Gli avrebbe teso una trappola, invitandolo a casa con la promessa di una “buonauscita” purché lasciasse in pace la figlia.
Fu un delitto pianificato quello di Massimiliano Moneta, il 57enne di Marco Simone Vecchio, quartiere di Guidonia Montecelio, ucciso l’11 aprile 2023 a Vada, una frazione di Rosignano Marittimo, in provincia di Livorno (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).
Lo ha stabilito la Corte d’Assise di Livorno che ha condannato in primo grado all’ergastolo per omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione Antonino Fedele, l’ex suocero di 82 anni, pregiudicato di origini calabresi già noto per estorsione ed usura, conosciuto come “Faccia d’Angelo”.
Il Collegio presieduto da Luciano Costantini ha accolto la richiesta del pubblico ministero Pietro Peruzzi, condannando l’imputato al pagamento una serie di provvisionali ai parenti della vittima costituitisi parti civili tramite le avvocate Barbara De Gregorio e Melania Abrams.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra ottanta giorni.
I difensori di Antonino Fedele, gli avvocati Roberta Giannini e Riccardo Melani, hanno annunciato la volontà di ricorrere in appello.
L’omicidio fu consumato nella tarda mattinata presso il podere di Fedele nella frazione di Vada, dove l’anziano si era ritirato da anni.
Nel pomeriggio Massimiliano Moneta sarebbe dovuto comparire al Tribunale di Livorno per l’udienza relativa all’affidamento dei tre figli minori nati dal matrimonio con la oramai ex moglie, figlia di Antonino Fedele, che da 4 anni si era trasferita in Toscana dal padre lasciando l’abitazione di Marco Simone.
L’udienza avrebbe dovuto sancire la fine di un matrimonio funestato da denunce per maltrattamenti in famiglia e processi.
Fino al 28 febbraio 2023 Massimiliano Moneta era infatti sottoposto al divieto di avvicinamento alla moglie Alessandra Fedele,. Dal 2019 al Tribunale di Tivoli era in corso la tormentata causa di separazione, mentre al Tribunale di Livorno si teneva il processo a carico di Moneta per sottrazione di minore.
Per questo Moneta era arrivato insieme al suo avvocato che lo attendeva in auto mentre incontrava l’ex suocero.
I due avrebbero iniziato a parlare allontandosi in direzione dell’agrumeto. In sede di interrogatorio, Fedele si è detto esasperato tal punto da aver offerto a Moneta una “buonuscita” di 200 mila euro, il valore della villa che Fedele ha costruito in Francia durante la sua latitanza.
“Alla mia proposta – ha raccontato in sintesi il killer ai magistrati – mi ha riso in faccia. Non ci ho visto più e gli ho sparato ad una gamba, poi mentre inserivo la sicura è partito inavvertitamente il secondo colpo al torace”.
A quel punto, secondo il racconto del killer, Antonino Fedele ha nascosto il cellulare sotto una tegola nel suo appezzamento e ha corso a perdifiato per circa 9 chilometri, raggiungendo un’altra località di campagna dove si sarebbe nascosto per sei giorni, nutrendosi di ortaggi e scatolette di tonno trovate in una casa disabitata.
L’imputato ha sempre sostenuto di aver voluto sparare il primo colpo alle gambe e di averlo colpito per sbaglio all’addome, mentre il secondo caso sarebbe «partito» accidentalmente.
Secondo i legali di Fedele infatti, l’omicidio non fu premeditato per due motivi. Innanzitutto perché l’anziano sapeva della presenza di un testimone, l’avvocato di Moneta che lo attendeva in auto.
In secondo luogo, perché se avesse pianificato il delitto del genero sarebbe fuggito portando i farmaci con sé.