La sapevate la storia del Fantasma protettore del Castello di Sambuci

L’edificio, costruito tra il XIII e il XIV secolo, è appartenuto a varie famiglie nel corso dei secoli, Orsini, Piccolomini, Astalli e, appunto, Theodoli. Realizzato a pianta rettangolare, il castello è dotato di quattro torri di avvistamento poste ai margini della facciata mentre, all’interno, presenta stanze affrescate con pitture di notevole pregio. Tra queste, spicca la Sala Gerusalemme Liberata, interamente dipinta con storie tratte dal celebre poema scritto da Torquato Tasso. All’esterno, il Castello è dotato di uno splendido giardino all’italiana, fatto realizzare da Giacomo Theodoli e conosciuto come La Villa, che si estende per una superficie di 54mila metri quadrati con aiuole geometriche, fontane e statue.

La leggenda narra che tra affreschi, giardini e torri, si insinui, da secoli, il fantasma di una donna, ribattezzata dagli abitanti del luogo, Signoraccia o Pantasema del Fontanone. Costei, stando alla vulgata popolare, è la guardiana di un tesoro custodito nel Castello, la cui esistenza è essa stessa leggendaria in quanto non è mai stato trovato. A riguardo, si racconta anche che Maria Theodoli, una delle ultime proprietarie del maniero, invocasse i cipressi svettanti nel giardino affinché gli rivelassero il luogo dove era custodito il tesoro senza però mai ricevere risposta, distolti in ciò, forse, proprio dalla presenza incombente della guardiana. La storia del  fantasma è ancora oggi tramandata, con dovizia di particolari, dagli anziani del paese, alcuni dei quali conservano nitida memoria delle repentine fughe di gioventù dai giardini del castello per non imbattersi e infastidire la donna.

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La leggenda del fantasma rappresenta un ulteriore motivo per cui vale la pena di andare a visitare il Castello Theodoli di Sambuci, un luogo suggestivo e di grande bellezza, nel quale immergersi e rilassarsi tra pitture di pregio, torrioni medievali e giardini verdeggianti che valorizzano le strutture circostanti. Il Castello è ora divenuta di proprietà del Comune, artefice e promotore dei restauri, avvenuti dopo anni di abbandono e incuria che hanno permesso di aprire l’edificio al pubblico che vi accorre dall’hinterland romano e non solo.

 

 Alessandro Bianchi

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