati” e poco coinvolti, finendo per studiare a memoria per l’interrogazione, mentre una cosa studiata perché ci appassiona rimane per tutta la vita. Infine soprattutto nella primaria mi dispiace la quasi totale assenza di musica e sport, due elementi fondamentali per i bambini di quell’età: a sei anni è più stimolante giocare all’aperto che stare seduti a imparare a memoria poesie. Tutto questo non vuole essere una critica agli insegnanti, ma la mia personale visione di genitore.

Non avete paura che le bambine corrano il rischio di sentirsi sole o che le manchi qualcosa”?

La scuola non è l’unico momento di socialità per un bambino, ci sono tante altre occasioni, dallo sport al parco, ai familiari e vicini di casa e stando anche con bambini di età diverse imparano moltissimo. Penso che non le manchi nulla: la scuola è importante ma non è l’unico luogo in cui si apprende. Si impara sempre, in ogni momento, vivendo, viaggiando facendo esperienze. Una persona si forma a 360 gradi con la somma di esperienze che vive.

Le vostre figlie sono molto studiose e responsabili. Ma è possibile praticare Home Schooling anche con bambini meno motivati o interessati allo studio?

Non esistono bambini “non interessati” i bambini sono sempre curiosi, sono pieni di interessi, il mondo li appassiona. Certo può non sembrar loro interessante stare seduti in un banco tutto il giorno, preferiscono esplorare la natura, imparare i nomi delle piante e degli animali ad esempio. L’importante è guardare i propri figli, ascoltarli, prendersi il tempo per capire chi sono e cosa vogliono.

Dall’esperienza con Alice 6 anni fa è nata anche una pagina Facebook “Home Schooling Roma”. Come funziona questo progetto?

Abbiamo avviato questa pagina per creare un network di genitori che hanno scelto questa opzione. Qui ci si può confrontare, chiedere consigli e magari conoscersi per organizzare lezioni private di gruppo ad esempio. Abbiamo già oltre 916 fan e un gruppo whattsapp di 100 famiglie.

Quali difficoltà più comuni per chi si avvicina a questo mondo?

Personalmente non abbiamo avuto mai grandi difficoltà. L’ostacolo più grande è per i genitori che devono essere pronti a prendersi un impegno importante. Per noi non era un problema perché avevamo già fatto scelte di vita ad hoc.

Che consiglio date a un genitore che vuole avvicinarsi a questo mondo?

Per prima cosa bisogna capire se può essere una scelta giusta e condivisa sia dai genitori che dal bambino, perché non va imposta. Poi una volta assodato che è la scelta giusta per tutti non aver paura, mettersi in gioco e andare avanti.

 

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